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Cronaca

Distretti industriali, nel 2021 fatturato +25,2%

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MILANO (ITALPRESS) – Il fatturato delle imprese manifatturiere distrettuali, dopo un calo pari al 14,5% nel 2020 (a prezzi correnti e in valori mediani), secondo le stime di Intesa Sanpaolo nel 2021 ha registrato un rimbalzo del +25,2%, il 4,3% in più rispetto al 2019. Un contributo importante è venuto dalle esportazioni che nel 2021 hanno sfiorato i 133 miliardi di euro, toccando un nuovo record storico. Solo il sistema moda non ha ancora pienamente recuperato quanto perso nel corso del 2020. E’ quanto emerge dalla quattordicesima edizione del Rapporto annuale che la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo dedica all’evoluzione economica e finanziaria delle imprese distrettuali.
Il Rapporto è stato presentato dal Presidente del Consiglio di Amministrazione di Intesa Sanpaolo, professor Gian Maria Gros-Pietro, dal Chief Economist Gregorio De Felice e dal Responsabile della Ricerca Industry & Banking Fabrizio Guelpa.
A poco più di due anni di distanza dallo scoppio della pandemia, la quattordicesima edizione del Rapporto Economia e Finanza dei Distretti Industriali descrive gli impatti della crisi del 2020 e il forte rimbalzo del 2021, si concentra sulle reazioni delle imprese distrettuali alla crisi pandemica e si sofferma sulle priorità da affrontare, anche alla luce dell’invasione russa dell’Ucraina.
L’invasione russa dell’Ucraina – spiega l’istituto di credito guidato da Carlo Messina – ha profondamente modificato lo scenario macroeconomico, che è complesso e incerto. Le imprese si trovano a operare con prezzi delle commodity volatili ed elevati che possono mettere in pericolo i loro equilibri economico-finanziari. E’ poi venuto meno, almeno momentaneamente, un mercato, quello russo e ucraino, che per i Distretti nel 2021 valeva 3,2 miliardi di euro, il 2,4% del totale.
In valore le regioni più esposte sono il Veneto (805 milioni di euro), la Lombardia (771 milioni) e l’Emilia-Romagna (531 milioni). In termini di incidenza spiccano Umbria (10,8%) e Marche (5,7%), seguite a distanza dall’Abruzzo (3,1%).
Al contempo, se i problemi di approvvigionamento innestati dalla pandemia e poi amplificati dall’invasione russa porteranno a una regionalizzazione su base continentale delle catene globali del valore, si potranno aprire opportunità per i Distretti italiani grazie alla presenza di filiere strutturate e di un buon nucleo di imprese resilienti.
Le evidenze emerse nel Rapporto confermano la centralità delle filiere produttive come fattore di competitività nei prossimi anni. Nei Distretti la distanza media degli approvvigionamenti è molto contenuta, benchè aumentata nel corso della pandemia: nel 2021 è stata pari a 116 chilometri, 24 in meno rispetto alle aree non distrettuali. E’ più elevato il numero medio di fornitori per azienda (29 vs 25).
La capacità di presidiare i mercati esteri è un altro punto di forza dei Distretti che storicamente presentano una maggiore internazionalizzazione, misurata dal numero di partecipate estere (29 ogni 100 imprese vs le 19 delle aree non distrettuali) e dalla quota di imprese che esportano (62,1% vs 52,2%).
I Distretti sono ben posizionati anche in termini di capacità brevettuale, con 70,7 brevetti ogni 100 imprese; le aree non distrettuali si fermano a 51,5.
I dati di commercio estero confermano l’elevata competitività dei Distretti a livello internazionale. Nel primo trimestre del 2022 l’export è aumentato del 19,3%, con punte superiori al 20% in molte regioni: tra queste la Lombardia (+25,5%), l’Umbria (+25,2%), il Friuli-Venezia Giulia (+24,5%), la Puglia (+24,1%), la Toscana (+23,3%). Il confronto con i livelli pre-pandemici mostra un progresso del 16%.
I Distretti possono poi contare su un nucleo di aziende trainanti che si sono dimostrate resilienti durante la pandemia. 845 imprese distrettuali, pari al 4,7% del totale, nel corso del 2020 sono cresciute, hanno registrato buoni livelli di EBITDA margin (oltre l’8%) e un grado di patrimonializzazione superiore al 20%, oltre ad aver mostrato un aumento degli addetti tra il 2018 e il 2020. Queste imprese particolarmente resilienti sono più diffuse tra i soggetti medio-grandi e in alcuni settori (mezzi di trasporto, agro-alimentare, meccanica e intermedi). Per numero di imprese champion, spiccano Lombardia (262) e Veneto (208), mentre per incidenza si sono messe in evidenza Trentino-Alto Adige (9,2%), Campania (6,4%) e Puglia (6%).
Molte delle realtà imprenditoriali più resilienti sono attive nei Distretti che meglio di altri hanno affrontato la crisi pandemica. Quest’anno ai primi tre posti della classifica dei migliori Distretti italiani si posizionano le Macchine agricole di Padova e Vicenza, la Camperistica della Val d’Elsa e le Macchine agricole di Reggio Emilia e Modena.
I punti di forza dei Distretti rappresentano risorse cruciali, ma non sufficienti per affrontare il difficile contesto economico che si sta delineando. Le filiere distrettuali potranno continuare a rappresentare un fattore di competitività solo se gli attori che le compongono sapranno rinnovarsi e rafforzare le loro relazioni strategiche, attraverso un’accelerazione degli investimenti in innovazione e tecnologia anche green, un consolidamento dimensionale e la formazione e l’inserimento in azienda di nuove competenze.
Dallo studio di alcuni settori del Nord-Est ad alta vocazione distrettuale, come l’agro-alimentare, il legno-arredo e la meccanica, emerge un quadro caratterizzato da un’accelerazione nell’adozione di tecnologie Industry 4.0 a partire dal 2017, grazie anche alla spinta delle iniziative di policy. Tuttavia, i dati mostrano come il fenomeno abbia sinora riguardato in larga parte aziende medio-grandi (tre su quattro hanno adottato tecnologie 4.0 vs poco più di una su cinque tra le micro).
? Anche sul fronte ambientale si può fare di più: in un settore come il legnoarredo ad alta intensità distrettuale, nell’ultimo triennio poco meno di 4 un’impresa su tre ha acquistato macchinari efficienti che riducono il consumo energetico. Si scende addirittura sotto il 6% quando si considera la quota di imprese che ha realizzato investimenti in impianti per la produzione di energia elettrica da rinnovabili o per la produzione di energia termica da rinnovabili o di cogenerazione e/o recupero di calore.
Un’altra area di miglioramento riguarda la governance. La capacità delle imprese di rinnovare e potenziare le proprie competenze e aprirsi con più facilità alla transizione tecnologica e green può anche essere facilitata dal passaggio generazionale.
Nel biennio 2020-21 il processo di rinnovamento generazionale sembra aver subito una frenata: la quota di imprese distrettuali che hanno apportato modifiche al proprio board è, infatti, scesa al 13,2% nel 2020 e al 12,2% nel 2021, dopo che tra il 2016 e il 2019 era stata sempre abbondantemente sopra il 14%, rimanendo comunque superiore alle aree non distrettuali.
Il PNRR rappresenta un’opportunità unica per il sistema economico italiano che può trovare un adeguato sostegno per rilanciare la sua propensione a investire, in tecnologia per migliorare i processi produttivi e la fase commerciale, nelle persone e nelle competenze, nella ricerca di nuove soluzioni, nell’economia circolare, nelle fonti rinnovabili.
Il PNRR dedica molta attenzione al rapporto tra scuola e imprese, al rilancio della ricerca di base e applicata in sinergia tra università e imprese, al sostegno dei processi di trasferimento tecnologico, alla valorizzazione del capitale umano, anche attraverso lo sviluppo degli ITS. E’ ancora alto il potenziale inespresso degli ITS: nel 2019 hanno ottenuto il diploma 3.761 studenti, contro i circa 486 mila diplomati nella scuola secondaria di secondo grado. Gli interventi previsti nel PNRR si pongono l’obiettivo di raddoppiare iscritti e corsi frequentati entro il 2030.
A favore della sostenibilità e del green, c’è la promozione delle comunità energetiche che sono coalizioni di utenti (cittadini, imprese, enti locali, ecc.), che aderiscono volontariamente a contratti di collaborazione per la produzione, il consumo e la gestione dell’energia attraverso impianti energetici locali alimentati da fonti rinnovabili, con la possibilità di utilizzo della rete di distribuzione nazionale per la condivisione dell’energia prodotta in eccesso. Si tratta di un fenomeno molto recente e ad alto potenziale soprattutto nei Distretti Industriali, visti gli elevati livelli di condivisione dell’energia prodotta che si possono raggiungere e l’intensità energetica più elevata nei Distretti (4,1% di imprese energivore vs 3%).

– foto agenziafotogramma.it –

(ITALPRESS).

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Nel Lazio triplicate in 8 anni Pmi con un livello di welfare elevato

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ROMA (ITALPRESS) – Si è tenuta, a Roma, la tappa del roadshow 2025 dedicato al territorio per diffondere e promuovere la cultura del welfare aziendale tra le aziende di piccole e medie dimensioni, con la presentazione del Rapporto Welfare Index PMI Lazio. Welfare Index PMI è l’indice che valuta il livello di welfare aziendale nelle piccole e medie imprese ed è promosso da Generali con la partecipazione delle principali Confederazioni italiane: Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato, Confprofessioni e Confcommercio.
Massimo Monacelli, General Manager di Generali Italia ha dichiarato: “Generali è un grande produttore, fornitore e promotore di welfare operando su tre direttrici: iniziative per i 14 mila dipendenti in Italia; soluzioni personalizzate per le imprese assicurate; progetti dedicati allo sviluppo della cultura del welfare nelle piccole e medie imprese, come Welfare Index PMI che, negli ultimi anni, si è evoluto in una nuova fase che prevede un roadshow di approfondimento sulle realtà locali e di incontro con le autorità e con le imprese dei territori. Grazie alla nostra struttura Health&Welfare, a Generali Welion, la società del Gruppo dedicata al welfare integrato, e alla consulenza di valore dei nostri agenti su tutto il territorio italiano, siamo impegnati tutti i giorni nel dare il nostro contributo alle imprese e alla crescita economica del sistema Paese”.
La partecipazione delle imprese laziali a Welfare Index PMI è molto attiva: 406 imprese di questa regione hanno partecipato all’ultima edizione, e 1.721 dall’inizio del progetto nel 2016 a oggi. Molte hanno garantito un’adesione continua, partecipando a più edizioni. Sono laziali diverse best practice di welfare aziendale: 6 delle 142 imprese italiane classificate nel 2024 come Welfare Champion, il livello più elevato secondo l’Indice Welfare Index PMI, e 37 delle 816 Welfare Leader, il livello immediatamente successivo. Il sistema economico e produttivo del Lazio è caratterizzato da una forte concentrazione di imprese e attività economiche nella Città metropolitana di Roma, dove predominano il terziario e la Pubblica Amministrazione, mentre le province circostanti presentano una struttura produttiva più rarefatta e a prevalente vocazione industriale e rurale. La regione produce l’11,2% del PIL italiano e contribuisce in modo significativo a quasi tutti i settori produttivi, offrendo un contributo elevato alla generazione di valore soprattutto nei macrosettori dell’amministrazione pubblica, sanità, assistenza sociale e attività artistiche e di intrattenimento, ma il suo apporto è importante anche nelle attività finanziarie, nelle attività immobiliari, alloggio e ristorazione, oltre che nel settore delle costruzioni. Nel Lazio sono presenti in regione 466 mila imprese (di cui il 72% a Roma), con una concentrazione di 81,6 imprese ogni mille abitanti: questa diffusione nel territorio è un valore sociale oltre che economico, poichè determina la capacità di impatto del welfare aziendale nelle comunità locali.
Le famiglie con almeno un familiare dipendente del settore privato nel Lazio sono 1,2 milioni, su un totale di 2,6 milioni di nuclei familiari: le aziende della regione sono in grado di raggiungere, con i loro programmi di welfare, il 47,6% delle famiglie di tutti i livelli sociali. Per quanto riguarda gli indicatori di produttività, il Lazio è sopra la media nazionale in un contesto di grande divario tra i sistemi produttivi del Nord e del Mezzogiorno; inoltre, anche il tasso di occupazione è superiore rispetto alla media nazionale: di 5 punti percentuali nel settore privato (53%vs. 48%) e di 2 punti percentuali rispetto all’occupazione femminile (55%vs. 53%).
Le imprese che raggiungono un livello elevato, ovvero alto e molto alto di welfare aziendale, sono nel Lazio il 36% del totale: una quota maggiore rispetto alla media nazionale (33%). Negli ultimi otto anni, da quando la Legge di Stabilità 2016 ha introdotto un nuovo quadro normativo con robusti incentivi per il welfare aziendale, l’evoluzione è stata veloce e continua: le imprese laziali con livello di welfare elevato sono triplicate, passando dal 12% nel 2016 al 36% nel 2024, mentre quelle al livello iniziale si sono dimezzate, dal 48,6% al 24,4%. Nel Lazio quasi otto imprese su dieci (75,6%) hanno raggiunto un livello di welfare almeno medio.
La distribuzione dei livelli di welfare aziendale nelle province laziali presenta una maggiore concentrazione nella città metropolitana di Roma. Quest’ultima raggiunge, difatti, una quota di imprese con livello di welfare alto o molto alto del 37%, mentre i restanti territori aggregati presentano una quota leggermente inferiore, il 34%. Nel Lazio, tutti i settori hanno maturato esperienze significative, con differenze motivate dalle dimensioni organizzative e dalla vocazione delle imprese: il Terzo Settore, ovvero gli enti non profit, a cui appartengono molte strutture che per statuto si propongono obiettivi di interesse sociale, presentano il livello di welfare più
elevato, con il 65% di imprese ad alti livelli di welfare. Livelli alti di welfare si riscontrano anche nel settore degli studi e servizi professionali con il 46% di imprese e la quota raggiunta dall’agricoltura (34%), tenendo conto che si tratta di un settore prevalentemente costituito da piccole e piccolissime attività.
La dimensione aziendale è fortemente correlata al livello di welfare: le imprese che raggiungono un livello elevato sono una vasta maggioranza tra le più grandi: superano l’80% fra quelle con oltre i 250 addetti e il 70% fra quelle da 101 a 250. Si tratta, in effetti, delle aziende che dispongono delle maggiori capacità economiche, di strutture professionali dedicate alla gestione delle risorse umane e di ampie platee di lavoratori beneficiari delle iniziative. Tra le imprese da 10 a 50 addetti il 54% raggiungono un livello di welfare elevato, e tra quelle con meno di 10 addetti il 41%: una consapevolezza acquisita, anche nelle realtà minori, del ruolo sociale dell’impresa e dell’importanza del welfare come leva di gestione del business.
Le imprese con politiche di welfare evolute, nel Lazio come nel resto del paese, ottengono performance superiori di produttività del lavoro e redditività aziendale, e contribuiscono più della media alla crescita dell’occupazione. Da un’analisi dei bilanci, emerge infatti che le aziende che hanno un livello di welfare elevato hanno raggiunto nel 2023 un margine operativo lordo per addetto di 40 mila euro: quasi tre volte quello delle imprese a livello medio (16 mila euro) e quattro volte quello delle imprese a livello iniziale (10 mila euro). Inoltre, le PMI del Lazio hanno registrato una crescita raggiungendo un livello di redditività del 9,5% nel 2023; le imprese con livello di welfare elevato hanno riscontrato una crescita maggiore, raggiungendo nel 2023 una redditività del 13%. Un valore più che doppio di quello delle imprese a livello iniziale, 5,2%. Esse ottengono poi risultati molto migliori nella media, soprattutto in termini di impatto sociale, come testimoniato da diversi indicatori: ampiezza e del grado di utilizzo delle misure di welfare di ogni area, valore dei sostegni economici erogati dall’azienda, pari opportunità della quota di donne che raggiungono posizioni di responsabilità, sicurezza e frequenza di infortuni sul lavoro, responsabilità verso consumatori e fornitori, esistenza di certificazioni e la verifica delle condizioni di lavoro presso i fornitori, welfare di comunità e ammontare dei sostegni offerti dall’azienda alle iniziative sociali nel territorio.
-foto ufficio stampa Generali –
(ITALPRESS).

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TG NEWS ITALPRESS – 7 OTTOBRE 2025

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ROMA (ITALPRESS) – Eurocamera, immunità a Ilaria Salis salva per un voto – Scontro Salvini-Tajani dopo il voto a Strasburgo – Gaza, positivo il primo round dei negoziati – Arrestato a Foggia il latitante Leonardo Gesualdo – Italiana morta a Formentera, autopsia esclude morte violenta – Papa Leone, primo viaggio in Turchia e Libano dal 27 Novembre – Istat, quasi una famiglia su tre limita spesa alimentare – Salis, Procaccini: “Voto umilia l’Italia”, Orlando: “Schiaffo a Orban” – Previsioni 3B Meteo 8 Ottobre.

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Consorzi Cobat, riciclate 154 mila tonnellate di prodotti a fine vita

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ROMA (ITALPRESS) – Tre filiere integrate, una base sociale in crescita e un contributo concreto all’economia circolare. Questi i risultati presentati a Roma nell’evento a Palazzo Grazioli, organizzato con il supporto di Globe Italia.
“I Consorzi Cobat sono un sistema virtuoso e i sistemi consortili sono strutture fondamentali per lo sviluppo dell’economia circolare”, ha affermato Laura D’Aprile Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del MASE.
Un modello, quello dei consorzi, che contribuisce in modo significativo ai risultati raggiunti dall’Italia che è tra i Paesi leader in Europa per il recupero e il riciclo dei rifiuti. Secondo i dati Eurostat, registra un tasso di uso circolare dei materiali – cioè la quota di materiali riciclati reinseriti nei cicli produttivi – pari al 20,8%, quasi il doppio della media europea. A questo si aggiunge il dato evidenziato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, secondo cui l’Italia guida la classifica UE con l’85,6% di rifiuti riciclati sul totale dei rifiuti trattati. Numeri che testimoniano l’eccellenza del settore, ma che non esauriscono le sfide: allinearsi alle direttive europee, incrementare la raccolta, rafforzare la tracciabilità delle filiere e ridurre la dipendenza dalle materie prime vergini.
In questo contesto, si inserisce l’azione dei Consorzi Cobat, che oggi hanno presentato a Roma, presso la Sala della Stampa Estera di Palazzo Grazioli, i Bilanci di Sostenibilità 2024. L’evento ha offerto per la prima volta una lettura integrata delle tre filiere Cobat: RIPA (pile e accumulatori), RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) e TYRE (pneumatici fuori uso).
L’evento, organizzato insieme a Globe Italia – Associazione Nazionale per il clima, ha visto la partecipazione di Michele Zilla, Presidente di Consorzi Cobat, Michele Priori, Direttore Generale di Consorzi Cobat, Camilla Colucci, CEO di Circularity – Sustainability Partner che ha supportato la redazione dei report, David Viva, Direttore Generale di Cobat RIPA, Valentina Negri, Direttore Generale di Cobat RAEE e Francesco Massaro, Direttore Generale di Cobat TYRE.
Inoltre, sul tema “Sostenibilità come volano di sviluppo: il valore dei consorzi”, sono intervenuti Fabrizio Penna, Capo Dipartimento Unità di missione per il PNRR del MASE; Laura D’Aprile, Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del MASE e il Senatore Luca De Carlo, Presidente della 9 a Commissione permanente del Senato.
I risultati raccontano di un sistema in crescita: nel 2024 sono state raccolte e avviate a trattamento oltre 154 mila tonnellate di prodotti giunti a fine vita, mentre i soci dei tre consorzi sono aumentati significativamente negli ultimi tre anni: +22% RIPA, +21% RAEE, +33% TYRE.
“Il nostro primo Bilancio di Sostenibilità integrato non è solo un esercizio di trasparenza, ma il punto di partenza di un percorso condiviso”, spiega Michele Priori, Direttore Generale di Consorzi Cobat. “Per la prima volta Consorzi Cobat racconta la propria identità e la propria visione all’interno di una narrazione unica e integrata. E’ il segno di un sistema consortile che cresce, che affronta le sfide come stimolo al cambiamento e che guarda al futuro con l’ambizione di guidare la transizione verso un’economia circolare più giusta, innovativa e inclusiva. Ogni risultato raggiunto è il frutto di un impegno collettivo: dei nostri soci, delle istituzioni, dei partner e di tutte le persone che insieme a noi credono che la sostenibilità sia una responsabilità concreta e quotidiana” ha sottolineato Michele Priori.
“Il bilancio di sostenibilità è uno strumento importante, perchè ci consente di delineare l’attività’ dei consorzi come strutture fondamentali per lo sviluppo delle filiere circolari, attraverso numeri e dati. I sistemi consortili sono la prima forma di partnership tra pubblico e privato nel settore dell’economia circolare, in cui crediamo molto e che abbiamo scelto di vigilare sempre più attentamente, attraverso l’istituzione di un organismo di vigilanza e controllo dei consorzi e dei sistemi autonomi che nel tempo monitora le attività e applica misure correttive, ove necessario, per garantire un sistema sano e competitivo. I Consorzi Cobat sono un esempio di sistema virtuoso” ha dichiarato Laura D’Aprile Capo Dipartimento Sviluppo Sostenibile del MASE.
Fra i dati del 2024, spiccano i principali risultati raggiunti: – Cobat RIPA ha raccolto 88.627 tonnellate di pile e accumulatori esausti, con una crescita del +35% rispetto al 2023. La raccolta ha riguardato in particolare 51.379 tonnellate di batterie per veicoli e 33.075 tonnellate di batterie industriali, cui si aggiungono 4.174 tonnellate di batterie portatili. Parallelamente, i soci del Consorzio hanno immesso sul mercato 236.853 tonnellate di pile e accumulatori, un dato leggermente inferiore rispetto al 2023, ma superiore al 2022.
“Questi risultati confermano la centralità della filiera RIPA per il recupero di materie critiche e per la sicurezza ambientale”, ha commentato David Viva, Direttore Generale di Cobat RIPA.
– Cobat RAEE ha raccolto 27.591 tonnellate di rifiuti elettronici, a fronte di una crescita dell’immesso al consumo, passato da 149.218 t nel 2022 a 195.935,55 t nel 2024. La raccolta dei RAEE domestici è aumentata di oltre 2.500 tonnellate rispetto al 2023, con i raggruppamenti “freddo e clima” (R1) ed “elettronica di consumo” (R4) protagonisti: più di 7.000 tonnellate ciascuno.
“La sfida dei RAEE è accompagnare l’innovazione tecnologica riducendo l’impatto ambientale e valorizzando metalli preziosi da reimmettere nei cicli produttivi”, ha osservato Valentina Negri, Direttore Generale di Cobat RAEE.
Cobat TYRE ha raccolto 38.377 tonnellate di pneumatici fuori uso, corrispondente al 111,36% rispetto al target. La Lombardia si conferma la regione con il maggior volume (4.266,40 tonnellate), ma ottime performance sono arrivate anche dal Sud, a dimostrazione di una rete logistica solida e capillare.
“Abbiamo superato i target ministeriali e dimostrato che la filiera PFU può diventare un motore di innovazione e sostenibilità, anche grazie a nuove applicazioni industriali della gomma riciclata”, ha dichiarato Francesco Massaro, Direttore Generale di Cobat TYRE.
“Questo Bilancio di Sostenibilità è la prova che i Consorzi Cobat sanno trasformare responsabilità in opportunità, unendo imprese e istituzioni in un progetto comune di futuro circolare per il Paese. Le nuove normative europee, l’evoluzione dei mercati, la necessità di rafforzare la tracciabilità e il recupero delle materie prime critiche sono solo alcuni dei fronti su cui siamo chiamati a misurarci. Siamo convinti che proprio in queste sfide risieda la possibilità di costruire un sistema più avanzato e più giusto, capace di generare valore non solo economico, ma anche sociale e ambientale. Il nostro obiettivo, oggi più che mai, è guidare la transizione verso un modello sostenibile di sviluppo, mettendo al centro l’interesse collettivo e il futuro del Paese” ha concluso Michele Zilla, Presidente di Consorzi Cobat.
-foto ufficio stampa Consorzi Cobat –
(ITALPRESS).

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