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Economia

Nel 2023 reddito disponibile del Nord supera del 30% il Sud

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ROMA (ITALPRESS) – Nel 2023 secondo i dati Istat, il Pil in volume a livello nazionale è aumentato dello 0,7% rispetto all’anno precedente. Il Mezzogiorno ha mostrato la crescita più rilevante (+1,5%), sostenuta dalla forte dinamica registrata nei settori delle Costruzioni (+7,3%) e dei Servizi finanziari, immobiliari e professionali (+2,8%). Nel Nord-ovest il Pil è aumentato dello 0,7%, in linea con l’andamento medio nazionale, nel Nord-est ha registrato una modesta crescita, pari allo 0,4%, mentre sostanzialmente stabile è risultato nel Centro (+0,3% rispetto al 2022). Nel 2023, i consumi finali delle famiglie sono cresciuti in volume dell’1,0% a livello nazionale.
Le dinamiche nelle ripartizioni sono piuttosto simili, con incrementi di poco superiori alla media nazionale nel Centro e nel Nord-est (+1,1% rispetto al 2022) e leggermente inferiori nel Mezzogiorno (+0,9%). Nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie è cresciuto in valori correnti del 4,9% a livello nazionale. L’incremento più significativo si è osservato nel Nord-Ovest (+5,7% rispetto al 2022), quello più contenuto nel Centro (+3,9%). Sostanzialmente in linea con la media nazionale sono state le dinamiche del reddito disponibile nel Nord-est e nel Mezzogiorno (rispettivamente, +5,1% e +4,7%). Con 44,7mila euro nel 2023 (41,8mila euro nel 2022), il Nord-ovest resta la ripartizione con il Pil per abitante più elevato (misurato in termini nominali). Seguono il Nord-est, con 42,5mila euro (39,9mila nel 2022) e il Centro, con 38,6mila euro (36,6mila nel 2022). Il Mezzogiorno si conferma ultimo, con 23,9mila euro (22,3mila nel 2022), e si amplia ulteriormente il divario con il Centro-nord: la differenza del Pil per abitante nel 2023 sale a 18,3mila euro, dai 17,4mila euro del 2022 (era 16,2mila euro nel 2021). La graduatoria regionale vede in prima posizione la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, con un Pil per abitante di 59,8mila euro, seguita da Lombardia (49,1mila euro), Provincia autonoma di Trento (46,4mila euro) e Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste (46,3mila euro). Nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici, misurato a prezzi correnti, ha segnato per il complesso dell’economia nazionale un incremento del 4,9% rispetto al 2022. Più pronunciata della media nazionale è risultata la crescita nel Nord-ovest (+5,7%), con aumenti superiori alla media nazionale in tutte le regioni: in Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste, Piemonte e Lombardia il reddito disponibile è aumentato del 5,7% e in misura lievemente più contenuta in Liguria (+5,3%).
Nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie per abitante del Mezzogiorno (17,1mila euro annui) si conferma il più basso del Paese: la distanza da quello del Centro-nord (25mila euro annui) supera il 30%.
(ITALPRESS).
-Foto: Agenzia Fotogramma-

Economia

Orsini “Piano da 8 mld per le imprese. Nucleare? Serve correre”

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RAPALLO (GENOVA) (ITALPRESS) – Azioni “forti” e “subito”, a partire da un piano da 8 miliardi in tre mosse per convincere le imprese a investire. E poi “correre velocemente” sul nucleare, che non può essere “un tema politicizzato”, perché il grande tema oggi è l’incertezza, compresa quella energetica. Sono le priorità delineate da Emanuele Orsini, presidente nazionale di Confindustria, che ha chiuso oggi il 54esimo convegno dei Giovani Imprenditori a Rapallo.

“Oggi il vero tema è l’incertezza – esordisce Orsini -. In questi scenari di incertezza è ovvio che le nostre imprese sono in difesa e guardano gli investimenti con attenzione. Oggi chiedere di investire è come se chiedessimo a un cassintentegrato di comprare un’auto nuova. Bisogna dare un overboost perché tornino a investire”. Tornano a crescere le preoccupazioni per l’energia, soprattutto dopo l’escalation in Medio Oriente. E allora il presidente degli industriali dalla Liguria lancia un appello chiaro: “Basta dire no al nucleare. Serve essere veloci, se partiamo oggi saremo pronti in sette anni. Se diventa politicizzato diventa un problema, è responsabilità sociale anche dei partiti dire che quella è la via. Ci sono capitoli in questo Paese in cui o si va tutti insieme o non si faranno”.

Sull’automotive “abbiamo fatto un disastro – punta il dito Orsini -. Il primo nostro prodotto abbiamo detto che non lo vogliamo più produrre. Io non sono contro l’auto elettrica, io sono contrario a eliminare tecnologie per norma. La cessione dei crediti di carbonio nasce su ragionamenti nobili, ma se diventano speculazioni non funzionano. Non è questa l’Europa che ci aspettiamo”. Le proposte per dare un “overboost” alle aziende si articolano su tre azioni: “Prendiamo i fondi di coesione, rimoduliamo pezzi di quote del Pnrr, velocizziamo i contratti di sviluppo, perché non si può pensare che per fare un’istruttoria servano due anni e mezzo o tre. Abbiamo proposto un piano da 8 miliardi utilizzando queste tre vie per dare spinta agli investimenti ed essere più performanti. Lo abbiamo dimostrato post Covid: le nostre imprese erano pronte, erano trasformate, hanno saputo aumentare la produttività del 20%”. Poi, in vista dell’incontro coi sindacati del 26 giugno: “Non li ho visti di fianco a noi in Europa a proteggere le nostre imprese su temi fondamentali come l’automotive, la mancanza di competitività. Siccome difendiamo imprese, quindi lavoro e famiglie, mi auguro che su questi capitoli centrali per tutti il sindacato sia con noi”.

LA PROPOSTA DI TASCA

In tema di energia, a proporre la sua ricetta è Roberto Tasca, presidente di A2A, che avverte: “Se vogliamo raggiungere una sicurezza nell’immediato, l’unica cosa che possiamo fare è utilizzare i mezzi che abbiamo a disposizione, in particolare sole e vento”. Il modello è quello della Spagna che “oggi ha il costo di produzione dell’energia più basso in Europa, con lo stesso sistema di mercato. La Spagna ha una quota limitata di nucleare, noi abbiamo rinunciato al nucleare negli anni Ottanta, però la Spagna ha raggiunto i costi più bassi di produzione dell’energia”.

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Di certo le sirene sul fronte orientale non lasciano tranquilli: “La nostra autonomia energetica è messa ancora alla prova. È chiaro che la sostituzione del gas con lo spegnimento della Russia e la sostituzione progressiva di Algeria e Azerbaigian oggi ha un ulteriore elemento di problematicità: la fornitura dalla Libia si sta spegnendo e quello che sta accadendo in questi giorni sicuramente non alimenterà ulteriormente le forniture di Gnl che sono sostanziali per i nostri approvvigionamenti”.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Economia

Tassi a breve termine in calo nella prima parte del 2025

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ROMA (ITALPRESS) – Da ottobre 2023, i tassi di mercato sono progressivamente diminuiti a seguito dei tagli della BCE. Nella prima parte del 2025 i tassi a breve termine si sono ulteriormente ridotti, non altrettanto quelli a lungo termine. È quanto emerge dal Rapporto mensile dell’Associazione Bancaria Italiana.

Nei primi 12 giorni di giugno 2025 il tasso Euribor a 3 mesi è stato in media dell’1,96%, in calo di 13 punti base rispetto a maggio 2025 (2,09%) e inferiore di 88 punti base rispetto a dicembre 2024 (2,84%). Il tasso lordo dei BOT a sei mesi è stato in media dell’1,93% in calo di 1 punto base rispetto a maggio (1,94%) e inferiore di 69 punti base rispetto a dicembre 2024 (2,62%).

Il tasso IRS a 10 anni (molto usato nei mutui) è stato in media del 2,55% sostanzialmente stabile rispetto a maggio (2,54%) e in aumento di 32 punti base rispetto a dicembre 2024 (2,23%). Il tasso lordo dei BTP a 10 anni è stato in media del 3,49% in calo di 12 punti base rispetto a maggio (3,61%) e in aumento di 15 punti base rispetto a dicembre 2024 (3,34%).

A maggio 2025 il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è sceso al 3,64% dal 3,77% del mese precedente e dal 5,45% di dicembre 2023; il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è sceso al 3,19% dal 3,27% del mese precedente (4,42% a dicembre 2023); il tasso medio sul totale dei prestiti (quindi sottoscritti negli anni) è sceso al 4,07% dal 4,14% del mese precedente.

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Il tasso praticato sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) a maggio 2025 è stato il 2,32%. Ad aprile tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 2,31%; area dell’euro 2,10%). Rispetto a giugno 2022, (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi BCE) quando il tasso era dello 0,29%, l’incremento è stato di 203 punti base. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso a maggio 2025 è stato il 2,30%, con un incremento di 99 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%.

A maggio 2025 il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato lo 0,69% (0,73% nel mese precedente; 0,32% a giugno 2022). Il tasso sul conto corrente, che non ha la funzione di investimento e permette di utilizzare una moltitudine di servizi, a maggio 2025 era lo 0,32% (0,33% nel mese precedente; 0,02% a giugno 2022).

Il margine (spread) sulle nuove operazioni (differenza tra i tassi sui nuovi prestiti e la nuova raccolta) con famiglie e società non finanziarie a maggio 2025 è di 189 punti base. La raccolta indiretta, cioè gli investimenti in titoli custoditi presso le banche, presenta un incremento di 121,4 miliardi tra aprile 2024 e aprile 2025 (26,2 miliardi famiglie, 16,1 miliardi imprese e il restante agli altri settori, imprese finanziarie, assicurazioni, pubblica amministrazione).

La raccolta diretta complessiva (depositi da clientela residente e obbligazioni) a maggio 2025 è risultata in aumento del 2,9% su base annua, proseguendo la dinamica positiva registrata da inizio 2024 (+1,6% nel mese precedente). A maggio 2025 i depositi, nelle varie forme, sono cresciuti del 3,5% su base annua (+1,9% il mese precedente). La raccolta a medio e lungo termine, tramite obbligazioni, a maggio 2025 è diminuita dell’1,3% rispetto ad un anno prima (-0,6% nel mese precedente).

A maggio 2025, l’ammontare dei prestiti a imprese e famiglie è rimasto sostanzialmente stabile rispetto ad un anno prima (+0,3% nel mese precedente; cfr. Tabella 4); ad aprile 2025 i prestiti alle imprese erano diminuiti dello 0,8% mentre quelli alle famiglie erano cresciuti dell’1,3%.

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Ad aprile 2025 i crediti deteriorati netti (cioè l’insieme delle sofferenze, inadempienze probabili ed esposizioni scadute e/o sconfinanti calcolato al netto delle svalutazioni e degli accantonamenti già effettuati dalle banche) sono diminuiti a 31,1 miliardi di euro, da 31,3 miliardi di dicembre 2024 (30,5 miliardi a dicembre 2023). Rispetto al loro livello massimo, 196,3 miliardi raggiunti nel 2015, sono in calo di oltre 165 miliardi.

Ad aprile 2025 i crediti deteriorati netti rappresentavano l’1,50% dei crediti totali. Tale rapporto è lievemente inferiore rispetto a dicembre 2024 (1,51%; 1,41% a dicembre 2023; 9,8% a dicembre 2015).

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS)

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Economia

Banca d’Italia, con l’aumento dei dazi impatto sulla crescita del Pil nel prossimo triennio

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ROMA (ITALPRESS) – Secondo le proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel triennio 2025-27 elaborate dagli esperti della Banca d’Italia, l’inasprimento delle politiche commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea potrebbe penalizzare in misura marcata l’attività economica e in particolare le vendite all’estero e gli investimenti, specie se si accompagnasse al permanere di condizioni di elevata incertezza.

Qualora il livello dei dazi aumentasse ai valori annunciati il 2 aprile e l’incertezza si mantenesse elevata, la crescita del prodotto potrebbe ridursi rispetto a quella dello scenario di base di circa due decimi di punto percentuale nell’anno in corso e fino a circa mezzo punto percentuale all’anno nel prossimo biennio. L’impatto complessivo sul prodotto nell’arco del triennio sarebbe analogo a quello stimato dalla Bce per l’area dell’euro. 

Per contro, una crescita maggiore potrebbe derivare da effetti più pronunciati dell’aumento delle spese per la difesa e le infrastrutture a livello europeo o da un esito delle trattative sulle politiche commerciali più favorevole di quello implicito nello scenario di base. Per quanto concerne l’inflazione, eventuali aumenti ritorsivi dei dazi da parte dell’Unione europea potrebbero esercitare temporanee spinte al rialzo, i cui effetti sarebbero più che compensati nel medio termine da quelli di segno opposto dovuti a un marcato e persistente deterioramento della domanda aggregata.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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