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Economia

Dallo smart working agli orari flessibili, le preferenze degli italiani nel lavoro

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ROMA (ITALPRESS) – Per i lavoratori italiani contano soprattutto soddisfazioni economiche (97%), sviluppo professionale (92%), una cultura aziendale (92%) in cui rispecchiarsi, flessibilità oraria (92%) e lo smartworking (63%) soprattutto per i giovani (76%).

È quanto emerge da una ricerca condotta a inizio giugno da BIG (Business Intelligence Group) e presentata nella sede di Grenke Italia in occasione di un incontro che ha visto confrontarsi sul tema manager ed esperti del settore: Fabiana Carioli (People Experience Director Grenke Italia), Filippo Poletti (giornalista, docente, LinkedIn Top Voice), Valentina Marini (consulente, formatrice e autrice), Luca Furfaro (consulente del lavoro e autore), Gianni Bientinesi (CEO Business Intelligence Group) e Paola Ambrosino (CEO SEC Newgate Italia).

L’aspetto retributivo risulta essere la variabile più rilevante: il 97,3% del totale lo indica come il fattore più rilevante nella valutazione del lavoro, confermandolo come la priorità assoluta nelle aspettative occupazionali. Il significato attribuito alla retribuzione cambia in base alla generazione: per i boomers (99,5%) è sinonimo di sicurezza e status, per la generazione Z (91,4%) è uno strumento abilitante, non un fine.

Lo sviluppo professionale è rilevante per il 92,1% del campione: rappresenta la variabile chiave per i boomers (93,3%), che cercano percorsi chiari di crescita e apprendimento. La cultura aziendale è valutata positivamente dal 92,1%, ma con forti differenze di aspettative: i boomers (94,1%) privilegiano il clima organizzativo, così come la generazione X e i millennials, mentre la generazione Z mostrano una maggiore attenzione verso diversità e inclusione, seguite dallo stile di leadership. Questo indica una visione più ampia e valoriale della cultura aziendale, orientata all’equità e alla rappresentanza.

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Una maggiore flessibilità oraria è richiesta dal 91,2% del campione: il dato raggiunge il 95% tra i gen Z, segno della loro aspettativa di autonomia nella gestione della propria vita. In parallelo, il work-life balance è considerato un elemento cruciale dall’89,4% degli intervistati, con valori ancora più elevati tra le donne (91,1%) e i millennials (92,4%).

Per le generazioni più giovani, in particolare, l’equilibrio tra vita privata e professionale assume un’importanza superiore rispetto alla carriera, segnando una svolta nei criteri di valutazione del benessere lavorativo. Se lo smart working è considerato importante dal 63,1% del totale, le cose cambiano abbastanza in base all’età: per il 76,8% della generazione Z è imprescindibile contro il 53,2% dei boomers. Analogamente sono più tiepidi i C-Level che per il 47,7% guardano con preoccupazione agli impatti collaborativi del lavoro da remoto.

“Pagare il giusto– commenta Fabiana Carioli, HR Director di Grenkenon si deve limitare a un’equa retribuzione economica, ma deve rappresentare la creazione di un sistema di valore complessivo che integra riconoscimento, welfare e formazione continua. La giustizia retributiva, dunque, va oltre la semplice conformità agli standard di mercato: è un impegno a comprendere profondamente le esigenze delle persone, a valorizzarne le competenze e a premiare i risultati raggiunti. Mai come oggi le aziende devono sostenere la persona nella sua interezza, promuovendo un equilibrio reale tra vita professionale e personale. Questo è il nostro modo di creare un ambiente in cui le persone possano davvero fiorire”.

“La retribuzione – commenta Filippo Poletti, autore di diversi libri sul lavoro – resta un fattore importante per i lavoratori, ma non basta più alle aziende per conquistare la fiducia dei lavoratori. Serve una proposta significativa, di senso compiuto, orientata alla coerenza tra la proposta di lavoro e quello che effettivamente viene praticato in azienda. Stiamo assistendo a una rivoluzione del panorama lavorativo. L’esperienza pandemica ha catalizzato un cambiamento già in fermento, segnando un decisivo punto di svolta rispetto ai paradigmi tradizionali basati su rigide strutture gerarchiche e concezioni antiquate del dovere professionale. In questo scenario di profonda metamorfosi, emergono nuove coordinate valoriali che le aziende devono tenere in considerazione per attrarre e trattenere i professionisti”.

“Il lavoro – spiega Gianni Bientinesi, CEO di BIGsta diventando un luogo in cui le persone cercano coerenza tra vita privata e vita professionale. Il paradigma umano-centrico che emerge dall’indagine impone alle organizzazioni di ripensare modelli organizzativi, metriche di performance e strumenti di engagement. Le imprese capaci di leggere questi segnali avranno un vantaggio competitivo duraturo nel tempo”.

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La ricerca è basata su un campione costituito da 1.001 rispondenti rappresentativi per generazione (4% gen Z, 30% millennials, 39% gen X e 27% baby boomers), genere (42% donne e 58% uomini), livello professionale (12% entry level, 49% professional, 21% middle management, 10% senior management e 8% c-level) e distribuzione geografica (30% Nord ovest, 23% Nord est 23%, 23% Centro e 24% Sud e Isole).

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS)

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Economia

ASSTEL, Pietro Labriola eletto nuovo presidente per il biennio 2025-2027

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ROMA (ITALPRESS) – L’Assemblea di ASSTEL – Assotelecomunicazioni ha eletto Pietro Labriola, Amministratore Delegato di TIM, come nuovo Presidente per il biennio 2025-2027.

Al Presidente uscente, Massimo Sarmi, va il ringraziamento degli Associati per il lavoro svolto e il contributo che continuerà a dare. Il programma di presidenza condiviso dall’Assemblea punta prima di tutto a rafforzare l’efficacia dell’azione associativa. Per questo viene introdotto un Gruppo di Lavoro Strategico operativo a supporto degli Organi Direttivi, pensato per garantire una rappresentanza ancora più coesa e orientata ai risultati di politica industriale della filiera delle telecomunicazioni.

In un momento cruciale per la competitività del Paese, ASSTEL e le imprese associate scelgono di agire con determinazione e responsabilità, mettendo in campo una proposta unitaria per trasformare le regole economiche, fiscali e di politica industriale. È una visione concreta, racchiusa nel Manifesto per la Crescita Digitale dell’Italia, che definisce un piano d’azione per un’Italia più connessa, moderna e competitiva.

ASSTEL ha oggi l’opportunità e la responsabilità di rafforzare il ruolo del settore delle Telecomunicazioni come motore della trasformazione digitale del Paese”, ha dichiarato Pietro Labriola. “Per farlo, serve una svolta netta: dobbiamo costruire insieme un sistema industriale coeso e attrattivo, promuovendo un quadro normativo stabile, superando asimmetrie competitive, rinnovando le politiche del lavoro e sostenendo gli investimenti. Solo così – ha concluso – restituiremo valore industriale al nostro settore e sosterremo la crescita dell’intero sistema economico”.

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– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Economia

La Bioeconomia sempre più rilevante per l’economia italiana

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ROMA (ITALPRESS) – Il valore stimato della produzione della bioeconomia nei 27 Paesi dell’Unione Europea si è attestato nel 2024 a 3.042 miliardi, occupando oltre 17 milioni di addetti.

L’Italia riveste un ruolo rilevante con il 14% sul totale dell’UE27, una percentuale superiore a quella che si osserva considerando il totale delle attività economiche (12,4%), evidenziando così la specializzazione del nostro Paese nel meta-settore della bioeconomia. Nel 2024 l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia in Italia ha generato un output stimato pari a 426,8 miliardi e occupato più di due milioni di persone.

E’ quanto emerge dai dati del rapporto “La bioeconomia in Europa”, redatto dal Research Department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il cluster Spring, presentato alla Luiss. Il dettaglio settoriale evidenzia come in tutte le aree considerate la filiera agro-alimentare rappresenti oltre la metà del valore della bioeconomia. Nel sistema moda bio-based spiccano i paesi dell’area Mediterranea, influenzati dall’Italia, mentre nei comparti del legno e mobili bio-based e nella carta emergono i paesi Nordici.

La componente bio-based del settore della chimica, gomma e plastica ha incidenze più modeste e relativamente simili nelle diverse aree climatiche, dall’1,2% del totale della bioeconomia nel Mediterraneo al 2,3% dei paesi Nordici.

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Pur con un peso economico ancora limitato, il segmento delle plastiche e prodotti in plastica bio-based presenta un forte potenziale di sviluppo, anche alla luce della recente normativa UE in materia di imballaggi, e può contribuire alla riduzione delle emissioni grazie alla minore impronta carbonica e alla migliore gestione del fine vita.

Un’indagine condotta presso 171 imprese clienti di Intesa Sanpaolo, attive nel settore della produzione di imballaggi in plastica conferma il ruolo che i prodotti bio-based già ora giocano nel contesto italiano: poco meno della metà delle imprese intervistate utilizza già input di origine naturale e di queste circa il 40% presenta un utilizzo superiore al 30% di tali materie prime sul totale degli input. In prospettiva, il 23% delle aziende che non utilizzano materie prime bio-based intende introdurre tali input nei propri processi produttivi, mentre ben il 68% delle imprese che utilizzano input bio-based in maniera marginale dichiarano di voler ampliare l’utilizzo di tali risorse.

Le scelte produttive e strategiche delle imprese risultano strettamente legate al quadro normativo e le imprese bio-based risultano essere maggiormente sensibili e reattive rispetto alla sua evoluzione. La bioeconomia rappresenta un’opportunità straordinaria di sviluppo inclusivo anche delle aree interne, ovvero quei territori con minore accesso ai servizi essenziali, in particolare nel Mezzogiorno.

La loro ricchezza in biodiversità, la prevalenza di colture stabili, la diffusione di pratiche biologiche, la presenza di sistemi agro-silvo-pastorali integrati e la relativa assenza di agricoltura intensiva configurano questi territori come aree strategiche per l’Italia, non solo in termini produttivi, ma soprattutto come custodi di servizi ecosistemici e innovazione sostenibile. Ulteriore tassello è rappresentato dalle policy legate alla tutela della biodiversità: la protezione della biodiversità è un requisito fondamentale per l’economia, l’evoluzione sociale e culturale.

Per Stefania Trenti, responsabile Industry and Local Economies Research di Intesa Sanpaolo, “la bioeconomia si conferma un settore rilevante per l’economia italiana, rappresentando un’occasione per la crescita e lo sviluppo sostenibile anche delle aree Interne, territori marginali a rischio di spopolamento. Ma la bioeconomia può rappresentare un’occasione per innovare anche per settori altamente competitivi come quello del packaging in plastica. L’originale indagine su imprese attive in questo settore, presentata nel report, conferma il ruolo che i prodotti bio-based già ora giocano nel contesto italiano grazie all’impegno di imprese fortemente innovative e proattive di fronte alle sfide del mercato”.

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Catia Bastioli, presidente cluster Spring, afferma: “In un contesto globale profondamente trasformato, la bioeconomia si conferma una leva strategica per coniugare sostenibilità ambientale, competitività industriale e coesione territoriale. Trasformare la bioeconomia in una vera e propria strategia industriale europea è fondamentale per garantire prosperità duratura, autonomia strategica e benessere condiviso”.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS)

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Federlegnoarredo, il primo trimestre chiude a -0,7%: in linea con il 2024

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MILANO (ITALPRESS) – Per la filiera legno-arredo, il primo trimestre 2025 risulta in linea con l’andamento del gennaio-marzo 2024, registrando un -0,7% complessivo, senza differenze sostanziali tra il mercato nazionale (-0,5%), che pesa poco meno del 56% e l’export (-1%).

È questa la fotografia scattata dal Monitor realizzato dal Centro studi di FederlegnoArredo su un campione di circa 400 aziende che nel trimestre indagato hanno realizzato vendite per oltre 2,2 miliardi di euro. Il macrosistema arredamento, che rappresenta oltre il 60% delle vendite totali, chiude il primo trimestre 2025 con un -2%, determinato sia dalle esportazioni (-2,4%) che dal mercato interno ( -1,7%).

Leggermente migliore l’andamento del macrosistema legno: +1,9% il totale, +1,3% mercato interno e +3,2% l’export. “Dati che potremmo definire confortanti, stante la situazione internazionale e le ricadute che le scelte Oltreoceano stanno avendo sulle nostre imprese. Abbiamo chiesto ai nostri associati – spiega Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredodi azzardare anche una previsione per tutto il 2025, per quanto difficile, data l’incertezza del momento. E chi ha comunque provato a quantificare la chiusura d’anno l’ha rivista al ribasso, rispetto alla precedente rilevazione, seppur mantenendo una chiusura d’anno positiva, guidata più dalle esportazioni che dal mercato interno (+2,8%). Se le previsioni fatte a inizio 2025 individuavano, per la filiera, una chiusura d’anno a +6,4%, adesso la percentuale scende a +4,7, per il mercato interno si passa dal +4,7% al +2,8%, mentre per l’export dal + 8,7 % al +7,1%. Nel macrosistema arredamento, particolarmente votato all’export, le previsioni del segmento passano dal +8,8% di inizio anno al 6,5% attuale. Più che previsioni – conclude Feltrin – tenderei a definirle speranze, consapevoli che, data la velocità con cui cambiano gli scenari geopolitici e con quale forza impattano da un giorno all’altro nel business delle aziende, sono sempre più spesso letture ‘di breve respiro’”.

Dal focus dedicato al tema dei dazi si evince che poco meno della metà dei rispondenti ritiene di poter subire un impatto, di questi circa la metà lo quantifica in un 5%; il 26% ritiene invece che avrà un impatto che può arrivare fino al 10%, e il restante 25%, dichiara oltre il 10%, ma c’è anche chi non è in grado di fare nessun tipo di previsione. “È questo il dato a mio avviso più preoccupante – commenta Feltrin – che testimonia lo stato di confusione e totale incertezza che ha immobilizzato molte aziende, nell’attesa di avere un quadro stabile e decidere le strategie future, a partire dall’apertura verso nuovi mercati o la scoperta di potenziali. Nonostante ciò, uno spiraglio di ottimismo arriva dai dati della produzione industriale di aprile che vedono l’industria del mobile segnare un +7,1% rispetto aprile 2024 e quella del legno un +2,7%, mentre l’andamento generale della manifattura è stazionario (-0,1%). Aspettiamo almeno il primo semestre per capire davvero la direzione che sta prendendo l’anno in corso”.

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-Foto IPA Agency-
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