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Cronaca

W7 e Deloitte, l’IA può favorire la parità di genere in azienda

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CAGLIARI (ITALPRESS) – Nonostante il 42% della forza lavoro globale sia costituito da donne, solo il 25% di esse occupa posizioni apicali, ma l’utilizzo dell’IA può contribuire a ridurre il gender gap in azienda, specialmente nei processi di recruiting, formazione e remunerazione. Questo quanto emerge dal Position Paper “IA e Lavoro Femminile: Verso una Nuova Era di Inclusione ed Equità” che è stato presentato nell’ambito della Riunione dei Ministri del Lavoro e dell’Occupazione del G7 a Cagliari. Il documento, elaborato nell’ambito del Women 7 (W7) da Deloitte in qualità di unico knowledge partner, mette in luce le sfide e le opportunità per le donne nel mercato del lavoro, in un’epoca segnata dall’avvento dell’Intelligenza Artificiale (IA) e dalla trasformazione digitale. All’evento di Cagliari hanno partecipato la delegazione W7 e le Co-Chairs Martina Rogato e Claudia Segre per rappresentare le istanze del comunicato ufficiale e proseguire l’impegno di advocacy per la società civile inerente la parità di genere nell’ambito del mondo del lavoro.
“L’Intelligenza Artificiale potrebbe esacerbare alcune disparità, rafforzando stereotipi di genere e pregiudizi impliciti se non gestita in modo appropriato”, afferma Fabio Pompei, CEO di Deloitte Central Mediterranean. “Al contrario, un uso consapevole e responsabile dell’IA potrebbe contribuire a ridurre il divario di genere, rendendo i processi di assunzione più inclusivi, personalizzando la formazione professionale e garantendo maggiore equità retributiva – aggiunge -. L’IA potrebbe diventare un fattore abilitante per migliorare le condizioni di lavoro delle donne, riducendo le discriminazioni e promuovendo una cultura aziendale più equa e inclusiva”.
Tra le iniziative per sostenere una transizione giusta verso un mercato del lavoro più equo e inclusivo, emerge la necessità di promuovere l’alfabetizzazione digitale e delle competenze STEM e di garantire trasparenza e controllo nei sistemi di IA.
“Rafforzare le competenze digitali delle donne, con particolare attenzione ai settori tecnologici e all’IA, è essenziale per garantire una partecipazione paritaria nei settori emergenti – prosegue Pompei -. Coinvolgere le figure professionali femminili nella definizione delle politiche educative e del lavoro, assicurare la loro presenza nei processi decisionali promuovendo l’upskilling e il reskilling attraverso programmi specifici, è cruciale. Infine, per prevenire bias e discriminazioni in ambito IA, è necessario sviluppare algoritmi trasparenti e garantire un monitoraggio costante dei dati utilizzati”.
Come sottolineato da Annamaria Tartaglia, Co-Chair del W7, “la transizione verso un futuro del lavoro più inclusivo ed equo non può prescindere dall’integrazione delle donne nei processi decisionali e tecnologici. In un mondo in cui l’Intelligenza Artificiale ridefinisce le dinamiche lavorative, è imperativo che questa trasformazione non amplifichi le disuguaglianze esistenti, ma le attenui. L’AI, se guidata da una prospettiva antropocentrica e supportata da politiche attive, può diventare uno strumento potente per eliminare i pregiudizi di genere e garantire una piena valorizzazione del potenziale femminile, favorendo così una crescita economica e sociale sostenibile”.

– Foto ufficio stampa Deloitte –

(ITALPRESS).

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IN ITALIA OLTRE 500MILA PERSONE CONVIVONO CON L’EPILESSIA, FONDAMENTALE PARLARNE

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MILANO (ITALPRESS) – L’epilessia è una condizione neurologica caratterizzata dalla tendenza a sviluppare crisi epilettiche ricorrenti, cioè episodi improvvisi dovuti a un’attività elettrica anomala e improvvisa delle cellule cerebrali: le crisi possono assumere forme differenti, da brevi assenze o sensazioni insolite fino a movimenti involontari più evidenti e perdita di coscienza. La loro durata è generalmente limitata a pochi secondi o minuti e nella maggior parte dei casi si risolve spontaneamente. L’incidenza dell’epilessia varia molto con l’età: secondo i dati raccolti dalla Lega italiana contro l’epilessia, ci sono 86 nuovi casi per 100mila individui nel primo anno di vita e 180 nuovi casi per 100 mila dopo i 75 anni.
“L’epilessia è una condizione cronica del cervello in cui i neuroni hanno una certa facilità a fare un’attività elettrica anormale, che determina questi momenti di crisi epilettiche. Si tratta di una situazione che si ripete spontaneamente: spesso si pensa alle convulsioni come tipo di crisi, ma ci sono anche cose molto brevi”, ha dichiarato Maria Paola Canevini, docente di Neuropsichiatria infantile all’Università degli Studi di Milano, intervistata da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
(ITALPRESS) – (SEGUE).

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IN ITALIA OLTRE 500MILA PERSONE CONVIVONO CON L’EPILESSIA, FONDAMENTALE PARLARNE-2-

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Per un medico che si trova a fronteggiare una crisi epilettica è fondamentale, spiega Canevini, “avere un racconto di cosa prova il paziente e cosa hanno visto i testimoni: riuscire a fare una diagnosi precisa è più semplice con gli strumenti che abbiamo adesso, ovvero l’encefalografia, la risonanza magnetica dell’encefalo e la genetica. Il 70% dei pazienti sono controllati benissimo con la terapia che assumono e non hanno crisi, però ci sono anche epilessie difficili da curare: abbiamo bisogno di cure multidisciplinari e integrate, che tengano conto di tutti gli aspetti che possono influire sulla qualità di vita dei pazienti”.
Scenari legati all’epilessia, aggiunge, si possono presentare “a tutte le età. La prima crisi può avvenire in età infantile, ma anche negli over 65: sono queste le due fasi con il maggiore picco di incidenza. Le cause sono tantissime, ma in ogni caso si verifica una ipereccitabilità dei neuroni e delle cellule celebrali: di fatto si configura una scarica elettrica anormale, che dà queste manifestazioni comportamentali. Tantissime persone convivono con l’epilessia in Italia e nel mondo: nel nostro paese si calcola che siano circa 500-600mila, ma il numero è più alto nei paesi in via di sviluppo, in cui ci sono cause che possono determinare un’epilessia con maggiore frequenza; laddove ad esempio ci sono le guerre si configurano più spesso lesioni cerebrali”.
(ITALPRESS) – (SEGUE).

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L’analisi di Canevini si sofferma poi su due aspetti: possibili restrizioni per i pazienti e stigma sociale. Le prime, sottolinea, “nella maggior parte dei casi sono davvero poche, perchè quando riusciamo ad avere una terapia in grado di controllare completamente le crisi le persone possono fare una vita normale: ci sono chiaramente situazioni in cui bisogna fare attenzione ai rischi che possono derivare da una crisi con perdita di coscienza, perchè non siamo riusciti a controllarla. L’epilessia fa un pò paura, perchè si porta dietro una storia di stigma: parlarne è fondamentale proprio per provare a ridurre questo stigma. Sicuramente sono stati fatti diversi passi avanti negli ultimi 20-30 anni: prima le persone non raccontavano questo tipo di episodi ai loro amici per paura di essere discriminati, addirittura si pensava che chi avesse l’epilessia potesse fare cose strane; in Africa, dove capita che vado a lavorare, ci sono ancora credenze di questo tipo, mentre in Italia e in Europa vediamo molto raramente una reticenza dei pazienti nel raccontare il problema”.
(ITALPRESS) – (SEGUE).

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