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Cronaca

Milano, a Palazzo Reale la mostra “Xhixha. La reggia allo specchio”

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MILANO (ITALPRESS) – Da domani, e fino a domenica 3 settembre, Palazzo Reale presenta la mostra “Xhixha. La reggia allo specchio”, un nuovo progetto espositivo dell’artista Helidon Xhixha (Durazzo, 1970). L’esposizione, promossa da Comune di Milano – Cultura, prodotta da Palazzo Reale con lo studio Helidon Xhixha e curata da Michele Bonuomo, traccia un itinerario in cinque tappe che attraversa gli spazi della reggia milanese, accompagnando il visitatore dallo Scalone d’Onore progettato dal Piermarini alle sontuose Sale storiche, oggetto di recente restauro. La pratica artistica di Helidon Xhixha si radica nello studio approfondito delle proprietà dell’acciaio inox e nel suo utilizzo come materia fondante per la realizzazione di monumentali installazioni scultoree. Rifacendosi all’antica concezione dello specchio come passaggio verso un universo altro e del riflesso come l’illusione per eccellenza, l’artista realizza paesaggi astratti enigmatici, composti di forme geometriche ed essenziali. I cubi, i cilindri, i parallelepipedi e le sfere che compongono il vocabolario visivo di Helidon Xhixha sono lavorati in modo da moltiplicarne le superfici riflettenti, realizzando un’impressione di dinamismo e catturando le immagini che circondano l’opera, dalle architetture degli ambienti alle persone. In mostra a Palazzo Reale una selezione di cinque installazioni, concepite appositamente per intercettare e amplificare gli elementi architettonici degli ambienti storici in cui sono esposte. Il percorso espositivo ha inizio con l’opera “Roccia del Mediterraneo” (2019) che accoglie il visitatore dallo Scalone d’Onore, sul cui soffitto Giuliano Traballesi affrescò una allegoria dell’Aurora, rappresentata da una giovane donna alata portatrice di una fiaccola che mette in fuga la notte e gli spiriti maligni delle ombre; è Aurora, la dea romana che apre le porte del giorno, dopo aver attaccato i cavalli al carro del Sole, che versa la rugiada sulla terra, annunciando al mondo il mattino. Si prosegue quindi negli ambienti delle Sale storiche, realizzati in epoca Neoclassica: restituiti al loro splendore originario grazie al restauro (2022) e alla ricollocazione di alcuni arredi storici, ospitano una serie di sette arazzi dedicati al mito di Medea e Giasone. Le quattro sculture site-specific di Helidon Xhixha sono state selezionate per dialogare con gli interni: il cubo, il cilindro, il parallelepipedo, la piramide e la sfera richiamano infatti molti elementi decorativi, insiti nello stile neoclassico, che caratterizzano i sontuosi ambienti dell’appartamento di parata, le cui decorazioni e arredi sono catturati e restituiti attraverso le superfici curve progettate dall’artista in un racconto sempre differente. La luce, uno dei principali tratti d’ispirazione del Piermarini e degli artisti che con lui lavorarono, sulla superficie d’acciaio di Xhixha sembra addirittura smaterializzare la scultura. Ecco la ragione per cui Xhixha afferma di non scolpire l’acciaio, ma di utilizzarlo per scolpire la luce. Grazie a queste sculture, che diventano dei dispositivi interattivi, i visitatori potranno riscoprire il ricco apparato decorativo delle Sale ed apprezzare, fin nel dettaglio, elementi artistici che ad una visione di insieme possono sfuggire, sentendosi protagonisti attivi sia dell’opera di Xhixha che del Palazzo. (ITALPRESS).

Photo Credits: ufficio stampa Comune di Milano

Cronaca

VOGHERA SALUTA FRANCA, LA “BARISTA COL CIUFFO” CHE FONDÒ IL BAR DAGLIA

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Si è spenta all’età di 93 anni Franca Tinillini, per tutti semplicemente Franca o Mamma Franca, così come era conosciuta da migliaia di clienti passati in quel bar di Voghera che ancora oggi è un’istituzione, il Bar Daglia.
La storia del Bar Daglia si distingue dalle classiche storie familiari che abbiamo conosciuto negli anni grazie anche a tanti autori locali che ci hanno regalato aneddoti sulle famiglie più note della città e dei loro bar. Mamma Franca, era stata ribattezzata così da tutti proprio perché i primi immigrati dal sud che andavano a fare la pausa pranzo in quel bar “della camionale” si sentivano immediatamente adottati. Avendo lasciato la famiglia al sud lei stessa, la solitudine spesso veniva un po’ attutita da questa donna passata nell’immaginario collettivo di tutti come “la barista col ciuffo”, capelli rigorosamente raccolti, grembiule ed un sorriso per tutti. Queste erano le sue caratteristiche principali, unite dalla bontà d’animo che in più occasioni la portava a mettere una fetta di prosciutto in più nel panino dell’operaio perché sapeva che quello sarebbe stato l’unico pasto del giorno.
Questa sua generosità si riversò anche con i primi ‘migranti marocchini” con la cassetta. Comprava calze e accendini a tutti, offrendo loro un pasto caldo. Il bar, che in precedenza era stato conosciuto come “Bar Aurora”, fu riscattato da Franca e suo marito solo nel 1970, in vista di un investimento pensato dai coniugi Daglia come unica fonte di denaro per una famiglia come la loro composta da 5 persone.
Non a caso Celso, per tutti “Celsino” oggi al timone del bar giornaliero e notturno, è considerato una vera e propria icona della città per le serate di più generazioni. Era un bimbo di appena 12 anni quando mamma Franca lo metteva alla cassa, iniziando così il suo percorso dietro al banco senza mai smettere.
Il marito di Franca aveva avuto intuito negli affari e purtroppo anche nel cattivo destino che lo vedrà lasciare prematuramente la famiglia, nel 1976. Per anni Franca con Celsino è stata la signora dell’alba, che apriva il bar al mattino presto per cedere poi il timone al figlio. Fino a metà degli anni 80 era consuetudine vedere pullman di persone che si fermavano apposta per mangiare pane e salame, accolti sempre calorosamente da Franca. Quando i primi di Agosto si andava in ferie, (chiudevano le fabbriche) e la camionale era una via di pellegrinaggio per raggiungere le mete di vacanza, Franca si preparava aprendo anche un’ora prima per dare ristoro ai suoi clienti che venivano una sola volta all’anno.
Lascia i figli Graziella, Giuseppe e Celso con i nipoti che l’hanno amata e accudita incondizionatamente. Come vanno ricordato i familiari “Ha fatto i conti a mente fino a 10 giorni fa! Non si fidava della calcolatrice ed era comunque più veloce delle macchinette!! È stata attenta a ogni particolare, a coccolare i suoi clienti e a farsi voler bene. Il Daglia è sempre stato luogo di passaggio, lei non ha mai fatto distinzioni, forse per questo ha un po’ perso lo smalto del locale di grido. Però sono sempre rimasti tutti clienti di sempre, affezionati a Celsino e a lei, a cui portavano sempre qualcosa, soprattutto frutta e verdura del loro orto e per lei era oro!!! Aveva la capacità di entusiasmarsi sempre. Ha passato momenti davvero difficili: provenendo da una famiglia numerosa di Sant’Albano. A 46 anni è rimasta vedova rimboccandosi le maniche e continuando a lavorare, in casa e al bar, non mancando di essere una mamma e nonna presente.”
La nipote Pietrapaola racconta: “Mi ha insegnato a fare mille cose di casa e a cucire. Diceva che se sai tenere in mano un ago sai tenere in piedi tutta la famiglia. Io ho imparato ma la mia si è scucita lo stesso. Comunque la sua forza è stata sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno e la sua cura era il canto! Ha cantato sempre, per scacciare la depressione e i brutti pensieri, per esaltare i momenti belli e ultimamente per comunicare. Dopo la sua ischemia non aveva sempre momenti di lucidità, non sapeva chi fossimo, allora cantavamo e lei adorava le canzoni delle mondine, della sua epoca. Con voce sempre più flebile ma ha mantenuto il contatto con noi sino all’ultimo, anche solo muovendo le labbra, perché la voce non usciva più. La sua frase più usata era “un mondo di bene”, che poi è quello che ha dispensato a tutti noi! È stata moderna nel pensiero e moderata nei modi.”
Voghera perde così una commerciante simbolo ed un volto amatissimo da tante generazioni che al Bar Daglia ancora oggi si incontrano per un caffè o un pacchetto di sigarette. Martedì 15 Luglio alle 15.00 presso la chiesa dei Barnabiti l’ultimo saluto.

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Cronaca

EX ASSESSORE PAVESE ASSANELLI PRECIPITA IN MONTAGNA, GRAVE MA FUORI PERICOLO

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Brutta avventura in vacanza per Piero Sandro Assanelli, 81enne ex assessore ai servizi sociali del Comune di Pavia dal 2009 al 2014 nella giunta del sindaco Cattaneo: è rimasto vittima di un incidente in montagna domenica mattina in provincia di Lecco. L’incidente è avvenuto durante una camminata: Assanelli era in gruppo, ma ad un certo punto ha rallentato il cammino, è caduto per circa 30 metri mentre saliva la Grignetta lungo la Cresta Cermenati nel territorio comunale di Mandello del Lario (Lecco). Ha iniziato a gridare aiuto, alcune persone di passaggio hanno sentito le grida e dato l’allarme. Sul posto è intervenuto un elicottero di pronto intervento. Assanelli era cosciente ma con diverse contusioni. È stato portato d’urgenza all’ospedale Manzoni di Lecco dove i medici del pronto soccorso dove è stato sedato in coma farmacologico per fratture costali, si temevano fratture al cranio ma gli esami hanno scongiurato il peggio. E’ ancora in gravi condizioni ma fuori pericolo.

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Cronaca

GARLASCO, DNA IGNOTO 3 SARA’ COMPARATO CON ALMENO 30 PERSONE

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L’omicidio di Garlasco: ci dovrebbe essere anche chi si occupò di riesumare il corpo di Chiara Poggi per prendere le impronte dattiloscopiche, tra coloro che potrebbero essere sottoposti a tampone per verificare se il Dna maschile individuato nel cavo orofaringeo sia o meno una contaminazione. I prelievi per la comparazione dovrebbero essere fatti a tutti quelli che sono entrati in contatto col cadavere. La comparazione dunque, compresi i profili già prelevati, riguarderà almeno 30 persone. Intanto è polemica per la scelta tecnica effettuata durante l’autopsia: invece di utilizzare tamponi sterili, è stata usata una garza di stoffa. La dottoressa Denise Albani, genetista nominata dal gip, ha annunciato che chiederà chiarimenti sul motivo della scelta e sulle persone presenti al momento del prelievo. L’uso della garza, secondo gli esperti, potrebbe aver introdotto materiale genetico estraneo, rendendo difficile distinguere tra una traccia significativa e una contaminazione accidentale. La mancanza di protocolli rigorosi ha sollevato dubbi sull’intera procedura di raccolta

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