Economia
Acqua e idroelettrico, servono 48 miliardi di investimenti in 10 anni
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2 anni fa-
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Redazione
CERNOBBIO (COMO) (ITALPRESS) – Un pacchetto d’investimenti da 48 miliardi di euro in dieci anni per superare l’emergenza idrica, recuperare acqua per le esigenze di famiglie, agricoltura e industria e rilanciare lo sviluppo dell’idroelettrico, l’unica fonte rinnovabile programmabile, asset strategico per la sicurezza energetica del Paese. E’ quello che emerge dallo studio “Acqua: azioni e investimenti per l’energia, le persone e i territori” realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con A2A, presentato oggi nell’ambito del Forum di Cernobbio da Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato e Direttore Generale di A2A e Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile Scenari e Intelligence di The European House – Ambrosetti.
Uno studio completo e dettagliato sui diversi aspetti legati al ciclo dell’acqua che certifica l’emergenza idrica del nostro Paese (nel 2022 -31% di risorsa disponibile rispetto all’anno prima) e indica i possibili correttivi da mettere in campo: da un lato l’analisi mostra infatti come sia possibile recuperare 9,5 miliardi di metri cubi d’acqua (oltre un terzo di quella consumata in un anno nel nostro Paese) investendo su riuso, riduzione delle perdite e dei consumi e recupero dell’acqua piovana; dall’altro elenca le azioni per ottenere energia idroelettrica aggiuntiva investendo su pompaggi, invasi irrigui, repowering, mini-idroelettrico e nuove centrali (azioni in grado di generare 12,5 Twh l’anno).
Una doppia strategia, articolata in precise linee di intervento, che potrebbe avere un effetto volano sull’economia nazionale, con ricadute positive per 77 miliardi di euro.
“Senz’acqua non c’è futuro. Ma in futuro avremo sempre meno acqua. I cambiamenti climatici, gli sprechi e una gestione poco oculata hanno messo a rischio questa risorsa, come denunciato anche dall’Onu – ha spiegato Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A -. Sono necessari circa 50 miliardi di investimenti in 10 anni per la salvaguardia del ciclo idrico e della produzione di energia idroelettrica e l’azione congiunta di istituzioni, industria, cittadini. A2A, come Life Company, è pronta ad essere protagonista responsabile di un fronte comune a tutela della risorsa idrica. La circolarità può essere la risposta migliore per la mitigazione degli effetti del climate change: riuso, riduzione e recupero possono rimettere in circolo 9,5 miliardi di mc di acqua, più di quanto perso nel 2022 a causa della siccità. Inoltre, un miglior utilizzo di accumuli e centrali idroelettriche potrebbe generare 12,5 TWh l’anno di energia pulita, più dei consumi domestici annuali di tutta la Lombardia, un contributo essenziale per raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione”.
“Gli effetti del cambiamento climatico si aggiungono ad alcune criticità strutturali che segnano la gestione idrica in Italia e che vanno opportunatamente e prontamente attenzionate – ha commentato Lorenzo Tavazzi, Partner di The European House – Ambrosetti -. Investire in adattamento e mitigazione del cambiamento climatico è quindi cruciale, in un contesto in cui il cambiamento climatico sta già impattando significativamente il nostro Paese: nel 2022 le temperature sono aumentate fino a 2,0° C, mentre le precipitazioni cumulate si sono ridotte del 23,2%”.
L’ultimo biennio ha reso evidente nel nostro Paese l’urgenza di intervenire per la mitigazione degli impatti del cambiamento climatico sulla risorsa idrica. Se il 2022 è stato per l’Italia l’anno meno piovoso e più caldo degli ultimi 60 anni, il 2023 vede l’alternanza tra la coda siccitosa del 2022 e precipitazioni intense e fortemente concentrate, indice di una tropicalizzazione del clima italiano.
Nel ciclo infinito della singola goccia, la risorsa influenza una moltitudine di dimensioni, generando energia, sostenendo i consumi civili e produttivi e salvaguardando l’ecosistema. Non solo, nelle stime realizzate dalla Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti, l’acqua attiva anche una filiera industriale produtt iva lunga e articolata, dal settore primario, alla manifattura, fino al settore energetico e al Servizio Idrico Integrato, abilitando la generazione del 18% del PIL industriale italiano, pari a 320 miliardi di Euro. La disponibilità di acqua nel nostro Paese è messa a rischio dagli effetti del cambiamento climatico, di cui il 2022 ha rappresentato l’”anno nero” con picchi di anomalie termiche e pluviometriche e una crescita della frequenza degli eventi estremi, come piogge intense (+50,2% medio annuo negli ultimi 20 anni) e allagamenti (+26,4% medio annuo nello stesso periodo). La tropicalizzazione del clima italiano non si è arrestata e, nella prima metà del 2023, questi fenomeni sono già aumentati del 130% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Il disagio legato alla siccità record del 2022 è stato generalizzato. Fino al 40% dei cittadini ha vissuto gli effetti delle politiche di contenimento dei consumi e il 28% ha subìto razionamenti di acqua nel proprio comune di residenza. La carenza idrica si è concentrata nel Nord-Italia con 5 Regioni che hanno adottato lo stato di emergenza (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Piemonte).
La combinazione delle linee di efficientamento del sistema idrico nazionale, a fronte di un investimento cumulato di 32,9 miliardi di euro, genererebbe un risparmio idrico di 9,5 miliardi di m3. Non solo: la riduzione stimata dei volumi idrici immessi in rete proveniente dall’efficientamento delle perdite e dal contenimento dei consumi porterebbe anche a un beneficio in termini di energia risparmiata pari a 1,4 TWh annui. Investire nel settore idrico, inoltre, significa attivare filiere di fornitura e subfornitura adiacenti: ogni euro investito nel settore genera infatti 1,6 euro di ulteriori ricadute economiche positive nei settori contigui. Di conseguenza, l’investimento necessario stimato di 32,9 miliardi di euro genererebbe ulteriori ricadute economiche indirette per il Paese pari a 52 miliardi di euro.
La siccità del 2022 non ha solo influito negativamente sui consumi idrici, ma ha messo a rischio anche la capacità di produzione energetica da fonte idroelettrica, ovvero la prima fonte energetica rinnovabile nel nostro Paese con un contributo medio nel periodo 2012-2021 del 42% sul totale della produzione da fonti rinnovabili in Italia.
La siccità record del 2022 ha determinato una produzione lorda idroelettrica nazionale pari a 30,3 TWh, significativamente inferiore della media del decennio 2012-2021 (48,4 TWh). La perdita di produzione dell’Italia ha rappresentato da sola il 25% della riduzione totale europea di produzione idroelettrica del 2022. Per trovare così basso bisogna risalire al 1954, considerando però un parco idroelettrico con una potenza di 3 volte inferiore a quella attuale. Per dare un dimensionamento, se volessimo compensare questa perdita di produzione idroelettrica con il fotovoltaico, sarebbe necessario installare oltre 4 milioni di pannelli, per una superficie complessiva di oltre 58 km2 , pari a 1/3 dell’estensione del Comune di Milano.
L’idroelettrico è anche una risorsa chiave per raggiungere il target legato alla generazione da fonti rinnovabili al 2030 in Italia. Infatti, anche con il massimo dispiegamento di solare ed eolico, senza il pieno apporto dell’idroelettrico il nostro Paese non potrebbe raggiungere gli obiettivi di quota di rinnovabili sul fabbisogno elettrico nazionale stabiliti dalla bozza del nuovo PNIEC (pari al 65%).
Per contenere gli effetti dei fenomeni idrici estremi sul settore energetico, gli operatori possono efficientare l’esistente e realizzare nuove infrastrutture. Nella ricerca sono state identificate 5 linee di investimento prioritarie: costruzione di nuovi pompaggi idroelettrici sfruttando gli invasi già esistenti. I pompaggi sono, infatti, essenziali nella prospettiva di una crescente penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili come eolico e solare. Questi sistemi garantiscono l’assorbimento dell’eventuale “overgeneration” nelle ore di maggiore disponibilità delle rinnovabili – per esempio nelle ore centrali della giornata – abilitando la copertura della domanda nelle ore di carico elevato e basso contributo delle fonti rinnovabili non programmabili. Installando 3,2 GW di nuovi pompaggi in Italia si potrebbe garantire l’assorbimento di “overgeneration” per circa 2 TWh a fronte di investimenti complessivi per 8 miliardi di euro.
Interventi per valorizzare in ottica energetica i rilasci degli invasi esistenti a scopo irriguo da cui è stata stimata una potenza idroelettrica aggiuntiva pari a 350 MW, per una produzione idroelettrica addizionale di 1 TWh e un volume di investimento totale pari a circa 875 milioni di euro.
Repowering degli impianti idroelettrici esistenti con potenza aggiuntiva stimata pari a 1,6 GW, per una produzione idroelettrica addizionale di circa 4 TWh e un volume di investimento totale pari a circa 560 milioni di euro.
– realizzazione di nuovi impianti mini-idroelettrici per una potenza addizionale di circa 700 MW, stimati sulla base del potenziale massimo di installazione e del trend degli ultimi anni, che supporta una produzione idroelettrica aggiuntiva pari a circa 1,8 TWh e un volume di investimento totale di circa 2,8 miliardi di euro.
Interventi per valorizzare in ottica energetica il ruolo dei fiumi e dei bacini alpini e appenninici. Ad oggi, infatti, circa il 90% dei corsi d’acqua alpini e appenninici idonei è sfruttato per la produzione di energia idroelettrica. Impiegando anche la quota rimanente attualmente non utilizzata, tramite la realizzazione di nuovi bacini connessi, sarebbe possibile produrre 3,7 TWh aggiuntivi di energia idroelettrica, con un investimento totale che potrebbe arrivare a circa 3,0 miliardi di euro.
Complessivamente, portando a sintesi le 5 linee di intervento suggerite per contenere gli effetti dei fenomeni idrici estremi sul settore energetico, risulta come gli operatori industriali potrebbero abilitare un recupero di circa 12,5 TWh (73% della produzione idroelettrica persa nel 2022), a fronte di un investimento complessivo di circa 15 miliardi di euro. Grazie alle ricadute positive indirette sui settori attigui – circa 25 miliardi di euro e generati dagli investimenti nella filiera energetica (pari a 1,64 euro ulteriori per ogni euro investito) – la ricchezza totale distribuita sul territorio nazionale sarebbe complessivamente di circa 40 miliardi di euro.
– Foto f01/Italpress –
(ITALPRESS).
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Redazione
VENEZIA (ITALPRESS) – Banca Ifis rende noto che, “alle ore 17:30 di oggi, si è concluso il periodo di riapertura dei termini dell’offerta pubblica di acquisto e scambio volontaria totalitaria sulla totalità delle azioni ordinarie di illimity Bank. Al termine del periodo di riapertura, le adesioni totali all’Offerta hanno raggiunto la quota del 92,488% (tenuto conto delle Azioni Proprie)”.
“Sulla base dei risultati provvisori dell’Offerta comunicati da Equita SIM alla chiusura della Riapertura dei Termini, le adesioni – si legge – ammontano al 7,208% del capitale sociale di illimity, pari a 6.059.833 Azioni illimity. Pertanto, sulla base dei risultati provvisori della Riapertura dei Termini, laddove confermati, e tenuto conto delle 70.694.489 Azioni illimity già portate in adesione all’Offerta nel corso del Periodo di Adesione, alla Data di Pagamento a Esito della Riapertura dei Termini (i.e., il 18 luglio 2025) l’Offerente risulterà titolare di 77.752.504 Azioni illimity, rappresentative del 92,488% del capitale sociale dell’Emittente”.
Sulla base dei risultati raggiunti, Banca Ifis, continua la nota, “provvederà a rendere effettivo il pagamento del premio del 5% in denaro per ciascun azionista di illimity che ha portato le proprie Azioni illimity in adesione all’Offerta. Si ricorda, infatti, che lo scorso 24 giugno 2025, Banca Ifis ha reso noto che, qualora al termine dell’Offerta fosse venuta a detenere una partecipazione superiore al 90% del capitale sociale di illimity, avrebbe riconosciuto un premio in denaro del 5%, pari a Euro 0,1775, per ciascuna azione portata in adesione all’Offerta.
Pertanto, l’Offerente corrisponderà, “il Corrispettivo in Azioni (i.e., n. 0,10 Azioni Banca Ifis Offerte) ed Euro 1,6835 (comprensivo del Corrispettivo in Denaro Aggiuntivo) agli Aderenti che abbiano portato le proprie Azioni illimity in adesione all’Offerta durante la Riapertura dei Termini; e il solo Corrispettivo in Denaro Aggiuntivo (i.e., Euro 0,1775 per Azione illimity), a titolo integrativo, agli Azionisti che abbiano già portato le proprie Azioni illimity in adesione all’Offerta durante il Periodo di Adesione (e abbiano già ricevuto, quindi, il Corrispettivo alla Data di Pagamento del 4 luglio 2025)”.
– Foto Ufficio stampa Banca Ifis –
(ITALPRESS)
Economia
Pil, Bankitalia “Sulla crescita pesano dazi e incertezza”
Pubblicato
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11 Luglio 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “L’instabilità delle politiche commerciali e dello scenario geopolitico gravano sulle prospettive di crescita globale. In tale contesto, l’economia dell’area dell’euro è cresciuta oltre le attese nel primo trimestre del 2025, grazie alla forte domanda statunitense in anticipazione dell’inasprimento dei dazi; la crescita si è, tuttavia, indebolita nel secondo, anche per via di una dinamica della domanda interna ancora frenata dall’elevata incertezza”. Lo evidenzia la Banca d’Italia nel Bollettino Economico. “Nel primo trimestre del 2025 in Italia è proseguita la crescita dell’attività economica, sostenuta principalmente dalla domanda interna – prosegue Bankitalia -. Il PIL sarebbe cresciuto anche nel secondo trimestre, ma in misura lievemente più contenuta; vi avrebbe contribuito la dinamica ancora positiva dei consumi – che sono sospinti dall’aumento del potere d’acquisto e dalle condizioni favorevoli nel mercato del lavoro – e degli investimenti, che tuttavia risentono del basso clima di fiducia e dell’elevata incertezza”. Secondo le proiezioni macroeconomiche pubblicate lo scorso giugno dalla Banca d’Italia, il PIL aumenterà dello 0,6 per cento quest’anno, dello 0,8 il prossimo e dello 0,7 per cento nel 2027.
“A fronte del rialzo dei dazi imposto dagli Stati Uniti dallo scorso aprile, la Cina potrebbe adottare politiche di prezzo più aggressive per riorientare le proprie esportazioni verso i mercati europei – si legge ancora nel Bollettino -. Gli effetti sull’area dell’euro potrebbero non essere trascurabili, tenuto conto che i beni cinesi rappresentano una quota rilevante delle importazioni dell’area. Secondo nostre stime, i maggiori flussi di beni cinesi potrebbero avere un effetto al ribasso sull’inflazione al consumo dell’area”. “A seguito dell’annuncio dell’inasprimento dei dazi da parte degli Stati Uniti lo scorso 2 aprile, il dollaro statunitense si è deprezzato rispetto all’euro e alle altre principali valute, nonostante un parallelo aumento del differenziale nel rendimento dei titoli di stato decennali rispetto al Bund tedesco – spiega Bankitalia -. Il recente andamento del tasso di cambio euro-dollaro potrebbe segnalare una minore propensione degli investitori a detenere alcune attività denominate in dollari e una maggiore diversificazione da parte degli investitori internazionali”. Sulla base dei dati raccolti nell’ambito dell’Indagine sulle aspettative di inflazione e crescita della Banca d’Italia, circa un terzo delle imprese manifatturiere italiane si attende un impatto negativo dei dazi statunitensi sulla propria domanda e sugli investimenti nel 2025. Tuttavia nella prima metà dell’anno le valutazioni sulla domanda estera sono state nel complesso ancora positive.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
Economia
Dazi, Gros-Pietro “La globalizzazione è imperfetta, ma se viene frenata aumentano i costi”
Pubblicato
10 ore fa-
11 Luglio 2025di
Redazione
MILANO (ITALPRESS) – “I dazi, che ancora non sappiamo quanto saranno e come saranno distribuiti, significano un’incertezza e, nella misura in cui ci saranno, sono un costo. Questo costo va a frenare gli scambi internazionali perché è un onere che si aggiunge agli scambi e quindi va a frenare la globalizzazione. La globalizzazione ha tanti difetti, ma risponde a un principio banale: si produce dove costa meno. Frenare la globalizzazione significa che costerà tutto di più. Che senso può avere introdurre delle misure che fanno costare di più le merci? È abbastanza ovvio: i dazi non servono a cambiare il commercio internazionale anche se questo sarà l’effetto, ma servono a tirare su dei soldi”. Lo ha dichiarato il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro a margine dell’assemblea degli associati ABI 2025 a Milano.
“Gli Stati Uniti hanno un deficit di bilancio che da anni coprono indebitandosi col resto del mondo e pensano di migliorare più bilancio tirando su soldi con i dazi, però questo può ridurre e sta riducendo di fatto la propensione del resto del mondo a investire in treasuries”, ha aggiunto Gros-Pietro spiegando che quella con l’amministrazione americana è “una trattativa continua. Quindi bisogna vedere che effetto farà la reazione dei mercati monetari e che effetto farà anche la negoziazione con il mondo. Sicuramente gli Stati Uniti sono un grandissimo mercato, un grandissimo sistema economico e tecnologico e soprattutto hanno delle carte da giocare. Vedremo come evolverà la situazione”.
“Il presidente degli Stati Uniti è un abile negoziatore: la sua tecnica è quella di proporre delle condizioni terribili per poi allentarle. Così chi non avrebbe mai accettato niente ha la possibilità di dire: me la son cavata con meno peggio. E questo va bene soprattutto se gli interlocutori sono dei politici”, ha aggiunto.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).


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