Cronaca
Conte “Juve osso duro, noi avanti nel nostro percorso”
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9 mesi fa-
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Redazione
CASTEL VOLTURNO (ITALPRESS) – “Napoli-Juve non è normale per i napoletani? Ho percepito che anche Atalanta-Napoli non è normale come col Verona e con la Roma. Per tante cose non è che ci sia una partita in particolare. Noi dobbiamo considerare ogni partita la partita. Racchiude i tre punti, bisogna continuare a mettere fieno in cascina. Sono gare come quella di Bergamo che servono per l’autostima, la fiducia. Per capire a che punto stiamo. Sapendo che l’indice di difficoltà è altissimo. La Juve è un osso duro e non a caso non ha mai perso”, l’ha detto Antonio Conte all’antivigilia della sfida con la Juventus in programma sabato al Maradona. “Il mercato? Ogni finestra può migliorare. Se non adesso o a giugno, si dovrà fare. Vogliamo tornare in Europa e quando sarà il momento affronteremo il discorso. Se la campagna acquisti è fatta bene ti può migliorare. Quella dell’estate sarà per tanti anni. Significa mettere delle basi e su queste basi crescere e mettere dei pezzi. Siamo stati bravi perchè non è mai semplice mettere dentro calciatori e non sbagliarli. Basta pensare il mercato di due anni fa, sono stati spesi cento milioni, ma alla fine tutti sono andati via in prestito. I soldi vanno spesi bene”, ha specificato Conte che rimanendo in tema di rinforzi dice: “Sono venuto al Napoli per dare una mano al presidente in un momento di difficoltà. E’ tutto molto chiaro, con questi ragazzi possiamo andare in guerra. Se arriverà qualcuno, ben venga. Se non viene nessuno, pedaliamo sapendo che in futuro questa è una rosa che verrà rinforzata. Se entreremo in Europa oggi siamo pochi”, ha spiegato il tecnico degli azzurri che torna sulla Juventus, una società e una squadra che hanno fatto parte della sua vita. “Da calciatore sono arrivato nel ’91 alla Juventus, ora sono passati 14 anni da quando ho iniziato ad allenare i bianconeri. Tra giocatore e allenatore sono stato lì 16 anni. Gran parte della mia vita calcistica è stata juventina. E’ stata una grandissima esperienza e un grande insegnamento. Cerco di essere migliore non solo rispetto ai tempi dalla Juventus ma sempre in generale, perchè abbiamo il dovere di cercare di migliorarci. Ora sono molto più completo. Ho 55 anni, ho avuto esperienze importanti. Sono stato anche ct, ma bisogna continuare a evolversi. C’è da gestire un gruppo psicologicamente e umanamente. Non bisogna mai sentirsi appagati ma cercare l’eccellenza”. La cerca per se stesso, ma soprattutto per le sue squadre, quindi per il suo Napoli. “Dobbiamo continuare il nostro percorso. Non possiamo pensare di essere alla fine dopo sei mesi. Significa non dare reale valore al tempo e al lavoro. Bisogna aspettare e proseguire il percorso augurandoci che sia il più lungo possibile. Mancano delle cose. Non sto qui a dirlo. Anche se abbiamo viaggiato spediti, non ti puoi alzare dall’oggi al domani e dire sono pronto a vincere. Questo manca – ha aggiunto Conte -. Stiamo continuando a lavorare per tirare fuori il meglio da noi stessi. Sarà per un pizzico d’esperienza che ho, ma voglio andare avanti molto cauto. Abbiamo bisogno di altri step. Ci vuole tempo e pazienza, piaccia o non piaccia”. La classifica dice che il Napoli è primo con 50 punti, la Juve quinta con 37 e a -13 dagli azzurri. “Partiamo dal presupposto che è imbattuta. Nessuna l’ha battuta, quindi non ci sono demeriti. Poi magari alcuni pareggi potevano essere delle vittorie e si è creato questo distacco. Non dimentichiamo che l’anno scorso c’è stato un netto divario. Ci dimentichiamo come stavamo rispetto all’Inter, al Milan e all’Atalanta. Ogni tanto ricordiamocelo. Diciamo che il gap rispetto all’anno scorso oggi ce lo siamo dimenticati tutti”. Il popolo azzurro lo ha conquistato da tempo, lui così come la squadra, basta pensare a come sono stati salutati prima di partire per Bergamo e come sono stati accolti al rientro. “L’abbraccio dei tifosi e il megafono? Io non ho preso il megafono, mi è stato dato. Qualcuno ci ha anche scherzato. Mi hanno chiesto di dire due parole. Ma siccome penso che al giorno d’oggi ringraziare sia fondamentale, era il minimo farlo. Saremmo ancora a Capodichino se non avessi detto qualcosa al megafono. Sono situazioni che ti fanno percepire dove sei, che passione c’è e come viene vissuto il calcio. Sono cose che ti porterai sempre dentro”, ha sottolineato Conte.
– Foto Ipa Agency –
(ITALPRESS).
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MILANO (ITALPRESS) – Il lavoro di cura è al centro di una crisi silenziosa, ma sempre più urgente. A rilanciare una questione cruciale per il Paese è stato l’evento “Prendersi cura di chi cura”, promosso a Milano da Fondazione Cariplo in collaborazione con Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore per discutere le difficoltà nel reperire e trattenere professionisti qualificati nei servizi del Terzo Settore.
Il Quaderno di ricerca n.52, curato dall’Evaluation Lab di FSVGDA, fotografa infatti un mercato del lavoro in forte tensione: da un lato, la domanda di psicologi, educatori e assistenti sociali è in costante crescita; dall’altro, l’offerta fatica a tenere il passo, complici il fabbisogno di personale del settore pubblico e condizioni contrattuali spesso poco attrattive.
Nonostante un aumento del 30% delle iscrizioni universitarie nei corsi di laurea legati alle professioni di cura negli ultimi dieci anni (fa eccezione il settore socio-assistenziale che registra, a partire dal 2020, una diminuzione di circa il 10%), il Terzo Settore fronteggia grosse difficoltà. I dati evidenziano chiaramente le problematicità: stipendi più bassi, carichi di lavoro elevati, limitate prospettive di crescita e una percezione sociale ancora debole del “valore della cura” rendono complesso attrarre giovani professionisti e trattenere personale con esperienza.
Durante l’evento, articolato in tre panel, sono stati discussi i dati raccolti nella ricerca e sono emerse proposte concrete: al di là del nodo di fondo dell’aumento delle retribuzioni, si possono migliorare le condizioni contrattuali, investire in campagne di sensibilizzazione e i programmi di formazione continua, costruire alleanze tra università, enti del Terzo Settore e istituzioni. L’obiettivo? Ridare dignità e attrattività a un insieme di professioni che sono il pilastro del welfare e specchio della nostra capacità di prenderci cura gli uni degli altri.
Tre panel hanno scandito il ritmo dell’incontro, offrendo uno sguardo plurale e approfondito sulle sfide del lavoro di cura. Il primo, “Un valore (s)conosciuto”, ha affrontato le dimensioni culturali, economiche e di genere del lavoro sociale, con interventi di Barbara Da Roit (Università Cà Foscari Venezia), Stefano Granata (Confcooperative Federsolidarietà), Paolo Dell’Oca (Fondazione Archè) e Matilde Zanni (Consorzio dei Servizi Sociali del Verbano). Il secondo, “Dal sapere al saper fare”, ha ragionato sullo sviluppo di competenze specialistiche e trasversali tra formazione accademica e mondo del lavoro, con contributi di Elena Luciano (Università di Milano-Bicocca), Eleonora Cortesi (Consorzio Consolida), Salvatore Semeraro (Consorzio SiR) e Ilaria Botta (Consorzio Il Filo da Tessere). Il terzo, “Utili in tempo utile”, ha messo al centro il protagonismo giovanile e la necessità di transizioni generazionali nelle organizzazioni, con Francesca Gennai (Consorzio Nazionale CGM), Paolo Tartaglione (CNCA Lombardia), Rossana Aceti (Cooperativa Il Pugno Aperto) e Simone Buzzella (Cooperativa Sineresi).
“Il welfare sociale presenta, da tempo, diverse fragilità dovute ad una pluralità di fattori, tra cui l’insufficiente finanziamento, la presenza di forti diseguaglianze territoriali in termini di servizi, il forte squilibrio nell’uso delle risorse destinate più a favore dei trasferimenti monetari piuttosto che al finanziamento dei servizi, un’impostazione che risale a decenni fa e non in grado di rispondere ai cambiamenti demografici e sociali del Paese – afferma Valeria Negrini, Vice Presidente Fondazione Cariplo -. Contemporaneamente questa fragilità mette sempre in maggior evidenza la funzione ed il senso del welfare, come presidio di diritti fondamentali quali la salute e il benessere collettivo della comunità. La necessità di ripensare il nostro modello di welfare intreccia profondamente anche la necessità di ripensare il lavoro educativo e di cura; una sfida che è sia culturale che professionale. Richiede infatti competenze trasversali, in grado di tenere insieme sapere tecnico, sensibilità sociale e visione comunitaria. Nonostante ciò, una percentuale molto alta dei laureati in queste professioni – in gran parte donne – continua a operare in contesti poco valorizzati e mal retribuiti”.
“Nel Terzo Settore – aggiunge – il turnover giovanile raggiunge il 35,8%, segno di una crescente frustrazione. Fondazione Cariplo mira a diffondere una nuova visione del lavoro, che metta al centro il valore umano e sociale del prendersi cura. Riconoscere la portata trasformativa di queste professioni è il primo passo per restituire dignità, riconoscimento e prospettive a chi costruisce quotidianamente coesione e benessere collettivo”.
Fondazione Cariplo ha annunciato l’intenzione di proseguire il lavoro avviato con il Quaderno, continuando il suo impegno sul capacity building e sviluppo organizzativo grazie al Bando Riprogettiamo il futuro, promuovendo una nuova narrazione sul lavoro sociale e sostenendo azioni sperimentali per rafforzare la sostenibilità organizzativa delle realtà non profit.
– foto Italpress –
(ITALPRESS).

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