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20 LUGLIO, UN ANNO DALL’UCCISIONE A VOGHERA DEL 39ENNE YOUNS EL BOUSSETAOUI
Pubblicato
2 anni fa-
di
Redazione
di Emanuele Bottiroli
Il 20 luglio 2021 in piazza Meardi a Voghera, Massimo Adriatici, quarantotto anni, all’epoca assessore comunale alla Sicurezza della Lega, sparò al termine di un alterco al trentanovenne senza fissa dimora Youns El Boussettaoui, che morì poco tempo dopo in ospedale. Le indagini sono aperte, dopo che la Procura di Pavia a febbraio ha chiesto e ottenuto una proroga. Adriatici, che deteneva regolarmente l’arma, si trova attualmente indagato per il reato di eccesso colposo di legittima difesa. Dopo gli arresti domiciliari è stato rimesso in libertà ed è tornato a esercitare la professione di avvocato. In questo anno si sono svolti vari rilievi sul posto e si è tenuto anche un incidente probatorio attraverso due udienze per cristallizzare tre testimonianze di persone presenti la sera dell’accaduto. Il prossimo step giudiziario sarà la notifica dell’avviso di conclusione indagini cui seguirà il rinvio a giudizio. In questi giorni in città si sono registrati diversi interventi a un anno da un fatto di cronaca nera che generato un polverone mediatico nazionale senza precedenti sulla terza città della provincia di Pavia.
PD VOGHERA
È trascorso un anno da quella tragica sera del 20 luglio in cui è morto Youns El Boussetaoui. A oggi non abbiamo ancora una risposta sulla dinamica dell’episodio, le indagini sono ancora in corso e noi non vogliamo entrarvi.
Né giudicare la vicenda giudiziaria.
Lasciamo agli elettori le valutazioni sulle responsabilità politiche dell’Amministrazione in questa tragica vicenda che noi abbiamo da subito sottolineato.
Però non vogliamo dimenticare.
In una città normale si sarebbe organizzata una manifestazione pacifica, un momento di preghiera o di aggregazione. Ma la sindaca ha chiesto responsabilità all’opposizione, che spesso secondo lei ha cavalcato tensioni e polemiche. E noi accogliamo la richiesta, ma respingiamo con forza tali insinuazioni perché abbiamo sempre agito ed espresso le nostre idee democraticamente e nelle sedi opportune.
Invece vorremmo avere delle risposte.
Un anno fa, quando le fu chiesto di intervenire dal momento che era coinvolto un assessore, ci è stato risposto che era un fatto privato. Invece la scorsa settimana la sparatoria di Piazza Duomo che, dai primi accertamenti giudiziari, sembrerebbe scaturita unicamente da dinamiche personali, è diventata curiosamente un fatto politico. A proposito della situazione tesa in città, la sindaca ha dichiarato che qualcuno ha deciso a tavolino di gettare benzina sulle paure dei vogheresi. Non si possono lanciare accuse generiche così gravi senza fare nomi e cognomi e senza denunciare alle autorità competenti tutto ciò di cui si è eventualmente a conoscenza.
Una (voluta?) confusione di piani che ci ricorda le prese di posizione sulla sicurezza reale e percepita. Durante l’ultima conferenza stampa l’avvocato William Tura ha parlato di una città sicura, di cose strane e curiose sulle quali è stata costruita una narrazione del tutto fuorviante e della diminuzione a Voghera della microcriminalità. Non possiamo però non evidenziare, restando su un campo politico, che le città più sicure sono quelle in cui si fa inclusione e prevenzione, non solo repressione.
Inoltre a smentire le affermazioni dell’assessore l’agguato di qualche notte fa a un cittadino in pieno centro.
Forse esiste un’opposizione reale e una opposizione aggressiva percepita?
Noi domani 20 luglio – alle 18. 00 – porteremo un fiore in Piazza Meardi per non dimenticare che lì si è spezzata una vita umana.
Invitiamo i consiglieri comunali, le forze politiche dei diversi schieramenti e i cittadini a condividere l’iniziativa.
ALLEANZA CIVICA PER VOGHERA
Un anno dalla morte di El Boussetaoui
Esattamente un anno fa, un colpo di pistola sparato da un uomo delle istituzioni, l’assessore alla sicurezza Avv. Adriatici, uccideva il cittadino marocchino El Boussetaoui.
Il fatto di sangue nato dalla volontà di sostituirsi alle forze dell’ordine nella gestione della sicurezza sociale, ha causato la morte violenta di una persona per mano di un uomo delle istituzioni. Un pubblico ufficiale che invece di garantire il rispetto delle regole le ha violate.
Voghera è stata proiettata per mesi sulla stampa nazionale come città violenta, per mano di chi la città doveva invece proteggere.
La Giunta non mostrò alcuna umanità verso chi perse la vita, chiusa dentro sè stessa a difendere l’indifendibile, dimostrandosi incapace di gestire con dignità la morte di un uomo.
L’uccisione non è stata un fatto privato, perché avvenuto e rivendicato nell’esercizio delle funzioni assessorili.
Le “chat della vergogna”, rivelarono poi la grande distanza dalla città e la mancanza di etica di alcuni degli amministratori verso i vogheresi.
L’ episodio, tragico, ha dato l’avvio a fatti di violenza provocati da chi aveva costruito una campagna mediatica senza precedenti contro l’uso delle armi.
La magistratura ha poi messo fine alle violenze, alcune di queste effettuate contro simpatizzanti di Alleanza Civica. Così almeno ci auguriamo.
Voghera non è ancora una città sicura, dove le famiglie possono con serenità muoversi nelle strade: i fatti degli ultimi giorni ne sono la prova.
Occorre, da parte di chi governa, determinazione e trasparenza nel raggiungere gli obiettivi che si è data nel programma. Occorre, soprattutto, conoscere il territorio, le sue povertà e le sue tensioni, per poter poi individuare gli strumenti per garantire una vera prevenzione comprensiva di recupero.
Alleanza Civica per Voghera è vicina alla famiglia di El Bosseraoui, ha fiducia nell’operato della magistratura affinché il processo faccia luce sulle responsabilita della sua morte.
Contemporaneamete chiede alla Amministrazione Comunale di affrontare con serietà e determinazione il tema della sicurezza sociale per consentire ai vogheresi di vivere in serenità.
ANPI VOGHERA
𝐄’ 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐚𝐭𝐨 𝐮𝐧 𝐚𝐧𝐧𝐨 dall’uccisione, da parte dell’allora assessore leghista (con delega alla Sicurezza, Polizia Locale, Osservatorio Immigrazione) Massimo Adriatici, di un cittadino straniero con sofferenza psichica,𝐘𝐨𝐮𝐧𝐬 𝐄𝐥 𝐁𝐨𝐮𝐬𝐬𝐞𝐭𝐚𝐨𝐮𝐢, al termine di un diverbio di fronte ad un bar in Piazza Meardi.
In base a quanto riportato dalla stampa la magistratura ha richiesto ulteriore tempo per arrivare a chiudere l’indagine – e su questo auspichiamo che il processo previsto per fine anno possa chiarire davvero quello che è avvenuto nella serata del 20 luglio 2021, dimostrando senza ombre che davvero la “giustizia è uguale per tutti” – nel frattempo l’ex assessore ha ripreso a svolgere la sua attività e la città sembra avere sostanzialmente cancellato quel fatto gravissimo e inedito nella storia locale.
Sicuramente l’uccisione di Youns è stata rimossa dalla sfera politica e amministrativa, dove – a parte le prime squallide comunicazioni politiche di esponenti nazionali e provinciali del partito dell’assessore – è prevalso un fragoroso silenzio, se possibile ancora più eloquente delle mancate dichiarazioni, prese di posizione, semplici ed umane dichiarazioni di cordoglio.
Ripercorrere quanto accaduto nei giorni successivi al 20 luglio è una pagina triste per l’intera comunità vogherese.
In sintesi: lo stupore per la Giunta che prende solo atto dell’autosospensione dell’ex assessore agli arresti domiciliari; la manifestazione pacifica di sabato 24 luglio (con la presenza della famiglia di Youns ed una grande partecipazione delle comunità marocchine e magrhebine oltre a moltissimi migranti con cittadinanza italiana uomini, donne, bambini) con scarsissima presenza di vogheresi, in un centro cittadino con negozi inspiegabilmente chiusi dopo i messaggi di allarme inviati dalla sindaca; il Consiglio comunale del 28 luglio che ripropone un segnale negativo, mancando riflessioni e approfondimento, con l’incredibile silenzio dei consiglieri di maggioranza che rinunciano al proprio ruolo delegando alla sindaca ed alla capogruppo leghista, gli interventi incentrati quasi esclusivamente sul presunto danno di immagine subito dalla città ad opera dei media. Così l’uccisione di un uomo ad opera di un rappresentante delle istituzioni locali diventa un “normale” fatto di cronaca, che chiama in causa solo due soggetti (chi spara e chi muore) cancellando il clima politico oltre che culturale nel quale è maturata l’uccisione di Youns e sulla quale anche le associazioni di volontariato riunite nella Consulta, risultano incapaci di una qualsiasi posizione o interrogativo sulla vicenda. Ma la rimozione non ha funzionato, nel periodo successivo si impantana tra squallide manovre di palazzo, mescolate alle pesantissime inchieste sulla gestione dell’ASM, alle indagini sul presunto voto di scambio usato da una ex assessora ed al penoso stillicidio di volgarità delle comunicazioni interne alla giunta, rese pubbliche con il contagocce e non discusse, come la richiesta di dimissioni di un assessore, in un Consiglio comunale a novembre, con accesso impedito alla stampa ed alla Rai regionale.
Di mese in mese l’episodio scompare dai media e dalle scelte politiche e così, si riparte dai temi logori della precedente campagna elettorale, tornando ad agitare la “sicurezza”, come negli ultimi vent’anni, mescolando situazioni reali di microcriminalità, progressivo degrado di aree e spazi urbani, assenza di iniziative sociali e di accoglienza, sovrapponendo piano locale e nazionale per campagne politiche.
Oggi il tema “sicurezza” è ancora sui social in modo ripetitivo (i bivacchi nei giardini della stazione, le risse, ecc… con gli stessi commenti stereotipati sugli stranieri, spesso rilanciati da chi ieri ha sostenuto le attuali maggioranze ed oggi punta il dito contro le politiche che ha contribuito a sviluppare). Siti e blog diventati anche strumenti di aggressione verbale che poi si trasformano in
violenza fisica, come accaduto nel corso dell’anno, gestiti da soggetti in cerca di visibilità “politica” a qualunque costo e che diventano protagonisti di aggressioni, anche a mano armata, come
accaduto pochi giorni fa.
Restano, purtroppo, senza risposta le considerazioni di 𝐆𝐢𝐨𝐫𝐠𝐢𝐨 𝐁𝐨𝐚𝐭𝐭𝐢 dell’ottobre scorso sulla “𝐕𝐨𝐠𝐡𝐞𝐫𝐢𝐳𝐳𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞” intesa “…come sbando di una comunità e caduta rapida e severa della coesione
sociale e della reputazione territoriale di una località. Penetrante come una diagnosi il termine “Vogherizzazione” va oltre: punta l’indice sulla regressione della classe dirigente locale.
Desolatamente impreparata davanti a problemi di disagio sociale, di disgregazione civile. Nel garantire sicurezza e diritti dei cittadini. “Vogherizzazione” sottolinea infine la perdita, da parte di chi ha avuto l’onore e l’onere di amministrare la città, del senso del proprio ruolo. E’ la messa in evidenza di penose inadeguatezze: di sensibilità umana e civile e istituzionale; di spessore culturale;
di empatia e maturità comunicazionale; di esperienza amministrativa. E’ anche, però, l’ammettere la profonda crisi che attraversa l’intera città. Crisi di identità, di visione futura, di schietto confronto sui problemi che incombono, e non da oggi, sulla comunità e sul territorio.
Crisi e smarrimento che investono tutte le forze politiche, la società civile, le reti professionali e produttive. Anch’esse sono parte della patologia della “Vogherizzazione”. E non riescono ancora ad esserne la terapia…”.
La reazione che Boatti auspicava ad oggi non la vediamo.
𝐀𝐧𝐭𝐨𝐧𝐢𝐨 𝐂𝐨𝐫𝐛𝐞𝐥𝐞𝐭𝐭𝐢, 𝐌𝐚𝐫𝐜𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐢𝐞𝐫𝐢, 𝐋𝐮𝐜𝐢𝐚𝐧𝐚 𝐎𝐫𝐢𝐠𝐠𝐢, 𝐑𝐢𝐭𝐚 𝐂𝐚𝐦𝐩𝐢𝐨𝐧𝐢, 𝐀𝐝𝐫𝐢𝐚𝐧𝐨 𝐁𝐫𝐚𝐜𝐨𝐧𝐞, 𝐀𝐧𝐭𝐨𝐧𝐢𝐞𝐭𝐭𝐚 𝐁𝐨𝐭𝐭𝐢𝐧𝐢, 𝐀𝐮𝐫𝐨𝐫𝐚 𝐁𝐨𝐧𝐟𝐨𝐜𝐨, 𝐆𝐢𝐨𝐫𝐠𝐢𝐨 𝐒𝐢𝐥𝐯𝐚𝐧𝐢, 𝐂𝐡𝐢𝐚𝐫𝐚 𝐃𝐞𝐩𝐚𝐨𝐥𝐢, 𝐒𝐭𝐞𝐟𝐚𝐧𝐨 𝐑𝐞𝐧𝐳𝐢, 𝐃𝐚𝐧𝐢𝐞𝐥𝐞 𝐅𝐞𝐫𝐫𝐨
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