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Cronaca

Sanità, Solinas “Carenza medici e personale è emergenza nazionale”

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CAGLIARI (ITALPRESS) – “Quella della carenza di medici e di personale del comparto sanitario pubblico (infermieri, tecnici, riabilitazione…) è un’emergenza nazionale, non solo sarda. Se è vero infatti che il blocco del turn over deciso dai precedenti governi regionali ha dilatato a dismisura le carenze degli organici negli ospedali e nei servizi territoriali dell’Isola, è vero che anche altri fattori, comuni a tutte le Regioni Italiane, hanno concorso ad accentuare il problema e hanno posto le basi per un aggravamento ulteriore della situazione”. Lo afferma il Presidente della Regione Sardegna Christian Solinas.
E’ una situazione che “non ammette più ritardi o omissioni”. I motivi che stanno alla base di molti dei problemi attuali “sono stati efficacemente illustrati, anche di recente, dal professor Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”. Dalla sua analisi emerge quanto, a partire dagli anni ’80, in cui l’Italia vantava un numero molto alto di medici di sanità pubblica, sia mancata una adeguata programmazione e sia progressivamente venuta meno la strutturazione degli atenei in funzione della crescente richiesta di ingressi, così come il necessario avvicinamento tra studenti, specializzandi e malati”. La scelta del numero chiuso nelle Facoltà di Medicina e nelle professioni sanitarie “spiega per buona parte la carenza di organico, ed è per questo – dice Solinas – che su questo aspetto occorre intervenire tempestivamente. Ma non basta, e soprattutto non basta per fronteggiare l’emergenza a breve termine, dato che la lunghezza del corso di studi determina che un giovane che oggi si iscrive in medicina potrà esercitare tra 6-9-11 anni”.
“L’allarme, sottolinea il Presidente della Regione, è solo all’inizio. In Italia le strutture pubbliche hanno perso 45mila operatori in 10 anni di cui 10mila medici tra ospedalieri e convenzionati. E poi c’è la voce pensionamenti: se ne prevedono 35.200 entro il 2027. Non ci saranno abbastanza colleghi per sostituirli. L’esito è che nel quadriennio che si chiude col 2023 si potrebbe arrivare a un deficit ulteriore di decine di migliaia di medici, il frutto dello squilibrio fra pensionamenti e i nuovi specialisti formati che si prevede scelgano di svolgere il proprio lavoro nella sanità pubblica.
La carenza potrebbe essere stimata secondo Anaao in ulteriori 24mila unità entro il 2023″. Sempre secondo un recente studio Anaao, “entro il 2025 dei circa 105.000 medici specialisti attualmente impiegati nella sanità pubblica potrebbe andare in pensione circa la metà: 52.500. Un esodo biblico inesorabile e inarrestabile”.
“Abbiamo inoltre – aggiunge – una popolazione di professionisti particolarmente invecchiata a causa del blocco continuato del turnover. Secondo i dati diffusi da Eurostat, l’Italia ha i medici più vecchi d’Europa con il 54% del totale che ha una età superiore a 55 anni. Un precedente report Anaao aveva evidenziato come la popolazione dei medici dipendenti del SSN con età maggiore a 50 anni fosse addirittura il 68% del totale”.
Per Solinas i dati “sono impietosi, e mostrano che il numero programmato dei nuovi specializzati non è strutturalmente in grado di rimpiazzare i pensionamenti. E’ evidente che tutti i sistemi sanitari regionali pagano oggi un evidente errore di programmazione formativa cristallizzata nel numero chiuso in Medicina”. L’emergenza non riguarda solo le strutture pubbliche, ma anche la medicina di base. “Almeno 1,5 milioni di italiani – prosegue – sono senza il proprio medico di fiducia, e questo è un problema presente anche in Sardegna, come più volte segnalato sia dai cittadini che dagli amministratori locali, che cercano nella Regione una risposta che non è nella sua competenza”. Negli ultimi due anni, infatti, la Sardegna “ha messo a bando e formato graduatorie per i medici di medicina generale su tutte le sedi vacanti, recuperando il ritardo accumulato nei cinque anni precedenti. Ma anche in questo caso, se a mancare sono i medici la Regione non ha grandi possibilità”. Con l’ultima legge approvata, prosegue il Governatore, “ho voluto prevedere una misura incentivante per i medici di base e i pediatri di libera scelta che optino per una sede disagiata, così da cercare di garantire tutti i cittadini che si trovino nelle zone interne e nei piccoli centri”. Il nodo centrale in definitiva resta comunque “la necessità di aumentare il numero dei medici formati coi quali garantire i reparti ospedalieri e la medicina territoriale. E’ urgente quindi mettere le basi perchè il sistema universitario ne possa formare e specializzare di più”. “Non è più tempo – prosegue – di giustificazioni o rinvii. Lo Stato deve mettere in campo tutte gli strumenti necessari perchè le nostre Università possano garantire percorsi formativi adeguati a soddisfare l’intero fabbisogno nazionale di professionalità, con una programmazione seria ed efficace”. Occorre “una grande mobilitazione politica, una presa di coscienza da parte del governo nazionale che non può semplicemente scaricare sui sistemi sanitari regionali questa emergenza che rischia di divenire una carenza strutturale devastante”. Nonostante “la Sardegna abbia diligentemente operato per fronteggiare il problema, destinando cospicue risorse proprie per coprire gli organici con bandi per migliaia di posti, le risposte sono state fino ad ora piuttosto deboli ed hanno confermiato un fenomeno di cronicizzazione della mancanza di laureati in medicina e specializzati. La moratoria almeno quinquennale sul numero chiuso per l’accesso alle facoltà, così come un meccanismo che riservi al sistema sanitario che li ha specializzati almeno una quota fissa di neo-specialisti da immettere nelle strutture sanitarie pubbliche, da me più volte richiesti, prosegue il Presidente Solinas, rappresentano strumenti oramai indispensabili anche se, evidentemente, non di effetto immediato. Occorrono interventi straordinari per fronteggiare l’emergenza nell’immediato, che solo lo Stato può disporre e autorizzare per garantire ai tutti i cittadini un sistema sanitario equo ed efficiente, dal quale si misura il grado di civiltà e di progresso di un Paese”.
(ITALPRESS).

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La Voce Pavese – Semafori in tilt, traffico paralizzato a Pavia

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Giornata complicata ieri per la viabilità cittadina a Pavia, dove alcuni impianti semaforici sono rimasti fuori uso per ore causando pesanti disagi al traffico. Il problema si è verificato fin dalle prime ore del mattino, con semafori lampeggianti lungo il trafficatissimo viale Bligny.

Automobilisti costretti a procedere a passo d’uomo, incroci trasformati in punti critici e rallentamenti a catena che hanno avuto ripercussioni su tutta la rete urbana. Secondo quanto emerso, i semafori sono rimasti guasti per circa sette ore, fino all’intervento dei tecnici che hanno ripristinato il funzionamento nel primo pomeriggio, attorno alle ore 15.

Molti cittadini hanno segnalato l’assenza della polizia locale per la gestione del traffico nelle fasi più caotiche. Dal Comune è arrivata la spiegazione che gli agenti erano impegnati nelle scuole per altri interventi. Una situazione che ha comunque acceso il dibattito sulla necessità di interventi più rapidi in caso di guasti prolungati.

Solo dopo le riparazioni la circolazione è tornata gradualmente alla normalità, ma resta il bilancio di una mattinata di forti disagi per pendolari, residenti e attività commerciali.

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Delitto di Garlasco, concluso incidente probatorio, presente Alberto Stasi

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Un tribunale di Pavia assediato stamane da troupe televisive e giornalisti, per l’incidente probatorio sul delitto di Garlasco. A sorpresa è arrivato anche Alberto Stasi. Il 42enne, condannato per la morte di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007, si è presentato accompagnato dai suoi legali. “Vuole manifestare il rispetto per l’autorità giudiziaria e credo che sia l’atteggiamento giusto da tenere, rispetto e interesse – ha affermato l’avvocato di Stasi -. Non entro nel merito, dobbiamo entrare e ogni parte deve fare il proprio dovere. Alberto non può rilasciare dichiarazioni, ma ci teneva a esserci”. L’udienza è finita intorno alle 14, con la perita Denise Albani ha di fatto confermato la sua relazione sulla compatibilità del profilo genetico trovato sulle unghie di Chiara Poggi con il dna con la linea paterna di Andrea Sempio, sottolineando comunque le criticità legate alla all’incertezza del dato di partenza: “Il software che abbiamo utilizzato per l’indagine biostatistica non tiene conto dei possibili artefatti”. Der i legali e i consulenti di Sempio Marina Baldi e Armando Palmegiani non sono emersi elementi che collochino Sempio sulla scena del delitto. Gli avvocati di Sempio, hanno anche depositato una relazione sui possibili luoghi toccati nella casa dal loro assistito e che potrebbero giustificare il trasferimento del Dna da contatto, quindi slegato dal delitto. Nessuna valutazione spetta invece alla gip Daniela Garlaschelli che ha raccolto tutti gli elementi, li ha messi a verbale e ha decretato la chiusura dell’incidente probatorio su Andrea Sempio prima della chiusura indagine che sarà disposta dalla Procura di Pavia.

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La Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia nel mondo fa tappa in Cattolica

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MILANO (ITALPRESS) – Non più soltanto luoghi di formazione e di ricerca, ma anche spazi di dialogo tra culture e visioni differenti. In altri termini, vere e proprie “arene geopolitiche”, capaci di costruire ponti, coltivare la diplomazia globale e orientare il confronto tra Paesi e società. È questa la missione che dovranno adempiere sempre più le università italiane nel mondo, così come è stata delineata durante la conferenza “Le università italiane all’estero: l’internazionalizzazione del sistema universitario italiano”, ospitata a Milano giovedì 18 dicembre nell’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

L’incontro si inserisce nel programma della XVIII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori d’Italia nel mondo, aperta a Roma il 15 dicembre dai saluti del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Per la prima volta nella storia della Conferenza abbiamo voluto prevedere una sessione dedicata alle università: è il segno di una nuova consapevolezza e di una nuova volontà. Se vogliamo parlare del futuro dell’Italia, dobbiamo discutere delle università con le università e per le università”, ha dichiarato Maria Tripodi, Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale, accogliendo gli oltre 200 fra titolari delle sedi diplomatiche italiane e vertici del Ministero degli Esteri riuniti a Milano nelle giornate del 17 e 18 dicembre. “Le università sono modelli e laboratori di innovazione, ponti naturali tra l’Italia e il resto del mondo. Attraggono studenti e investimenti internazionali, rafforzano i territori. Nella visione che stiamo portando avanti, rappresentano un riferimento fondamentale per la diplomazia della crescita”.

A ribadire il ruolo degli atenei come attori strategici nella costruzione di relazioni internazionali, è stata Elena Beccalli, Rettrice dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. “La proiezione internazionale di un ateneo non si traduce solamente nell’attivazione di corsi in lingua inglese, nell’accogliere studentesse e studenti dall’estero, nel promuovere i propri corsi nei circuiti dell’educazione globale, nell’ottenere accreditamenti dei corsi di studio, nell’attivare doppi titoli o nel perseguire avanzamenti nei ranking internazionali. Sono tutti obiettivi imprescindibili ed essenziali. Ma va ricordato che si tratta di strumenti, non del fine in sé dell’internazionalizzazione di un Ateneo. Sono infatti strumenti funzionali a una missione più alta: incidere in modo reale e responsabile sulla società, a partire dalla consapevolezza che gli atenei sono chiamati ad agire come autentiche arene geopolitiche”.

L’iniziativa ospitata in Cattolica ha assunto un duplice valore: un’occasione per riflettere sulle dinamiche dell’internazionalizzazione del sistema universitario italiano, ma anche un momento per interrogarsi sul ruolo che gli atenei devono coprire in uno scenario geopolitico in continua evoluzione e sulle strategie future per affrontare le nuove sfide globali.

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“Penso che l’acceso dibattito in corso sul futuro delle università non si soffermi abbastanza proprio sull’importanza che può ricoprire la missione degli Atenei come luoghi di dialogo tra culture e visioni anche molto distanti le une dalle altre. In breve, come soggetti pubblici capaci di declinare la loro missione educativa in senso ampio”, ha precisato la Rettrice Beccalli. “Infatti, per formare classi dirigenti del domani con uno sguardo lungo e integrale non è sufficiente fornire alle studentesse e agli studenti metodi di studio all’avanguardia; è necessario abituarli a confrontarsi con il mondo, nel mondo. È proprio lo scenario mondiale a suggerirci un cambiamento, andando ad abbracciare logiche di coopetition per la costruzione di un ecosistema della conoscenza che superi i confini nazionali. Per farlo concretamente dobbiamo ribadire il criterio secondo cui le università operano non per profitto – per citare il titolo del celebre libro di Martha Nussbaum – ma per rafforzare le democrazie, rappresentando comunità epistemiche in grado di educare cittadine e cittadini responsabili”.

A soffermarsi più nello specifico sulla presenza del sistema universitario italiano all’estero è stata Tiziana Lippiello, Delegata CRUI per le Relazioni Internazionali e Rettrice dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. “Il nostro sistema rappresenta un’eccellenza e un volano per la crescita sociale ed economica del Paese”, ha detto, ricordando come siano stati fondamentali i finanziamenti del PNRR.

“Abbiamo rafforzato i rapporti con il territorio e con i partner europei. Ritengo importante continuare a operare secondo una logica di alleanze per costruire ecosistemi nell’ambito della formazione superiore, rafforzare la dimensione transnazionale della ricerca scientifica e dell’innovazione, promuovere investimenti congiunti per creare effetti duraturi nel tempo. Il lavoro di networking è essenziale per attrarre e trattenere talenti”. Inoltre, “le ambasciate possono aiutarci sia per comprendere criticità e opportunità nei diversi contesti sia per individuare verso quali Paesi orientare i nostri sforzi. Gli studenti internazionali sono sempre benvenuti, ma vanno accompagnati e orientati non solo nella comprensione del sistema Paese e dei suoi servizi ma anche nell’apprendimento della lingua”.

La lingua italiana, infatti, rappresenta uno “strumento privilegiato” per il perseguimento dell’internazionalizzazione come vera “missione culturale” e “progetto formativo dell’università contemporanea”. Lo ha messo ben in evidenza Mariateresa Zanola, Presidente del Presidio della Qualità di Ateneo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. È grazie all’italiano, “lingua internazionale”, che “l’università diventa lo spazio in cui l’internazionalizzazione si vive, non solo si organizza: un luogo che genera esperienza internazionale”. Essere un ateneo internazionale e aperto al mondo significa però sapere operare anche in aree del mondo a basso reddito per favorire uno sviluppo sostenibile.

Risponde a queste finalità il Piano Africa dell’Università Cattolica, illustrato dal direttore Mario Molteni e che ha già promosso oltre 130 progetti in 40 Paesi. “L’obiettivo è essere l’Università europea più attiva in Africa e con l’Africa in termini di ricerca, formazione e terza missione operando in partnership con atenei e istituzioni africane nell’ottica di un arricchimento reciproco per la formazione integrale delle persone, lo sviluppo socio-economico”. Un segno tangibile, insomma, per riprendere le parole della Rettrice Beccalli, per “agire come arena geopolitica ponendoci, inoltre, come istituzione di pace, un luogo cioè dove la didattica, la ricerca e l’impatto sociale trovano un comun denominatore nel promuovere una cultura della pace”.

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L’evento si è concluso con le testimonianze dell’Ambasciatore d’Italia in Azerbaigian Luca Di Gianfrancesco e dell’Ambasciatrice d’Italia in Ghana Laura Ranalli. Per entrambi le università italiane costituiscono un modello eccezionale di soft power che, contribuendo ad alimentare il confronto, lo scambio di conoscenze, la collaborazione tra i paesi, risultano cruciali per il perseguimento della pace e del dialogo tra popoli.

– Foto Università Cattolica –

(ITALPRESS).

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