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Economia

Nel Mezzogiorno cresce del 18,1% l’Export dei distretti industriali

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ROMA (ITALPRESS) – Nel primo trimestre del 2022 l’export dei distretti industriali del Mezzogiorno ha ripreso a crescere, mostrando un progresso del +18,1% a prezzi correnti rispetto ai primi tre mesi dello scorso anno, e supera anche i livelli pre-pandemici (+15,8% vs. gennaio-marzo 2019). Il risultato è leggermente inferiore rispetto a quanto si registra a livello nazionale (+19,3% vs. gennaio-marzo 2021; +16% vs.
gennaio-marzo 2019).
Delle sei regioni del Mezzogiorno in cui si monitorano i distretti industriali, Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia e Abruzzo nel primo trimestre 2022 registrano un aumento dei valori esportati rispetto allo stesso periodo del 2021 e del 2019. Solo la Sardegna mostra vendite all’estero in calo su entrambi i periodi.
Dall’osservazione dei singoli distretti industriali del Mezzogiorno si rileva che 22 sui 28 monitorati mostrano risultati in crescita rispetto al primo trimestre 2021; scendono a 18 se confrontati col periodo pre-Covid.
Sul risultato influisce anche la dinamica di rialzo dei prezzi alla produzione. Nel primo trimestre 2022 l’indice dei prezzi alla produzione sul mercato estero per le attività manifatturiere ha infatti registrato una crescita dell’11,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e del 12,3% nel confronto con il 2019. Il balzo dei prezzi si rileva anche in alcuni settori ad alta intensità distrettuale del Mezzogiorno come le industrie alimentari (+8,5% rispetto al primo trimestre 2021), dove il comparto più interessato è quello dell’olio (+18,5%), seguito dai prodotti a base di carne (+13,9%), pasta e dolci (+12,1%), riso e farine (+10,7%); anche gli altri comparti registrano aumenti, ma inferiori alla media di settore. Prezzi alla produzione in crescita sui mercati esteri anche per le industrie tessili (+10,2%), del legno (+13%), della meccanica (+7,1%) e dell’elettronica (+6,4%).
Tra le filiere distrettuali che si collocano già oltre i livelli pre-pandemici spicca l’agro-alimentare (+31,2% rispetto al primo trimestre 2019). Nel Mezzogiorno si contano ben 15 distretti appartenenti a questo macrosettore, di cui 14 chiudono il primo trimestre 2022 con livelli di export superiori al periodo pre-Covid, con la sola esclusione dell’Ortofrutta e conserve del foggiano (-27,7%).
Spicca tra tutti per le migliori prestazioni l’Ortofrutta del barese, che cresce a tre cifre rispetto allo stesso periodo del 2019, ma anche rispetto al 2021, grazie alle maggiori vendite verso Algeria e Turchia. Vanno molto bene anche l’Alimentare Napoletano (+48,6% vs. I trim 2019), le Conserve di Nocera (+13,6%), la Mozzarella di bufala campana (+47,2%), l’Agricoltura della Piana del Sele (+27,8%), l’Olio e pasta del barese (+36,7%) e l’Alimentare di Avellino (+20,8%), tutti con valori delle vendite all’estero che superano di oltre 10 milioni di euro quelle del primo trimestre del 2019.
Positivo complessivamente l’andamento del sistema casa (+25,8% la variazione rispetto al primo trimestre 2019), che prosegue nel beneficiare della crescente attenzione all’ambiente domestico indotta dalla pandemia. Trainante la performance del Mobile imbottito della Murgia (+33,3%), in grado di compensare il ritardo rispetto ai valori pre-pandemici del distretto del Mobilio abruzzese (-3%), che tuttavia mostra segnali di recupero rispetto al primo trimestre 2021 (+22,1%).
Arrivano segnali incoraggianti per il sistema moda che ha mostrato un rimbalzo rispetto al primo trimestre del 2021 (+29,3%). Tuttavia, si tratta di performance ancora insufficienti per recuperare i livelli registrati nel pre-Covid (-11,2% vs. I trim 2019). Si collocano su livelli superiori rispetto al pre- pandemia tre distretti su nove: le Calzature di Casarano (+26,9%), le Calzature del nord barese (+3%) e l’Abbigliamento del barese (+3,9%) Negativo il dato della Meccatronica del barese rispetto al primo trimestre 2019 (-3,3%) e in
pareggio rispetto allo stesso periodo del 2021, condizionato, in particolare, dalle minori vendite di componentistica auto. Ritardi importanti per il Sughero di Calangianus (-20,7% vs. I trim 2019).
L’analisi per mercati di sbocco mostra il maggiore peso delle esportazioni verso i mercati maturi (oltre il 70%). I paesi in cui l’export dei distretti del Mezzogiorno ha registrato la crescita maggiore in valore rispetto al primo trimestre 2019 sono gli Stati Uniti (+79 milioni, in particolare concentrati
nel sistema casa), la Germania (+76 milioni, in primis meccatronica) e, tra gli emergenti, l‘Algeria (+82 milioni). Mostrano, invece, un calo rispetto al periodo pre-Covid le vendite verso Svizzera (-26 milioni, in particolare nel sistema moda) e Regno Unito (-42 milioni, in primis meccatronica e
conserve).
Le esportazioni del primo trimestre 2022 dei Poli tecnologici del Mezzogiorno si collocano, complessivamente, oltre i livelli pre-Covid (+6,5% rispetto al primo trimestre 2019). In crescita il
Polo farmaceutico di Napoli (+51%) e i Poli ICT dell’Aquila (+8,3%) e di Catania (+19%).

“I valori delle esportazioni dei distretti industriali del Mezzogiorno dimostrano che l’economia meridionale è in ripresa e sta reagendo bene alle difficoltà di contesto emerse nell’ultimo periodo – spiega Giuseppe Nargi, Direttore Regionale Campania, Calabria e Sicilia di Intesa Sanpaolo -. La nostra Banca continuerà a garantire tutti gli interventi necessari per consolidare questo andamento positivo, a partire dagli investimenti sostenibili per realizzare la transizione ambientale e digitale delle imprese. Supportiamo inoltre le filiere di prossimità, elemento chiave del nostro sistema produttivo: nel perimetro della mia Direzione Regionale abbiamo già favorito oltre 80 accordi di filiera che coinvolgono circa 1.250 fornitori e mobilitano un giro d’affari di oltre 6,5 miliardi di euro. Stiamo anche lavorando con i commissari delle ZES per attrarre nuovi capitali in queste aree” afferma Giuseppe Nargi, Direttore Regionale Campania, Calabria e Sicilia di Intesa Sanpaolo.
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– foto: ufficio stampa Intesa Sanpaolo

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Economia

Intesa Sanpaolo, Barrese “Un piano da 1,5 miliardi per il sociale”

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RIMINI (ITALPRESS) – “E’ necessaria un’azione impattante, condivisa e sinergica che veda tutti – Istituzioni, imprese e privati – impegnati per una crescita diffusa e inclusiva. Lo Stato certo deve essere protagonista, ma ognuno deve fare la sua parte in quello che possiamo definire un nuovo patto sociale tra tutti i soggetti pubblici e privati che hanno ruoli di responsabilità nella tenuta e nella crescita del Paese per la lotta alla povertà, il contrasto alle disuguaglianze, l’accesso alla formazione professionale e all’occupazione”. Lo ha detto Stefano Barrese, responsabile della Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, nell’ambito del Meeting di Rimini in occasione dell’incontro sul tema “La differenza fra povertà e miseria muove la carità”.
“Intesa Sanpaolo, come prima banca del Paese, è consapevole di avere un ruolo chiave in questi ambiti e la responsabilità di sostenere un cambiamento. Il CEO Carlo Messina ha voluto realizzare quello che è diventato il principale progetto privato di coesione in Italia, ponendo il Gruppo come Istituzione al servizio del Paese per la promozione di una società più equa – ha proseguito Barrese -. Attraverso la struttura Intesa Sanpaolo per il Sociale abbiamo stanziato risorse in campo sociale per 1,5 miliardi di euro entro il 2027, realizzando dal 2022 ad oggi 60,3 milioni di interventi, con oltre 49 milioni di pasti, 4,3 milioni di posti letto, 6,3 milioni di medicinali e 621mila capi di abbigliamento. Nell’ambito della Direzione Impact, la cui attività si dispiega attraverso l’interazione con la Divisione Banca dei Territori e il radicamento di quest’ultima sul territorio, ad oggi abbiamo formato oltre 5.350 giovani coinvolgendo circa 2.500 aziende con il progetto Giovani e Lavoro, sostenuto con il prestito Per Merito gli studi post-diploma di oltre 45mila ragazzi ed oltre 500 progetti ad alto valore sociale di realtà del Terzo Settore sui territori attraverso la piattaforma digitale For Funding”.

– Foto Meeting di Rimini 2025 –

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Economia

Fumarola “Contrari ai dazi, bisogna proteggere le imprese e il lavoro”

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RIMINI (ITALPRESS) – “Noi siamo assolutamente contrari ai dazi perchè creano problemi alle imprese, ai lavoratori, all’economia e alle filiere. Certo, dazi al 15% sono meglio che al 50%, noi continuiamo a dire che serve continuare a intervenire sull’Ue perché è l’Europa che se ne deve occupare. Continuiamo a sostenere che bisogna proteggere le imprese, il lavoro e trovare nuovi sbocchi commerciali per non dipendere da situazioni di questo tipo”. Così Daniela Fumarola, segretaria generale Cisl, a margine del 46° Meeting di Rimini.

“I salari crescono se si rinnovano i contratti pubblici e privati, se si interviene sul cuneo fiscale, noi coglieremo l’opportunità della nuova manovra per chiedere di continuare su questo passo. Dobbiamo però avere attenzione a salari e pensioni, chiediamo di intervenire sul ceto medio e famiglie perché sono state le più colpite in questi anni difficili, ma il ceto meglio e le famiglie sono quelle che più di altri hanno sofferto. Nel chiedere un incontro al governo rispetto alla nuova manovra che si apprestano a fare, pensiamo che debba essere uno dei temi”, ha aggiunto. “Inoltre, noi pensiamo che si debba passare dal 35% al 32%, pensiamo che bisogna continuare un’azione che favorisca lavoratori, pensionati e famiglie. Dobbiamo unire il Paese e possiamo farlo anche attraverso questi interventi”, osserva.

“Siamo contrari al salario minimo legale perché pensiamo che l’azione contrattuale, che nel nostro Paese è particolarmente diffusa, sia lo strumento e il modo attraverso il quale bisogna elevare i salari, anche di chi ad oggi è al di sotto dei 9 euro. Crediamo che, per quanto riguarda le materie lavoristiche l’intervento per legge non debba esserci, devono essere le parti sociali, le imprese e il governo a trovare i rimedi giusti”, ha spiegato in merito al salario minimo.

“Noi continuiamo a rilanciare l’idea del patto sociale per la crescita del nostro Paese, abbiamo trovato un’apertura da parte della premier che si è resa disponibile a ragionare su questo tema, abbiamo trovato apertura anche da parte di associazioni imprenditoriali. Dobbiamo costruire le condizioni affinché il patto si realizzi anche perchè noi abbiamo l’emergenza che sovrasta tutte le alte: sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, ogni giorno troppe vite spezzate, dobbiamo lavorare per una strategia comune che continui a portare risultati. Abbiamo bisogno di unire le forze perché le sfide sono importanti”, ha concluso la segretaria generale della Cisl.

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– foto Meeting Rimini 2025 –

(ITALPRESS).

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Economia

Dazi, Orsini “Il quadro è più chiaro, ma ora gli eurobond sono indispensabili”

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ROMA (ITALPRESS) – “Con la formalizzazione dell’accordo Usa-Ue finalmente siamo a un punto fermo. Da quanto afferma Palazzo Chigi si ha la certezza che siamo al 15% anche su settori come il farmaco e l’automotive. Elemento estremamente importante è che il 15% assorbe il 4,8% dei dazi attuali. Quindi l’incremento non è del 15% ma del 10,2%, un livello che pone la Ue al di sotto dell’aumento medio dei dazi americani nel mondo che è intorno al 12-13%: un aspetto che ci tengo a sottolineare, fermo restando che tutto quello che fa aumentare il prezzo delle nostre merci può avere un impatto negativo sulla nostra competitività”. Così Emanuele Orsini, presidente di Confindustria, in un’intervista al Sole 24 ore. “Ma non è questione solo di dazi: dobbiamo riequilibrare il cambio eurodollaro. Oggi c’è un incremento dell’11,5% ma potrebbe arrivare al 20 o 24%. Dobbiamo lavorare su questo aspetto, che va monitorato. Noi come imprenditori dobbiamo proteggerci, ma è il momento che l’Europa metta in campo misure come gli eurobond per realizzare gli obiettivi che ha in mente, a partire dalle transizioni, ma anche le infrastrutture e il prosieguo del Pnrr, mettendo al centro l’industria e la competitività”, spiega.

“L’Europa deve darsi una sveglia. Abbiamo visto i vari omnibus, ma abbiamo bisogno che si faccia molto presto, sia sulla burocrazia che costa alle imprese il 6,7 per cento del pil europeo, sia per eliminare i dazi interni che frenano il mercato unico. Oggi vediamo troppi capitali andare dall’Europa verso gli Stati uniti, 300 miliardi all’anno. Gli eurobond devono essere realizzati prima possibile per attrarre investimenti, realizzare infrastrutture e puntare sulle imprese. Diventa necessario come difesa dell’industria europea”, continua Orsini. “Occorrono un piano straordinario europeo e un piano italiano per l’industria con una visione per lo meno a tre anni. L’Eurostat qualche giorno fa ha scritto che la produzione industriale è caduta del l’1,3 per cento. Nel 2025 scadono quasi tutti gli incentivi all’industria per gli investimenti. Ricerca e sviluppo hanno una quota bassissima per i prossimi anni, dobbiamo sviluppare misure che possano rilanciare gli investimenti per essere più competitivi, utilizzando misure che hanno dato risultati, come la Zes unica che, con uno stanziamento di risorse pubbliche di 4,8 miliardi negli ultimi 2 anni ha generato 28 miliardi di investimenti e 35mila posti di lavoro”, conclude.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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