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Economia

Imprese, nel 2022 rincari di luce e gas sfioreranno 106 mld

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MESTRE (VENEZIA) (ITALPRESS) – Sfiora i 106 miliardi di euro il costo aggiuntivo che le imprese italiane subiranno quest’anno a causa dei rincari di energia elettrica e gas. La stima è stata calcolata dall’Ufficio studi CGIA che è giunto a questo risultato ipotizzando, per l’anno in corso, gli stessi consumi registrati nell’anno pre-pandemia, applicando però per l’intero 2022 le tariffe medie di luce e gas sostenute in questi ultimi sei mesi. Una stangata che rischia di provocare una vera debacle al nostro sistema produttivo. I 106 miliardi di extra costo, tuttavia, potrebbero essere addirittura sottostimati; se dal prossimo autunno la Russia dovesse chiudere ulteriormente le forniture di gas verso l’Europa, è probabile che il prezzo di questa materia prima subirà un’impennata che spingerà il costo medio dell’ultima parte dell’anno ad un livello molto superiore a quello registrato nei primi sei mesi del 2022.

Il Governo Draghi ha in parte smorzato l’impennata dei costi energetici. I soldi messi a disposizione per mitigare i rincari nel biennio 2021-22, infatti, ammontano, includendo anche il Decreto Aiuti, a 22,2 miliardi di euro (di cui 16,6 nel 2022). Di questi, 3,2 hanno ristorato le famiglie, 7,5 le imprese e 11,5 sosterranno sia le prime sia le seconde. Se nel 2019 il costo medio dell’energia elettrica ammontava a 52 euro per MWh, nei primi sei mesi del 2022, invece, si è attestato a 250 euro (+378 per cento). Pertanto, a fronte di un consumo di 217.334 GWh, il costo totale in capo alle imprese nel 2019 ha toccato i 35,9 miliardi di euro; quest’anno, invece, la bolletta toccherà i 108,5 miliardi di euro (differenza + 72,6 miliardi). Per il gas, viceversa, se tre anni fa il costo medio era di quasi 16 euro per MWh, nel primi sei mesi del 2022 il prezzo ha sfiorato i 100 euro (+538 per cento).

Perciò, a fronte di un consumo medio annuo di 282.814 GWh, nel 2019 le imprese hanno sostenuto un costo medio complessivo pari a 9,5 miliardi di euro, contro i 42,8 miliardi del 2022 (differenza +33,3 miliardi di euro). Ebbene, sommando i 72,6 miliardi di extra costi per la luce e i 33,3 per il gas otteniamo i 105,9 miliardi di costi aggiuntivi che le aziende dovranno farsi carico quest’anno rispetto al 2019 (anno pre-Covid). A livello territoriale le realtà che più delle altre subiscono i rincari maggiori sono, ovviamente, quelle dove la concentrazione delle attività imprenditoriali è più elevata. Se, rispetto al 2019, in Lombardia il costo aggiuntivo per far fronte ai rincari di luce e gas toccherà quest’anno i 24,4 miliardi di euro, in Emilia Romagna sarà di 12,4, in Veneto di 11,8 e in Piemonte di 9,8 miliardi. Oltre il 63 per cento dell’extra costo totale nazionale di luce e gas è in capo alle aziende del Nord.

– foto agenziafotogramma.it –

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(ITALPRESS).

Economia

Bankitalia, nel 2024 chiuse posizioni in sofferenza per circa 6 miliardi

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ROMA (ITALPRESS) – Nel 2024 sono state chiuse, ovvero eliminate dai bilanci, posizioni a sofferenza per circa 6 miliardi. Il dato, pari a circa 1,4 volte il valore dei nuovi ingressi, e’ inferiore al 2023 in termini sia assoluti (9 miliardi), sia di incidenza percentuale sulle sofferenze in essere alla fine dell’anno precedente (37% contro il 44%). Così la Banca d’Italia nella Nota di Stabilità finanziaria e vigilanza. La riduzione rispetto al 2023 è stata determinata principalmente dalle minori cessioni (passate da 5 a 3 miliardi) ed è riconducibile al progressivo ridimensionamento delle consistenze, che ha ridotto le esigenze di cessioni massive. Le strategie di gestione dei crediti deteriorati sono ora basate su un contributo più equilibrato delle diverse leve gestionali: l’ammontare delle posizioni chiuse internamente e’ risultato equivalente a quello delle cessioni sul mercato (3 miliardi).

I dati aggiornati sui tempi di smaltimento delle sofferenze confermano i progressi conseguiti negli ultimi anni, attribuibili sia alla riduzione delle consistenze che ai miglioramenti degli intermediari nella gestione di questi crediti: la quota delle posizioni chiuse entro tre anni dalla classificazione a sofferenza e’ pari all’87% (88% nel 2a023). Le cessioni di inadempienze probabili si sono mantenute stabili, pari a circa 4 miliardi.

Rispetto al 2023 il tasso di recupero medio delle sofferenze chiuse è aumentato di cinque punti percentuali, al 41%, di cui tre riconducibili alle chiusure di posizioni assistite da garanzie pubbliche e caratterizzate da tassi di recupero particolarmente elevati. Lo rileva la Banca d’Italia nella Nota di Stabilità finanziaria e vigilanza. Alla crescita hanno contribuito sia i recuperi sulle posizioni chiuse in via ordinaria (dal 45% al 47%), sia quelli sulle posizioni cedute (dal 30% al 36%), la cui incidenza sul totale delle posizioni chiuse e’ scesa dal 60% al 50%. Il tasso medio di recupero delle sofferenze assistite da garanzie reali è aumentato di tre punti percentuali, al 44%, sostenuto dall’incremento osservato sulle posizioni cedute a terzi (da 35% a 41%). Per le posizioni non assistite da garanzie reali, il tasso di recupero è aumentato di circa nove punti percentuali (da 28% al 37%), di cui sei attribuibili alle chiusure di posizioni assistite da garanzia pubblica.

Il prezzo delle sofferenze cedute nel 2024 è stato pari in media al 24% dell’esposizione lorda di bilancio al momento della cessione, in aumento di due punti percentuali rispetto al 2023. Il prezzo è rimasto stabile per le posizioni assistite da garanzie reali (34%), mentre è cresciuto sensibilmente per le altre (da 13% a 18%), che hanno beneficiato del maggior prezzo riconosciuto sulle posizioni con garanzia pubblica. Il prezzo di cessione dei crediti deteriorati diversi dalle sofferenze è stato in media pari al 51%, superiore di circa 5 punti percentuali a quello del 2023; l’incremento ha interessato sia la componente assistita da garanzia reale, sia quella non assistita da garanzia reale.

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– Foto IPA Agency –

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Istat, nel terzo trimestre prezzi delle abitazioni in crescita

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ROMA (ITALPRESS) – Secondo le stime preliminari Istat, nel terzo trimestre 2025 l’indice dei prezzi delle abitazioni (IPAB), acquistate dalle famiglie per fini abitativi o per investimento, evidenzia una varazione del +0,6% rispetto al trimestre precedente e del +3,8% nei confronti dello stesso periodo del 2024 (era +3,9% nel secondo trimestre 2025). La crescita tendenziale dell’IPAB è da attribuirsi sia ai prezzi delle abitazioni nuove, che aumentano dell’1,4% (da +1,1% del trimestre precedente), sia ai prezzi delle abitazioni già esistenti che salgono del 4,2%, in leggera decelerazione rispetto al secondo trimestre (+4,4%). Questi andamenti si registrano in un contesto di crescita dei volumi di compravendita: +8,5% la variazione tendenziale registrata nel terzo trimestre 2025 dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate per il settore residenziale (da +8,1% del trimestre precedente).

Anche su base congiunturale, l’aumento dell’IPAB (+0,6%) è imputabile sia ai prezzi delle abitazioni nuove sia a quelli delle già esistenti, in crescita rispettivamente del 2,5% e dello 0,3%. In media, nei primi tre trimestri del 2025, i prezzi delle abitazioni aumentano del 4,1% rispetto allo stesso periodo del 2024; quelli delle abitazioni nuove crescono del +1,3% e quelli delle abitazioni già esistenti del +4,5%. Il tasso di variazione acquisito dell’IPAB per il 2025 è pari a +3,8% (+0,3% per le abitazioni nuove e +4,5% per le abitazioni già esistenti).

– Foto IPA Agency –

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Economia

Corte dei Conti, economia UE resiliente ma criticità su Pac e Coesione

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ROMA (ITALPRESS) – Nel 2024 l’economia dell’Unione europea si dimostra resiliente nonostante il contesto internazionale, con una crescita dell’1%, pur tra marcate differenze tra Paesi. Per l’Italia la crescita si attesta allo 0,7%, con un debito in aumento al 134,9% del Pil. Secondo i dati 2024 della Commissione europea, i versamenti italiani al bilancio Ue ammontano a 15,7 miliardi, mentre gli accrediti raggiungono 22,4 miliardi, di cui 9,4 da Next Generation Eu. Un saldo positivo proprio grazie a queste risorse. È quanto evidenzia la Corte dei conti nella relazione sui Rapporti finanziari con l’Unione europea e l’utilizzazione dei fondi europei per il 2024. La politica di coesione, specifica la magistratura contabile, mostra ritardi nell’attuazione dei programmi 2021-2027, con livelli di spesa e impegno inferiori ai cicli precedenti. I programmi Interreg rilevano capacità progettuale, pur persistendo difficoltà nell’attivare sinergie con altri fondi europei.

La Pac 2023-2027 conferma il suo ruolo centrale, ma permangono criticità nella capacità di spesa dei fondi rurali e nella coerenza degli interventi nei territori più fragili. Per la politica marittima e della pesca, il Feampa (Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura) 2021-2027 mostra ritardi legati alla sovrapposizione tra cicli e alla selezione dei progetti. Sul fronte della tutela degli interessi finanziari Ue, i dati evidenziano un aumento degli importi da recuperare (31,6 milioni, rispetto ai 21,1 del 2023). Resta prioritario il rafforzamento della capacità amministrativa e della qualità della spesa. La sfida, conclude la Corte, consiste nel coniugare le nuove priorità europee con le esigenze allocative del bilancio, perseguendo al contempo la sostenibilità del debito.

– Foto IPA Agency –

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