Cronaca
Auditel-Censis, 5 schermi in ogni famiglia, Internet cambia la Tv
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3 anni fa-
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Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Sono 120 milioni gli schermi posseduti dagli italiani, una media di 5 per famiglia. Vengono utilizzati tra le mura domestiche (43 milioni di apparecchi televisivi) e in mobilità (48 milioni di smartphone; poi ci sono tablet e personal computer) per vedere contenuti tv con modalità di fruizione del tutto nuove. Aumenta, infatti, il numero di coloro che si connettono ad internet per guardare i programmi trasmessi in contemporanea sul tradizionale televisore (7 milioni e 300.000 italiani con più di 4 anni, il 12,5% del totale; nel 2019 non raggiungevano i 6 milioni: l’incremento, quindi, è del 24,6%). Aumenta, inoltre, la domanda di film scaricabili gratuitamente da internet. E cresce, infine, tutto il segmento dei contenuti televisivi in streaming, free e a pagamento, che si possono vedere da Smart Tv o da altri schermi connessi. E’ quanto certifica il 4° Rapporto Auditel-Censis, significativamente intitolato L’Italia multiscreen: dalla Smart Tv allo schermo in tasca, così il Paese corre verso il digitale.
Il Rapporto è il frutto di una straordinaria opportunità d’indagine sociale. Si fonda, infatti, sulla Ricerca di base Auditel (7 wave l’anno, 20 mila abitazioni visitate, 41 mila interviste face-to-face) che ha tre obiettivi: 1. accertare la reale struttura e fisionomia delle famiglie, temperando e neutralizzando tutti gli effetti anagrafici e fiscali con cui esse sono spesso rappresentate; 2. fotografare la società italiana in tutte le sue dimensioni, socio-demografiche, psico-grafiche, socioculturali, comportamentali; 3. individuare le potenziali famiglie-campione del Superpanel Auditel, che deve essere costantemente rinnovato.
Dal Rapporto emergono, in particolare, come ha spiegato il presidente di Auditel, Andrea Imperiali, “la centralità della TV nel processo di trasformazione del Paese in chiave digitale; una crescente adesione alla banda larga, che si configura sempre più come bene di prima necessità e non più accessorio; un ulteriore aumento delle dotazioni (in particolare degli smartphone e della smart TV) che innalza il numero degli schermi connessi al picco di circa 120 milioni; infine, si confermano nuovi e sempre più radicati comportamenti di visione e nuovi mix nella scelta dei contenuti TV, generati dall’ampliamento dell’offerta free e pay”.
Le famiglie connesse sono il 90,2% del totale (+3,6% dal 2019). E quelle che possiedono una connessione sia fissa che mobile sono il 59,4% (+6,2%). Nel 2021 gli apparecchi televisivi superano i 43 milioni (+1,0% dal 2019) soprattutto per effetto dell’ormai prepotente presenza di Smart Tv o dispositivi esterni collegati (15 milioni e 300.000: +46,6% negli ultimi due anni). Crescono anche gli smartphone: sono oltre 48 milioni (+8,9% dal 2019). Così come crescono i pc collegati (quasi 20 milioni) e i tablet (7 milioni e 700.000). Quasi 4 milioni di individui utilizzano la Smart Tv per navigare in internet e oltre 22 milioni per attivare le applicazioni on demand. Cambiano le modalità di fruizione dei contenuti audio e video, sempre più individualizzate e on demand. Oltre 4 milioni di italiani seguono la programmazione televisiva lineare sullo smartphone (+ 6,3%), mentre 2 milioni e 700.000 la seguono dal pc, con una crescita del 41,1% nell’ultimo anno; e un milione e 200.000 italiani vedono i contenuti tv sul tablet. Ben 3,5 milioni di italiani, poi, scaricano film da internet (+33,3% nell’ultimo anno) e oltre 13 milioni guardano sulle piattaforme televisive on demand contenuti non lineari (+38,2%). Infine, 24 milioni di italiani guardano contenuti tv utilizzando le diverse piattaforme disponibili su internet, per lo più a pagamento (+48,4%), con una forte crescita di coloro che li guardano di frequente: sono 16 milioni e 600.000 e sono aumentati dell’86% in un anno.
Sono 2 milioni e 300 mila, il 9,8% del totale, le famiglie italiane non connesse. Altre 7 milioni e 200 mila famiglie, il 29,9% del totale, hanno unicamente la linea mobile. Fra loro, circa 5 milioni si collegano solo da smartphone. Si tratta soprattutto di famiglie composte da soli anziani e famiglie che si trovano in una condizione di forte precarietà socioeconomica.
I televisori nelle case degli italiani sono 43 milioni e 100 mila. Il 96,9% delle famiglie ha in casa almeno un televisore; 9 milioni e 200 mila famiglie (il 38,6% del totale) possiedono solo un televisore; 9 milioni e 400.000 famiglie (il 39,2%) hanno due televisori; 3 milioni e 500.000 (il 14,6%) ne hanno tre; 1 milione e 100.000, il 4,6% del totale, ha 4 o più televisori; infine, 575.000 famiglie, pari al 2,4% del totale, in cui vivono 1 milione e 260.000 individui, non possiedono nè guardano la tv. Quasi sei milioni di apparecchi (il 13,2% del totale) si possono quasi considerare oggetti di antiquariato perchè acquistati più di 10 anni fa; ci sono, poi, 12 milioni di televisori per cui non è risultato possibile risalire alla data d’acquisto.
“Il 4° Rapporto Auditel Censis si rivela, una volta di più, strumento prezioso per chi ha il compito di guidare il Paese e per il mercato, specie in questa fase di grande sviluppo e cambiamento con tutte le opportunità di crescita derivanti dal PNRR e dalla straordinaria ripartenza dell’Italia dopo i mesi difficili della pandemia”, ha detto Imperiali, a margine della presentazione al Senato.
‘Se qualcuno pensava che con i nuovi stili di vita e con le nuove modalità di ascolto la televisione avrebbe perso la sua capacità di fare audience si sbagliavà, ha spiegato Giuseppe De Rita, Presidente del Censis. ‘La pandemia ha fatto decollare dotazioni e connessioni e ha ridato forza ai contenuti televisivi, tradizionali e su Internet, gratuiti e a pagamento, che ciascuno vuole essere libero di seguire a casa sulla smart tv e fuori casa, in ogni momento della giornata, sullo smartphonè, ha proseguito.
Per il presidente della Commissione Vigilanza Rai, Alberto Barachini, “gli ultimi due anni hanno rappresentato una bolla speculativa per la tv tradizionale che, come dimostrano i dati Auditel, ha registrato una crescita importante nel 2019. Il servizio pubblico ha recuperato parte della sua centralità durante la pandemia, ma stiamo assistendo a un crollo degli ascolti. Il Rapporto Auditel testimonia la ricerca di informazione di qualità, soprattutto verso il servizio pubblico e offre uno stimolo anche dal punto di vista educativo, visto che l’infodemia scatenata dalla pandemia ha rafforzato la richiesta di un giornalismo più qualificato”.
Secondo Giacomo Lasorella, presidente Agcom, “il 4° Rapporto Auditel-Censis è un efficacissimo strumento di lettura del nostro Paese, soprattutto nella realtà attuale dominata dalla pandemia. Ciò che in particolare emerge è che la transizione digitale non è un fenomeno astratto, bensì una realtà compiuta. Occorrono, però, delle azioni mirate, per far fronte all’aumentata disponibilità di schermi e connessioni, sviluppando la banda larga e il 5G, che sono aspetti essenzialì.
Per Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat, “gli schermi crescono, le persone diminuiscono e questo è un elemento che fa riflettere. E’ dal 2014 che la popolazione italiana sta diminuendo. Altro aspetto importante sono le disuguaglianze, che aumentano. La Dad, ad esempio, è stata una grande opportunità, ma in certe realtà è stata anche un problema per la mancanza di strumenti adeguati. Nel Rapporto Auditel, inoltre, emerge un ulteriore elemento, il gap generazionale che si è creato e che evidenzia come non sempre si riesca a tenere il passo con i progressi di natura tecnologica della nostra società”.
“Mi hanno colpito due fattori presenti nel Rapporto, la divisione fra nativi digitali e nativi analogici e non c’è dubbio che questa separazione sia destinata ad accrescere – ha detto Riccardo Nencini, presidente della 7ª Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali) del Senato -. Fra questi c’è un gruppo intermedio che rappresenta una generazione che potremmo definire “cuscinetto”, che vive una pessima qualità della connessione. Siamo evidentemente in una situazione di ritardo, che va ad incidere sul servizio pubblico, aspetto sul quale insiste il Rapporto. Nella Commissione che presiedo abbiamo sottolineato l’importanza dell’educazione digitale, proponendo di utilizzare una rete Rai per questo scopo, una sorta di maestro Manzi 3.0 per le nuove generazioni che hanno necessità di affrontare un pezzo di futuro”.
(ITALPRESS).
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MONACO (GERMANIA) (ITALPRESS) – “Il destino di questa guerra non può essere determinato solo da pochi leader: non Trump e Putin, nè io e Putin, nessuno qui a Monaco insieme a Putin. Dobbiamo unirci per raggiungere la vera pace”. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel suo intervento alla Conferenza sulla Sicurezza a Monaco.
“Putin non può offrire reali garanzie di sicurezza. Non solo perchè è un bugiardo, ma anche perchè la Russia nella sua situazione attuale ha bisogno della guerra per mantenere il potere. E il mondo deve essere protetto da questo”, ha sottolineato Zelensky che propone “un esercito europeo come potenziamento della Nato”, in secondo luogo “una politica estera comune europea”, come terzo punto “un livello di cooperazione europea che Washington prenda sul serio”. Quarto punto, “il rispetto del diritto internazionale”, e in quinto luogo “la continuazione della pressione sulla Russia, perchè è questa pressione a garantire la pace, non le parole di Putin”. Per Zelensky il presidente russo “sta mentendo ed è debole. Dobbiamo approfittarne adesso, non dopo. E dobbiamo agire come Europa, non come un gruppo di individui disparati”.
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(ITALPRESS).
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15 Febbraio 2025di
Redazione
TORINO (ITALPRESS) – Il derby d’Italia non è mai una partita come tutte le altre: nasconde insidie diverse, il livello qualitativo è al top e la concentrazione non deve mai mancare. Lo sa bene Thiago Motta, tecnico della Juventus che, in conferenza stampa, ha spiegato che peso ha questa sfida contro i nerazzurri: “Cerchiamo la vittoria sempre, il nostro lavoro è quello di fare del nostro meglio per raggiungere sempre la vittoria e mettere in campo tutte le nostre forze in campo contro un’avversaria forte come quella di domani, che è importantissima, se non la più importante. Dobbiamo avere un grande atteggiamento fin dal 1′ essendo sempre squadra fino all’ultimo minuto. Vivremo delle belle emozioni, dovremo essere concentrati al 200%”. Il morale in casa bianconera è alto, le tre vittorie di fila sono un toccasana. Out Kalulu, Bremer, Milik, Cabal, invece recuperano Cambiaso e Kelly”. Tra gli elementi che soddisfano maggiormente Motta c’è il gruppo, con il quale è stato a cena. Un momento utile per stare ulteriormente insieme. “E’ stato un bel momento”, ha sottolineato Motta che poi ha parlato dei precedenti favorevoli contro Inzaghi: “E’ un grande allenatore che rispetto e che segue sempre la sua linea. Non lo conosco benissimo personalmente ma questa è la mia percezione da fuori”. Su Renato Veiga: “Ha grande qualità e può iniziare l’azione, ha sia il passaggio corto che il lancio lungo. E’ un giocatore che può creare gioco senza abbassare il centrocampista”. Motta ha poi parlato del fatto che in molti danno i bianconeri sfavoriti nel match contro i nerazzurri: “Rispetto le opinioni di tutti, sono fiducioso perchè vedo bene i ragazzi, che hanno tanta energia. Abbiamo preparato bene questa gara”. Sugli arbitri: “Penso che gli errori ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre. Io per primo, quindi chi sono io per giudicare gli altri? Penso che quando si iniziano delle polemiche si è tutti responsabili, ma fa parte del gioco. Speriamo che domani si sbagli il meno possibile, tutti dobbiamo aiutare, zero simulazioni, no falli violenti e perdite di tempo. Se riusciamo a gestire, noi e l’arbitro, queste cose, ci sarà un bello spettacolo per tutti”. Infine, l’allenatore della Juventus ha concluso: “Non pensiamo alla partita di mercoledì di Champions League, siamo concentrati su domani, sceglierò la squadra che ritengo la migliore per affrontare i nostri avversari. Dobbiamo proseguire in continuità. Le tre vittorie sono diverse in termini di come le abbiamo ottenute. L’obiettivo è fare una grande partita e meritare la vittoria. Noi non vogliamo mai perdere, siamo la Juventus e dobbiamo sempre essere competitivi al massimo”.
– Foto: Ipa Agency –
(ITALPRESS).
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Panetta “Dai dazi Usa effetti maggiori su Italia e Germania”
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15 Febbraio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “Secondo le nostre stime, se i dazi annunciati in fase pre-elettorale fossero attuati e accompagnati da misure di ritorsione, la crescita del PIL globale si ridurrebbe di 1,5 punti percentuali. Per l’economia statunitense l’impatto supererebbe i 2 punti. Per l’area dell’euro le conseguenze sarebbero più contenute, intorno a mezzo punto percentuale, con effetti maggiori per Germania e Italia, data la rilevanza dei loro scambi con gli Stati Uniti”. Così il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, nel suo intervento a Torino al congresso Assiom Forex.
“Nella fase iniziale questi impatti negativi potrebbero essere amplificati dall’aumento dell’incertezza sulle politiche commerciali, già evidente nelle ultime settimane – aggiunge Panetta -. Il caso più significativo è quello della Cina. Dato l’eccesso di capacità produttiva nel settore industriale, da alcuni anni le aziende cinesi stanno riducendo i prezzi delle esportazioni, registrando un forte aumento delle vendite estere e delle quote di mercato nelle economie emergenti. L’imposizione di dazi elevati da parte degli Stati Uniti potrebbe spingere gli esportatori cinesi a cercare nuovi mercati per compensare il calo delle vendite sul mercato americano”.
“In tale scenario, le imprese italiane ed europee si troverebbero esposte a crescenti pressioni competitive da parte delle aziende cinesi, la cui specializzazione settoriale è sempre più simile a quella europea – sottolinea il governatore di Bankitalia -. L’esperienza storica mostra che le guerre commerciali danneggiano la crescita, anche nei paesi che le avviano. I dazi non garantiscono una riduzione del disavanzo delle partite correnti. Se lo facessero, comporterebbero anche un minore afflusso netto di capitali verso il paese che li ha imposti, con conseguenti aggiustamenti attraverso un aumento del risparmio dei residenti o una riduzione degli investimenti”.
“Il rientro dell’inflazione nell’area dell’euro all’obiettivo del 2 per cento nel medio termine è quasi completo. I rialzi degli ultimi mesi – fino al 2,5 per cento a gennaio – erano previsti e sono dovuti in parte a effetti di base legati all’evoluzione passata dei prezzi dell’energia. L’inflazione di fondo si è mantenuta al 2,7 per cento, ma la sua dinamica sui tre mesi – più rappresentativa delle tendenze recenti – evidenzia un calo pressochè continuo dall’inizio dello scorso anno ed era pari al 2 per cento a gennaio”, ha spiegato Panetta.
“I prezzi dei servizi continuano a crescere a un ritmo relativamente sostenuto, pari al 3,9 per cento. Questo andamento riflette in parte il lento e graduale adeguamento dei prezzi dei servizi all’inflazione passata, ed è quindi destinato ad attenuarsi per effetto del calo dell’inflazione totale – ha sottolineato -. Nel complesso, vi sono motivi per ritenere che la dinamica dei prezzi si stabilizzerà al 2 per cento nel medio termine, in linea con le più recenti previsioni degli esperti dell’Eurosistema. I progressi sul fronte dell’inflazione hanno consentito al Consiglio direttivo della BCE di concludere la fase di rialzo dei tassi ufficiali avviata oltre due anni fa e di invertire la rotta dallo scorso giugno. Da allora i tassi sono stati ridotti cinque volte, portando quello di riferimento della BCE – il tasso sui depositi presso la banca centrale – al 2,75 per cento”.
“Tuttavia il percorso di normalizzazione della politica monetaria non è concluso. Il tasso di riferimento rimane superiore alle stime del tasso neutrale, ossia il livello compatibile con l’assenza di pressioni inflazionistiche e con la crescita potenziale dell’economia. Di conseguenza, la politica monetaria continua a esercitare una pressione al ribasso sull’attività produttiva e sulla dinamica dei prezzi al consumo, un effetto sempre meno necessario in un contesto in cui l’inflazione è vicina all’obiettivo e la domanda interna resta debole – ha proseguito -. Da qui in avanti, peraltro, il concetto di tasso neutrale perderà progressivamente rilevanza. Le stime del suo valore, infatti, sono altamente imprecise, e forniscono solo un’indicazione approssimativa sull’orientamento della politica monetaria, diventando sempre meno utili a mano a mano che i tassi ufficiali si avvicinano al livello stimato del tasso neutrale. Soprattutto, il concetto di tasso neutrale non offre elementi sufficienti per calibrare con precisione il ritmo della normalizzazione monetaria. Le decisioni di politica monetaria devono sempre basarsi su una valutazione complessiva delle prospettive dell’economia reale e dell’inflazione, in cui gli esercizi previsivi svolgono un ruolo essenziale – ha detto ancora Panetta -. Questa considerazione è oggi particolarmente rilevante per l’area dell’euro, grazie al recente miglioramento della qualità delle previsioni di inflazione. Secondo le proiezioni pubblicate dall’Eurosistema a dicembre, l’obiettivo di inflazione verrebbe raggiunto con una riduzione dei tassi ufficiali in linea con le aspettative di mercato allora prevalenti, portandoli intorno al 2 per cento dalla metà del 2025. In base a tale scenario, un allentamento monetario meno deciso potrebbe comportare un’inflazione troppo bassa nel medio periodo”.
“L’economia dell’area dell’euro fatica a ritrovare slancio. Dopo una stagnazione iniziata alla fine del 2022, il PIL è cresciuto a ritmi contenuti nei primi trimestri del 2024, per poi arrestarsi nuovamente alla fine dell’anno”, ha spiegato il governatore di Bankitalia.
“L’Europa deve adottare un nuovo modello di sviluppo che valorizzi il mercato unico e riduca la dipendenza da fattori esterni. Vanno rilanciati gli investimenti, che da anni sono inferiori rispetto a quelli degli Stati Uniti e la cui carenza è particolarmente evidente se confrontata con l’elevata capacità di risparmio del nostro continente”, ha proseguito.
“Negli ultimi trimestri la crescita economica italiana si è affievolita, anche a causa del difficile contesto internazionale e degli effetti della stretta monetaria. Sono venuti a mancare soprattutto i contributi degli investimenti e delle esportazioni, le due componenti che più avevano sostenuto la vigorosa ripresa successiva alla pandemia”, ha detto ancora Panetta.
“Gli investimenti in beni strumentali sono stati particolarmente penalizzati dalle difficoltà, comuni a tutta l’area dell’euro, del settore manifatturiero – ha proseguito -. Le vendite all’estero stanno risentendo della debolezza dell’economia
europea, in particolare di quella tedesca, che assorbe il 12 per cento delle nostre esportazioni. Quasi la metà delle aziende manifatturiere che vendono in Germania ha visto ridursi le proprie esportazioni in quel mercato, con ripercussioni negative sulla produzione industriale, già in calo dal 2022″.
– Foto IPA Agency –
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