Economia
Vinitaly, Intesa Sanpaolo Credito e presenza Internazionale al servizio degli operatori
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3 mesi fa-
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Redazione
VERONA (ITALPRESS) – In occasione del Vinitaly, la Direzione Agribusiness di Intesa Sanpaolo ha organizzato martedì 8 aprile l’incontro “Governare l’incertezza. Strategie per il futuro dell’agroalimentare”, per offrire alle imprese una visione strategica e strumenti pratici nella gestione dei rischi.
Massimiliano Cattozzi, responsabile della Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo, ha dichiarato: “Per il quarto anno siamo al Vinitaly offrendo valore e concretezza alla costruzione del futuro delle nostre 7.000 aziende vitivinicole clienti. Il settore agroalimentare, e in particolare quello vitivinicolo, si trova ad affrontare sfide decisive legate all’internazionalizzazione, alla sostenibilità, alla digitalizzazione e al ricambio generazionale. Per questo oltre agli strumenti finanziari, con quasi 7 miliardi di euro di erogazioni dalla costituzione nel 2021 della Direzione Agribusiness, mettiamo a disposizione tutte le competenze che può offrire il nostro Gruppo in ambito assicurativo, corporate e sulla gestione del rischio d’impresa, che rappresenta una componente inevitabile e un indicatore di un contesto in movimento. Oggi le aziende necessitano di visione, protezione e capacità di adattamento. Un’attenta pianificazione e una consulenza specializzata, grazie agli strumenti messi in campo, consentono di navigare in questo scenario complesso e, in definitiva, di trasformare l’incertezza in opportunità di crescita“.
La Direzione Agribusiness conta 250 punti operativi di cui 95 filiali nel territorio nazionale, circa 1.100 specialisti e offre soluzioni finanziarie e consulenza a 360 gradi alle imprese agroalimentari. Particolare l’attenzione posta alle oltre 7.000 aziende clienti del comparto vitivinicolo, uno dei simboli più potenti del Made in Italy, testimoniata anche dai quasi 20 milioni di euro concessi per mettere a pegno il proprio magazzino, nell’ambito dei vini DOC e DOCG caratterizzati da periodi di invecchiamento.
Il convegno prevede a fianco di Massimiliano Cattozzi, responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo – rete nazionale interamente dedicata all’agroalimentare, nell’ambito della Banca dei Territori guidata da Stefano Barrese – l’intervento di Andrea Lesca Amministratore Delegato e Direttore Generale Intesa Sanpaolo Insurance Agency, di Francesca Zingales Botta, Head of Commodity Solutions Imi Corporate & Investment Banking, oltre che di Stefania Trenti, Responsabile Industry & Local Economies Research Intesa Sanpaolo. Secondo una survey interna condotta da Intesa Sanpaolo presso le filiali specializzate nell’Agribusiness, tra le reazioni che le imprese stanno valutando in risposta all’inasprimento dei dazi, circa la metà dei rispondenti indica la ricerca di nuovi clienti in nuovi mercati, e un terzo indica la possibilità di aprire filiali commerciali o produttive negli USA.
Si rileva anche un certo attendismo nel posticipare le tempistiche degli investimenti; mentre un 20% circa indica l’eventualità di rivedere i listini per il mercato statunitense. Lo studio presentato da Research Department di Intesa Sanpaolo ha messo in evidenza che l’export agroalimentare italiano ha registrato un’ottima evoluzione anche nel 2024: +8,3% a prezzi correnti rispetto al 2023, per un controvalore di 67,5 miliardi di euro.
Gli Stati Uniti sono un mercato rilevante per l’alimentare italiano: il peso degli USA sul totale dell’export dell’alimentare e bevande è del 13,4%, superiore alla media del manifatturiero (10,4%). Per alcuni comparti il peso sale ben oltre il 20%, con punte del 28% circa per le bevande dissetanti e acque minerali e del 25% circa per l’olio e per il vino.
Bene anche le esportazioni di vino nel 2024: oltre 8 miliardi di vendite sui mercati esteri (+5,5% rispetto al 2023), trainate dai risultati oltreoceano (Stati Uniti +10,2%, Canada +15,2%) a cui si aggiungono il contributo del mercato tedesco (+3,7%) e di quello britannico (+1%).
I numeri in sintesi della Direzione Agribusiness: 7 miliardi di euro di erogazioni dalla costituzione nel 2021; 7.000 aziende clienti del comparto vitivinicolo; 80 milioni di euro concessi per pegno rotativo su prodotti agroalimentari DOP, di cui 20 milioni di euro su vino DOC/DOCG/IG; 250 punti operativi di cui 95 filiali nel territorio nazionale; circa 1.100 specialisti.
-Foto ufficio stampa Intesa San Paolo-
(ITALPRESS).
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Iran, Schlein “Meloni non conceda le nostre basi”
Economia
Guerra in Medio Oriente, CGIA “Per il momento nessun aumento del prezzo dei carburanti”
Pubblicato
2 giorni fa-
21 Giugno 2025di
Redazione
VENEZIA (ITALPRESS) – A poco più di una settimana dallo scoppio della guerra tra Israele e Iran, in Italia non abbiamo ancora registrato alcun significativo aumento del prezzo alla pompa dei carburanti. Anzi, le prime indicazioni segnalano un leggero ribasso delle quotazioni di gran parte dei prodotti petroliferi. Sia chiaro: è ancora presto per fare un primo bilancio, tuttavia la situazione odierna è molto diversa da quella verificatasi nel febbraio del 2022, quando la Russia invase l’Ucraina. Allora, dopo 15 giorni dall’inizio delle ostilità, il prezzo della benzina salì del 16,9%, quello del diesel addirittura del 23,8%.
Se, in termini monetari, a inizio marzo di tre anni fa il costo della “verde” superò i 2 euro al litro, per il gasolio il prezzo massimo lambì questa soglia. Solo successivamente, grazie al taglio delle accise introdotto dal Governo Draghi, i prezzi alla pompa sino alla fine del 2022 scesero ai livelli registrati al termine dell’anno precedente. In questi giorni, quando ci rechiamo nell’area di servizio a fare il pieno al nostro veicolo (auto, furgone aziendale, mezzo pesante, etc.), in modalità self la benzina la paghiamo attorno a 1,7 euro al litro, mentre il gasolio intorno a 1,6. E’ comunque utile sottolineare che l’Iran non ha la stessa capacità produttiva della Russia. Secondo i dati riferiti al 2024, su quasi 103 milioni di barili di petrolio estratti nel mondo ogni giorno, la Repubblica Islamica contribuisce per “soli” 3,8 milioni, mentre Mosca per 11,2.
Certo, se la situazione dovesse precipitare, con un allargamento del teatro di guerra e/o una chiusura dello Stretto di Hormuz – dove, ricordiamo, transita il 30% circa del petrolio mondiale e quasi il 20% del gas – quasi sicuramente assisteremmo ad uno choc petrolifero spaventoso ad una impennata dei prezzi su scala globale di tutte le materie prime. Dopo aver messo a punto queste riflessioni, l’Ufficio studi della CGIA tiene a precisare che di fronte all’orribile tragedia della guerra – che provoca morti, feriti, distruzione e miseria – parlare di effetti economici in capo a Paesi, come il nostro, che vivono a 3.500 chilometri dal conflitto, rischia di essere cinico e irrispettoso, in particolare nei confronti delle vittime di questo dramma.
Se, come abbiamo visto più sopra, almeno per il momento non sono previste tensioni sul fronte dei prezzi dei carburanti, la stessa cosa non possiamo ipotizzarla per l’energia elettrica e il gas. Ancorchè gli effetti sulle bollette delle imprese non siano riconducibili alla guerra in Medio Oriente, l’Ufficio studi della CGIA ha stimato in 13,7 miliardi in più (pari al +19,2%) il costo che le imprese italiane dovranno sostenere quest’anno rispetto al 2024. Di cui 9,7 per le bollette della luce e 4 per quelle del gas. L’Ufficio studi della CGIA è giunto a questi risultati ipotizzando che per l’anno 2024 e per il 2025 i consumi in capo alle aziende siano gli stessi di quelli registrati nel 2023.
Per quanto concerne i costi, invece, quelli del 2025 sono stati calcolati considerando un prezzo medio dell’energia elettrica di 150 euro per MWh e di 50 per il gas, rispettando la proporzione di 3 a 1 tra i due prezzi così come verificatosi mediamente negli anni 2023 e 2024; dal momento che i prezzi attuali di energia elettrica e gas viaggiano su una media semestrale (da gennaio 2025 ai primi 15 giorni di giugno) di 119 euro per MWh per i primi e di 43 per MWh per i secondi, l’ipotesi media annua di 150 euro al MWh e di 50 MWh sarebbe rispettata con prezzi medi dell’ordine dei 180 MWh per l’energia elettrica e di 60 MWh per il gas nell’intero secondo semestre del 2025: si tratterebbe quindi di una ipotesi di massima come indicato in precedenza.
Si fa presente che l’aumento dei costi energetici per le imprese risulterà meno che proporzionale rispetto alla variazione dei prezzi della borsa energetica, in quanto l’aumento del prezzo della materia prima non impatta su tutto il costo complessivo della bolletta (che comprende anche costi di commercializzazione, trasmissione, oneri, tasse, margini ecc.). Pertanto, rispetto ad un’ipotesi di aumento del prezzo della materia prima del 38% (stimato per il 2025 rispetto al 2024), le rispettive crescite dei costi per le imprese risulteranno inferiori (+18% per l’energia elettrica e +25% per il gas).
A livello regionale, visto che la maggioranza delle attività produttive e commerciali sono ubicate al Nord, i rincari relativi al 2025 di luce e gas interesseranno, in particolare, le aree che presentano i consumi maggiori: vale a dire la Lombardia con un aggravio di 3,2 miliardi di euro, l’Emilia Romagna con +1,6 miliardi, il Veneto con +1,5 e il Piemonte con +1,2. Sull’incremento di costo previsto per quest’anno che, ricordiamo, a livello nazionale dovrebbe essere pari a 13,7 miliardi, 8,8 (pari al 64 per cento del totale), saranno in capo alle aziende settentrionali. Le aree regionali che, invece, saranno meno interessate dagli aumenti sono, ovviamente, quelle più piccole; come la Basilicata che dovrebbe registrare una variazione pari a +118 milioni, il Molise con +64 e la Valle d’Aosta con +44.
– foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
Economia
Unicredit, Orcel “Avremo un grande futuro anche senza Bpm”
Pubblicato
3 giorni fa-
20 Giugno 2025di
Redazione
MILANO (ITALPRESS) – “Abbiamo fatto e continuiamo a fare di tutto, ma se non riusciremo a risolvere, come probabile, ci ritireremo. Il nostro ricorso al Tar è un fatto di tutela giuridica, per il nostro Cda e la nostra società”. Lo dice in una intervista a “La Repubblica” l’ad di Unicredit Andrea Orcel parlando dell’offerta fatta per l’acquisizione di Banco Bpm che poi alla domanda su cosa succederà se l’istituto di piazza Gae Aulenti dovesse ritirarsi, risponde: “Che resterà Credit Agricole come azionista di riferimento col 20%, o forse di più. E Banco Bpm dovrà dimostrare le promesse che ha fatto e remunerare i suoi azionisti come sarebbero stati remunerati nel caso in cui ci sarebbe stata l’operazione. Per quanto ci riguarda continueremo a eseguire a pieno il nostro piano base, che ad oggi è considerato uno dei migliori del settore per creazione di valore per i nostri azionisti, continuando a monitorare la situazione in Italia e in altri Paesi. Come ho detto, in M&A è facile dire di ‘sì’ anche quando si distrugge valore per portare a casa l’operazione. L’ho visto fare molte volte nella mia vita professionale. Perché quello che è giusto e difficile, è mantenere disciplina e fare l’operazione solo se crea valore”.
-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).
Economia
Unicredit prosegue l’acquisizione di Banco Bpm dopo l’ok dall’Ue
Pubblicato
4 giorni fa-
19 Giugno 2025di
Redazione
BRUXELLES (BELGIO) (ITALPRESS) – La Commissione europea ha approvato, ai sensi del Regolamento UE sulle concentrazioni, il progetto di acquisizione di Banco Bpm da parte di UniCredit.
L’approvazione odierna della fusione da parte della Commissione è subordinata al pieno rispetto degli impegni assunti da UniCredit per rispondere alle preoccupazioni della Commissione relative al livello di concorrenza nel settore bancario italiano. In particolare, UniCredit si è impegnata a cedere 209 filiali fisiche situate in aree locali problematiche in tutta Italia.
Tali impegni rispondono pienamente alle preoccupazioni in materia di concorrenza individuate dalla Commissione, eliminando la sovrapposizione orizzontale tra le attività delle società in tali settori e garantendo il mantenimento della concorrenza.
A seguito del riscontro positivo ricevuto durante il test di mercato, la Commissione ha concluso che l’operazione, come modificata dagli impegni, non solleverà più preoccupazioni in termini di concorrenza nei mercati dei depositi e dei prestiti, sia per i consumatori al dettaglio che per il settore bancario delle pmi.
Questo perché, a seguito della cessione, le quote di mercato combinate dell’entità risultante dalla fusione nelle aree locali interessate saranno moderate. La decisione è subordinata al pieno rispetto degli impegni. Un amministratore fiduciario indipendente ne monitorerà l’attuazione, sotto la supervisione della Commissione. Parallelamente, la Commissione ha respinto la richiesta dell’autorità garante della concorrenza italiana di rinviare la fusione alla sua attenzione ai sensi della normativa italiana sulla concorrenza.
UniCredit comunica di aver ricevuto dalla Direzione generale della concorrenza l’autorizzazione all’operazione di acquisizione di Banco Bpm. L’autorizzazione è subordinata all’attuazione di impegni volti a risolvere le tematiche concorrenziali connesse all’operazione.
A tal fine è prevista la cessione a operatori qualificati di 209 filiali di Banco Bpm. UniCredit sottolinea inoltre che la sospensione del periodo di adesione dell’offerta per trenta giorni, disposta dalla Consob in data 21 maggio 2025 avrà termine in data 21 giugno e, pertanto, fatto salvo ogni diritto di UniCredit, il periodo di adesione riprenderà a decorrere il prossimo 23 giugno 2025.
Successivamente, la documentazione di offerta sarà aggiornata mediante la pubblicazione, previa approvazione della Consob, di un supplemento sia al prospetto sia al documento di offerta, con la conseguente possibilità di recesso dall’offerta per coloro che vi avessero aderito nei termini di legge.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS)


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