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Politica

Ramelli, Meloni “Ricucire la ferita profonda nella coscienza nazionale”

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MILANO (ITALPRESS) – “Ci tenevo moltissimo ad esserci in questo anniversario così importante. Siamo reduci da giorni intensi, nei quali la scomparsa del Santo Padre ci ha portato a riflettere su temi profondi: misericordia, perdono, pietas, provvidenza. Ed è terribilmente difficile accostare questi valori alla vicenda di Sergio Ramelli. Cinquant’anni fa si spegneva la sua giovanissima vita: una morte tanto brutale quanto assurda e forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia. Cinquant’anni dopo siamo chiamati ad interrogarci su quello che ancora oggi ci può insegnare il suo sacrificio”. Così il premier Giorgia Meloni in un videomessaggio all’evento “Le idee hanno bisogno di coraggio”, che si tiene a Milano in ricordo di Sergio Ramelli a 50 anni dal suo assassinio.

“Sergio era una persona libera, ma essere liberi in quei tempi duri comportava un’enorme dose di coraggio, che spesso sfociava nell’incoscienza, addirittura. Sergio amava l’Italia più di ogni altra cosa e aveva deciso di non tenerselo per sé, di dirlo al mondo, senza odio, arroganza o intolleranza – aggiunge Meloni -. La sua storia ce l’ha raccontata chi lo ha conosciuto, chi ha condiviso con lui la militanza politica, chi ha sperato e pregato per quei terribili quarantasette giorni di agonia che Sergio potesse risvegliarsi, chi ha pianto quel 29 aprile in cui si è spento e nei giorni successivi quando persino celebrarne il funerale divenne un’impresa, chi ha ricercato incessantemente verità e giustizia, prima e durante il processo, chi in questi anni ha dedicato alla sua memoria una strada o un giardino e chi invece un libro, una canzone, un fumetto o uno spettacolo teatrale. E quella storia ce l’ha raccontata Anita, mamma Ramelli, che per quasi quarant’anni ha onorato il suo amato Sergio insegnando dignità e amore infinito”.

“Oggi, dopo cinquant’anni, quella memoria, che per troppo tempo è stata soltanto di una parte, inizia ad essere maggiormente condivisa, nel tentativo di ricucire una ferita profonda nella coscienza nazionale che deve accomunare in uno sforzo di verità e pacificazione tutte le vittime innocenti dell’odio e della violenza politica. Un mese e mezzo fa, nell’anniversario dell’aggressione, il Governo che mi onoro di guidare, in collaborazione con l’Istituto Poligrafico dello Stato e Poste Italiane, ha voluto dedicare un francobollo alla memoria di Sergio Ramelli. E’ stato per noi molto più che un gesto simbolico – sottolinea il presidente del Consiglio -. Significa affermare che la sua vicenda, la sua vita e la sua morte, sono un pezzo di storia d’Italia con cui tutti quanti, a destra e a sinistra, dobbiamo imparare a fare i conti. Significa ricordare che la libertà non è mai scontata. Ai nostri figli dobbiamo raccontare che c’è stato un tempo in cui per le proprie idee si poteva essere costretti a cambiare scuola, quartiere, città. Si poteva essere minacciati, insultati, aggrediti. Si poteva persino perdere la vita, uccisi da carnefici che nemmeno ti conoscevano, in una spirale di odio cieco e violenza che si è trascinata per troppi anni. Dobbiamo raccontarlo, non soltanto per ricordare chi ha pagato il prezzo più alto, ma per imparare a riconoscere subito i germi di quell’odio e di quella violenza, per neutralizzarli subito e impedire loro di generare nuove stagioni di dolore, perchè insomma non accada mai più”.

“Ancora oggi, a cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, c’è una minoranza rumorosa che crede che l’odio, la sopraffazione e la violenza siano strumenti legittimi attraverso cui affermare le proprie idee. Ai ragazzi che oggi hanno l’età in cui Sergio morì, che hanno spalancata davanti a sé la strada della propria vita, che vogliono dedicarla a ciò in cui credono, voglio dire: non fatevi ingannare da falsi profeti e da cattivi maestri. Coltivate la vostra libertà, non perdete il vostro sorriso, inseguite la bellezza, difendete le vostre idee con forza ma fatelo sempre e soprattutto con amore. Come faceva Sergio”, conclude Meloni.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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La Russa “Fare di tutto per l’Ucraina, così si aiuta l’Europa”

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ROMA (ITALPRESS) – “Io non vedo rischi per la maggioranza, perchè tutte le volte che c’è stato da fornire aiuti all’Ucraina in Parlamento, nei diversi voti, su questo tema, dall’inizio della guerra, non solo tutta la maggioranza è stata unita nelle diverse votazioni, ma anche larga parte dell’opposizione ha votato a favore degli aiuti, quindi io francamente non vedo nessun tipo di cambiamento in vista e non vedo come questa situazione possa essere modificata. Per questo ritengo che l’indirizzo politico del governo rimarrà assolutamente invariato”. Così, in un colloquio con il Corriere della Sera, il presidente del Senato Ignazio La Russa, che aggiunge: “Sui singoli programmi militari io non mi posso esprimere. Posso soltanto dire che tutto quello che può aiutare l’Ucraina dovrebbe essere fatto, perchè aiutare Kiev significa aiutare l’Europa ad aumentare la propria sicurezza strategica, le due cose sono interconnesse, aiutando l’Ucraina si aiuta l’Europa, e più di tanto non posso dire”. “Quello che io vedo – prosegue il presidente del Senato – e che voglio sottolineare è una consapevolezza che non è soltanto mia, ma di diversi attori internazionali. Sono sicuramente utili ma non bastano gli aiuti militari, si può dire che sono necessari ma non sufficienti, nel senso che l’Europa deve accompagnare i singoli programmi di aiuti con un’iniziativa politica molto più ampia di quella che ha preso sino ad ora. Proprio perchè gli Stati Uniti hanno in qualche modo diminuito il loro focus sul dossier ucraino, l’Unione europea dovrebbe fare un passo in avanti, con un’iniziativa politica più forte di quelle che finora sono state dispiegate. E questo ovviamente è un discorso che non può riguardare i singoli Paesi, ma l’intero sistema dell’Unione”.
– foto Ipa agency –
(ITALPRESS).

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La Russa “Fare di tutto per l’Ucraina, così si aiuta l’Europa”

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ROMA (ITALPRESS) – “Io non vedo rischi per la maggioranza, perchè tutte le volte che c’è stato da fornire aiuti all’Ucraina in Parlamento, nei diversi voti, su questo tema, dall’inizio della guerra, non solo tutta la maggioranza è stata unita nelle diverse votazioni, ma anche larga parte dell’opposizione ha votato a favore degli aiuti, quindi io francamente non vedo nessun tipo di cambiamento in vista e non vedo come questa situazione possa essere modificata. Per questo ritengo che l’indirizzo politico del governo rimarrà assolutamente invariato”. Così, in un colloquio con il Corriere della Sera, il presidente del Senato Ignazio La Russa, che aggiunge: “Sui singoli programmi militari io non mi posso esprimere. Posso soltanto dire che tutto quello che può aiutare l’Ucraina dovrebbe essere fatto, perchè aiutare Kiev significa aiutare l’Europa ad aumentare la propria sicurezza strategica, le due cose sono interconnesse, aiutando l’Ucraina si aiuta l’Europa, e più di tanto non posso dire“.

“Quello che io vedo – prosegue il presidente del Senato – e che voglio sottolineare è una consapevolezza che non è soltanto mia, ma di diversi attori internazionali. Sono sicuramente utili ma non bastano gli aiuti militari, si può dire che sono necessari ma non sufficienti, nel senso che l‘Europa deve accompagnare i singoli programmi di aiuti con un’iniziativa politica molto più ampia di quella che ha preso sino ad ora. Proprio perchè gli Stati Uniti hanno in qualche modo diminuito il loro focus sul dossier ucraino, l’Unione europea dovrebbe fare un passo in avanti, con un’iniziativa politica più forte di quelle che finora sono state dispiegate. E questo ovviamente è un discorso che non può riguardare i singoli Paesi, ma l’intero sistema dell’Unione”.

– foto Ipa agency –
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Mattarella “Le uccisioni dei civili nei conflitti non possono restare impunite” / Video

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BERLINO (GERMANIA) (ITALPRESS) – “Quanti morti serviranno ancora prima di mettere fine alle guerre?”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Reichstag di Berlino, nel suo intervento alla cerimonia della “Giornata del lutto nazionale”, a 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. “Dal “mai più guerre” siamo passati a “Di nuovo guerra”. E oggi la guerra colpisce soprattutto chi combattente non è”, aggiunge Mattarella.

“Nel dopoguerra, la nascita delle Nazioni Unite, le Convenzioni di Ginevra, accesero la speranza di una pace fondata sul diritto, riaffermando un principio fondamentale: la popolazione civile deve essere protetta in ogni circostanza. La cronaca successiva — dal Biafra ai Balcani, dal Ruanda alla Siria, fino al Sudan, all’Ucraina e alla Striscia di Gaza — ci mostra, che la guerra continua a colpire soprattutto chi combattente non è. Oggi, secondo le Nazioni Unite, oltre il 90% delle vittime dei conflitti è tra i civili”, sottolinea il capo dello Stato.

“Da sempre la guerra ambisce a proiettare la sua ombra cupa sull’umanità. Il Novecento, con lo sviluppo della industrializzazione della morte, ha trasformato la tragedia dei soldati in tragedia dei popoli. Nei borghi d’Europa e nelle città distrutte dai bombardamenti, nelle campagne devastate, milioni di civili divennero bersagli. Deportazioni, genocidi, hanno caratterizzato la Seconda guerra mondiale – prosegue il capo dello Stato -. Da allora, il volto della guerra non si riflette soltanto in quello del combattente, ma diviene quello del bambino, della madre, dell’anziano senza difesa. È quanto accade, oggi, a Kiev, a Gaza. La guerra totale esige non la sconfitta, la resa del nemico, ma il suo annientamento. Un accrescimento di crudeltà”.

“LE UCCISIONI DEI CIVILI NON POSSONO RESTARE IMPUNITI”

“Oggi, secondo le Nazioni Unite, oltre il 90% delle vittime dei conflitti è tra i civili. Questo non può rimanere ignorato e impunito. Il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case, la propria terra, non ha precedenti. Secondo il rapporto reso noto ad aprile dall’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, questi erano 122 milioni, in aumento di anno in anno. Non si tratta di statistiche. Sono volti, persone in cammino, famiglie cancellate, alle quali viene sottratto il futuro che preparavano”, prosegue il capo dello Stato.

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“ITALIA E GERMANIA ORA SONO GRANDI NELL’IMPEGNO PER PACE E UNITA’”

“Tocca alla Repubblica Federale Tedesca, tocca alla Repubblica Italiana – come a tutti nella comunità internazionale – opporre la forza del diritto al preteso diritto della forza”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Bundestag, nel suo intervento alla cerimonia della “Giornata del lutto nazionale”, a 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. “Considero questa giornata anche un invito a riflettere, insieme, sullo straordinario percorso che le nostre due Repubbliche hanno compiuto, fianco a fianco, per costruire in questi ottant’anni un mondo migliore, partendo dall’Europa. Per avere raggiunto l’età della saggezza nella vita internazionale e dell’autentico coraggio. Per essere finalmente “grandi – prosegue Mattarella -. Perché questo siamo divenuti in questi decenni, abbracciando la causa dell’unità europea. Abbiamo saputo dar vita a un’area di pace, libertà, prosperità, rispetto dei diritti umani, che non ha paragoni nella storia. Con la lucidità del coraggio di chi chiedeva di voltare pagina e si adoperava per farlo”.

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“IL MULTILATERALISMO NON E’ BUROCRAZIA, MA UNA DIFESA CONTRO LA SOPRAFFAZIONE”

“Il Diritto internazionale umanitario, argine alla disumanità della guerra, è messo in discussione dai fatti. Ma nessuna “circostanza eccezionale” può giustificare l’ingiustificabile: i bombardamenti nelle aree abitate, l’uso cinico della fame contro le popolazioni, la violenza sessuale”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Bundestag, nel suo intervento alla cerimonia della “Giornata del lutto nazionale”, a 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. “La caduta della distinzione tra civili e combattenti colpisce al cuore lo stesso principio di umanità – prosegue il capo dello Stato -. È l’applicazione sistematica della ignobile pratica della rappresaglia contro gli innocenti. Colpisce l’ordine internazionale, basato sul principio del rispetto tra i popoli e del riconoscimento dell’orrore della guerra, oggi aggravata dal continuo irrompere di nuove armi. Questo scenario di dolore, eppure, ha antidoti. La pace non è frutto di rassegnazione di fronte alle grandi tragedie. Ma di iniziative coraggiose, di persone coraggiose. In questi decenni tanti attori della comunità internazionale – e tra essi l’Unione Europea – con ostinazione e non senza fatica, hanno perseguito la pace, che si nutre del rispetto dei diritti umani fondamentali”.

“Perché, se vuoi la pace, devi costruirla e preservarla. La cooperazione tra Stati, istituzioni, popoli è la sola misura che può proteggere la dignità umana – aggiunge Mattarella -. Sono le istituzioni multilaterali come le Nazioni Unite, la Corte Penale Internazionale, le missioni di pace, le agenzie umanitarie a concorrere alla impegnativa e affascinante fatica della costruzione di una coscienza globale. Il multilateralismo non è burocrazia, come, invece, asseriscono i prepotenti: è l’utensile che raffredda le divergenze e ne consente soluzione pacifica; è il linguaggio della comune responsabilità. È la voce che richiama al valore della vita di ogni singola persona, contrapposta all’arroganza di chi vorrebbe far prevalere la logica di una spregiudicata presunta ragion di Stato, dimentica che la sovranità popolare appartiene, appunto ai cittadini – sottolinea il presidente -. La sovranità è dei cittadini e non a un Moloch impersonale che pretenda di determinarne i destini. È uno strumento di difesa che gli abitanti del pianeta possono opporre alla logica della sopraffazione di chi – sentendosi momentaneamente in posizione di vantaggio – si ritiene legittimato a depredare gli altri”. 

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-Foto ufficio stampa Quirinale-
(ITALPRESS).

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