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Cronaca

Dai rifiuti energia per 2,6 milioni di famiglie

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ROMA (ITALPRESS) – Sono 188 gli impianti tra inceneritori e digestione anaerobica della frazione organica e dei fanghi di depurazione presenti sul territorio italiano nel 2022, che hanno prodotto circa 7 milioni di MWh di energia, un quantitativo in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,6 milioni di famiglie. E’ la fotografia scattata dal “Rapporto sul Recupero Energetico da rifiuti in Italia” realizzato da Utilitalia e Ispra, presentato a Roma insieme all’annuale Rapporto Rifiuti Urbani di Ispra.
Dallo studio emerge come il recupero di energia da rifiuti sia essenziale per il conseguimento degli obiettivi fissati dalle direttive europee sull’economia circolare. In Italia, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, si registra una carenza impiantistica e se non si inverte questa tendenza, il nostro Paese continuerà a ricorrere in maniera eccessiva allo smaltimento in discarica: attualmente ci attestiamo al 18%, mentre le direttive Ue impongono di scendere sotto al 10% entro il 2035. Aumentare la capacità di trattamento degli impianti è quindi fondamentale per chiudere il ciclo dei rifiuti, perchè la raccolta differenziata produce scarti che vanno smaltiti nella maniera ambientalmente più corretta e perchè il recupero energetico – con conseguente produzione di energia, in prevalenza rinnovabile – evita lo smaltimento in discarica.
Nel 2022 erano operativi nel nostro Paese 73 impianti di digestione anaerobica della frazione organica dei rifiuti urbani – 53 al Nord, 9 al Centro e 11 al Sud – che hanno trattato 4,5 milioni di tonnellate di rifiuti. Nei prossimi anni saranno operativi altri 22 impianti. L’organico, con oltre 7,2 milioni di tonnellate raccolte, rappresenta il 38,3% dei rifiuti urbani che entrano nel circuito della raccolta differenziata. Per quanto riguarda invece la digestione anaerobica dei fanghi di depurazione, il rapporto ha analizzato i dati di 79 impianti operativi nel 2022: 39 al Nord, 3 al Centro e 37 al Sud.
Nel 2022 erano invece operativi 36 impianti di incenerimento così dislocati: 25 al Nord, 5 al Centro e 6 al Sud, oltre a un impianto al Sud classificato formalmente come impianto di produzione di energia, ma alimentato esclusivamente con rifiuti di origine urbana che, se incluso, ne porterebbe il numero a 37. Al loro interno sono state trattate 5,3 milioni di tonnellate di rifiuti, tra rifiuti urbani indifferenziati e rifiuti speciali derivanti dal trattamento dei rifiuti urbani negli impianti di Trattamento Meccanico – Biologico. Tali impianti sono ormai saturi e non si prevedono nuove aperture nei prossimi anni (se non l’impianto a servizio di Roma Capitale per una capacità complessiva di circa 600.000 tonnellate annue). Ben oltre l’80% delle scorie prodotte sono state avviate a recupero di materia, e con la revisione delle direttive europee previste nell’ambito del Pacchetto per l’economia circolare anche i metalli recuperati dalle scorie di incenerimento concorrono inoltre al raggiungimento dei target di riciclo. Per quanto riguarda invece il controllo delle emissioni in atmosfera, per diversi inceneritori i limiti applicati risultano notevolmente più stringenti rispetto a quelli determinati dalla normativa vigente, soprattutto per quanto riguarda le polveri, gli ossidi di zolfo ed il monossido di carbonio. Le emissioni degli impianti di termovalorizzazione sono peraltro poco rilevanti rispetto al totale delle emissioni in atmosfera legate al complesso delle attività civili e industriali.
Gli impianti, complessivamente, hanno prodotto circa 7 milioni di MWh, tra elettrica e termica: questa energia è in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,6 milioni di famiglie. Il 100% dell’energia prodotta dagli impianti di digestione anaerobica ed il 51% di quella prodotta dagli inceneritori, inoltre, è energia rinnovabile: contribuisce pertanto, sostituendo l’utilizzo di combustibili fossili, alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti ed alla lotta ai cambiamenti climatici. Si tratta inoltre di energia prodotta localmente che contribuisce a ridurre la dipendenza dall’estero.
Come emerge dal Rapporto, l’Italia ha urgentemente bisogno di nuovi impianti soprattutto di incenerimento con recupero di energia delle frazioni non riciclabili, in mancanza dei quali sarà impossibile mantenere lo smaltimento in discarica al di sotto del 10%; anche perchè nei prossimi anni il costante aumento delle percentuali di raccolta differenziata porterà anche a un inevitabile incremento degli scarti di lavorazione e dei rifiuti organici da trattare.
“Questo rapporto – spiega Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia – evidenzia come la gestione dei rifiuti sia da un lato un tema di economia circolare e, dall’altro lato, un elemento importante della transizione energetica. Quello relativo agli impianti non è solo un problema quantitativo ma soprattutto di distribuzione geografica: senza impianti non si chiude il ciclo dei rifiuti e non si potranno raggiungere i target Ue. Nei giorni scorsi, oltretutto, nelle conclusioni della Cop 28 è stata ribadita la necessità di limitare entro il 2030 le emissioni di metano e quindi lo smaltimento in discarica, che, come è noto, contribuisce in modo significativo a tali emissioni”.
“I dati del Rapporto Rifiuti dell’Ispra – sottolinea il presidente Ispra e Snpa, Stefano Laporta – evidenziano una percentuale di riciclaggio degli urbani pari al 49,2% e un riciclaggio totale dei rifiuti di imballaggio del 71,5%. Lo smaltimento in discarica è però ancora al 18%, quindi dovranno essere fatti ulteriori sforzi per garantire l’adeguata chiusura del ciclo di gestione. Il miglioramento della gestione dei rifiuti è individuato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza come uno strumento fondamentale per l’attuazione dell’economia circolare, attraverso un rafforzamento delle infrastrutture per la raccolta differenziata e l’ammodernamento del sistema impiantistico di gestione”.

– Foto xl3/Italpress –

(ITALPRESS).

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LA MAMMA DELLA NEONATA RAPITA A COSENZA E’ ORIGINARIA DI PAVIA

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C’è una mamma, ancora sotto choc, alla clinica Sacro Cuore di Cosenza, che in queste ore sta ricevendo tanti attestati di solidarietà da tutta Italia. Ma soprattutto da Pavia, la sua città d’origine. Valeria Chiappetta è la mamma di Sofia, la bimba nata il 20 gennaio e rapita a poche ore dalla nascita nella clinica e poi ritrovata a Cosenza. Rosa Vespa e Acqua Moses è la coppia fermata per il rapimento della figlia: è entrata nel reparto di ginecologia della clinica con un passeggino e ha sottratto la piccola Sofia, di appena un giorno, con uno stratagemma. «Una vittima casuale dal momento che nessun contatto è emerso tra la famiglia della piccola e i coniugi che sono stati sottoposti a fermo» ha spiegato il capo della Squadra Mobile di Cosenza, Gabriele Presti. La donna, finta infermiera, avrebbe simulato per nove mesi una gravidanza e una settimana prima aveva postato sui social di aver partorito una bambina. Quando le forze dell’ordine hanno rintracciato la piccola, era nei pressi della casa segnalata, che era stata addobbata come per la nascita di un bambino.
In queste ore la giovane mamma ha trovato la forza di scrivere un post su Facebook con la foto della famiglia riunita, dopo la paura, per ringraziare tutta la Calabria che si è mossa per la sua bambina. «Mi state scrivendo in migliaia, da ogni parte dell’Italia. Vorrei rispondere singolarmente a tutti ma non riesco. Questa è la nostra famiglia che ieri sera si stava sgretolando in mille pezzi» ha scritto su Facebook. Nel post ha pubblicato anche una foto della piccola con il fratellino di sei anni. «Le forze dell’ordine hanno fatto un lavoro eccezionale, mentre io avevo perso le speranze un intera città anzi Regione si è bloccata per cercare la nostra bambina» si legge ancora nel post della donna. «Non penso che riuscirò mai a superare questa cosa, ma il lieto fine è che Sofia sta bene. Grazie grazie grazie a tutti vorrei abbracciare ogni singola persona. Una mamma e un papà che ieri sono morti e risorti». Finalmente una vicenda a lieto fine.

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Intelligenza artificiale, Siri “Essere umano deve restare al centro”

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ROMA (ITALPRESS) – “Perchè non mi piaccio? Perchè non mi fido dei politici? Perchè non siamo felici?”. Sono solo alcuni dei quesiti cui Armando Siri, consigliere economico del vicepremier Matteo Salvini ed ex sottosegretario ai Trasporti, prova a dare un proprio punto di vista nel suo ultimo libro, intitolato “A tutto c’è un perchè. Le 99 risposte che l’intelligenza artificiale non ti può dare”. L’esponente leghista, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica Primo Piano dell’agenzia Italpress, parte dal libro per tracciare una sua visione a tutto tondo non solo dell’impatto dell’intelligenza artificiale sull’essere umano, ma anche dell’avvento bis di Donald Trump alla Casa Bianca e sulla situazione dei trasporti in Italia.
Le risposte che Siri cerca di dare nel libro sono prevalentemente di carattere esistenziale, ma c’è una grande attenzione all’attualità e alla dimensione sociale. L’ex sottosegretario sottolinea come “il libro sia un manualetto in cui ogni domanda e risposta occupa in media una pagina o poco più. Tutto è partito da una suggestione ricevuta dai ragazzi della scuola di formazione politica: gran parte dei quesiti non c’entra nulla con la politica, anche se alla fine si potrebbe dire che tutto è politica, ma si tratta piuttosto di domande di carattere sia personale che sociale”. Curiosa anche la scelta del numero 99, motivata dallo stesso Siri con la volontà di “dire che non si può rispondere a tutto, ma ci si può chiedere di tutto: chi legge si accorgerà che c’è sempre un buon motivo per continuare a leggere”.
Al centro del libro c’è naturalmente l’intelligenza artificiale, ormai diffusa e in lungo e in largo ma pur sempre tema di dibattito tra chi ne percepisce gli effetti positivi e chi la teme. Il consigliere di Salvini si sofferma sull’approccio diverso tra giovani e meno giovani: “Per un ragazzo di 15, 16, 17 anni l’intelligenza artificiale è un modo abbastanza facile per risolvere i problemi, mentre un uomo adulto la vede con più inquietudine: nessuna macchina può essere intelligente ma solo efficiente, quindi c’è già un equivoco di base, ovvero voler consegnare all’esterno facoltà esclusive all’essere umano. E’ rischioso delegare troppe funzioni all’algoritmo”.
Per quanto riguarda il ritorno alla presidenza Usa di Trump, Siri focalizza l’attenzione su un aspetto a suo dire curioso: “Il 99% dei miliardari presenti al suo insediamento erano quelli che fino a poco prima gli avevano fatto la guerra, ad esempio bloccando i suoi post sui vari social, mentre ora sono tornati a corte nel vederlo con un ruolo di governo”. La forza del tycoon, secondo l’esponente leghista, è stata quella di “portare avanti la sua visione del mondo, che è stata premiata dal popolo americano”.
Guardando al versante italiano, l’aspetto al centro della riflessione di Siri è quello del trasporto ferroviario, finito al centro delle cronache recenti sia per i ritardi che per i presunti sabotaggi: “Gli ultimi episodi sui treni sono legati ad attività ai limiti del criminale – sottolinea -. E’ chiaro che la rete ferroviaria è abbastanza obsoleta, ma dall’arrivo di Salvini al ministero sono stati fatti una serie di investimenti”.

– Foto Italpress –

(ITALPRESS).

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Il Pentagono invierà 1500 soldati al confine con il Messico

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WASHINGTON (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Secondo quanto dichiarato dai funzionari statunitensi, il Pentagono inizierà a schierare fino a 1500 soldati in servizio attivo per contribuire a proteggere il confine meridionale nei prossimi giorni. Si tratta di uno dei primi provvedimenti istituzionali dall’insediamento di Trump, che fin dal giorno del suo giuramento ha esposto degli ordini esecutivi ben precisi per reprimere l’immigrazione. Il segretario alla Difesa Robert Salesses avrebbe dovuto firmare gli ordini di schieramento mercoledì, ma non era ancora chiaro quali truppe o unità si sarebbero dovute recare al confine. Il provvedimento cambierà radicalmente il ruolo delle truppe americane per la prima volta dopo decenni. Le forze in servizio attivo si unirebbero alle circa 2500 forze della Guardia Nazionale e della Riserva degli Stati Uniti già presenti. L’obiettivo dei soldati sarà quello di supportare gli agenti della pattuglia di confine, con logistica, trasporto e costruzione di barriere. L’atteso provvedimento, messo in atto già nei primi giorni del secondo mandato di Trump, rappresenta un primo passo di un piano pubblicizzato a lungo dal magnate durante la campagna elettorale, che prevede proprio lo schieramento lungo il confine. In uno dei suoi primi provvedimenti di lunedì, Trump ha ordinato al segretario alla Difesa di elaborare un piano per “sigillare i confini” e respingere “l’immigrazione di massa illegale”. Martedì, proprio mentre Trump licenziava il comandante della Guardia Costiera, l’ammiraglio Linda Fagan, il servizio ha annunciato che avrebbe inviato più navi, aerei e personale nel Golfo del Messico, ribattezzato da Trump come “Golfo d’America” durante il suo discorso di insediamento: “Dichiarerò un’emergenza nazionale al nostro confine meridionale. Tutti gli ingressi illegali saranno immediatamente bloccati e inizieremo il processo di rimpatrio di milioni e milioni di immigrati clandestini nei luoghi da cui sono arrivati”, ha affermato Trump durante la cerimonia di inaugurazione nella Rotonda del Campidoglio. Dagli anni Novanta, il personale militare è stato inviato al confine quasi ininterrottamente per contribuire a contrastare i fenomeni di migrazione, traffico di droga e criminalità transnazionale. Negli ordini esecutivi firmati lunedì, Trump ha suggerito che l’esercito aiuterà il Dipartimento della sicurezza interna con “spazi di detenzione, trasporti aerei e altri servizi logistici”.
Nel suo primo mandato, Trump ordinò alle truppe in servizio attivo di recarsi al confine in risposta a una vasta quantità di migranti che si stava lentamente facendo strada negli Stati Uniti attraverso il Messico dal 2018. Oltre 7000 truppe in servizio attivo furono inviate in Texas, Arizona e California, tra cui la polizia militare, un battaglione di elicotteri d’assalto, varie unità di comunicazione, mediche e di quartier generale, ingegneri di combattimento, pianificatori e unità di affari pubblici. (ITALPRESS).

Foto: xp6

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