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Cronaca

Frena nel 2023 il Pil lombardo, solo +0,3% dopo il +3,9% nel 2022

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MILANO (ITALPRESS) – Il “passo” della manifattura lombarda, pur dimostrando maggiore vitalità rispetto all’Italia nel complesso, continua a perdere tono con l’arrivo dell’autunno. E’ questo uno dei principali spunti offerti dal Booklet Economia di novembre realizzato da Assolombarda. Il documento, curato dal Centro Studi dell’Associazione, mette in luce il livello di incertezza che frena le prospettive del tessuto economico della regione. Chiarisce, infine, anche le ridotte previsioni legate al PIL per il 2023 (+0,3%).
“Il rallentamento legato al PIL è dovuto alle tensioni che hanno a che fare con l’aumento del costo delle materie prime – ha dichiarato il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada -. Con particolare riferimento al gas, per esempio, le quotazioni in Europa, nell’ultimo mese, sono calate in media a circa 115 €MW/h, ma risultano ancora dieci volte superiori rispetto al pre-Covid. In tal senso, bene che il nuovo Governo sia intervenuto subito con un Decreto sul problema dell’energia e che non abbia tergiversato. Tuttavia, dobbiamo avere bene a mente che questi provvedimenti, penso anche all’ultima legge di bilancio presentata ieri, sono solo un aiuto a sopravvivere, non la soluzione al problema. Sta all’Italia investire di più sul mix di fonti per traguardare l’indipendenza energetica; penso in particolare all’utilità di rigassificatori e termovalorizzatori e all’importanza degli studi sul nucleare. L’energia è fondamentale per un territorio manifatturiero come il nostro e, in tal senso, dobbiamo impegnarci per mettere al riparo le nostre imprese: il rischio è quello di fermare il motore economico del Paese, la Lombardia”.
Secondo il rapporto targato Assolombarda, per la Lombardia, così come per l’Italia, si prospetta una flessione dell’economia sia negli ultimi mesi dell’anno che nell’avvio del nuovo: un altro nodo, infatti, riguarda il vigore della domanda, che si sta ‘raffreddandò. Una tendenza che impatta, inevitabilmente, sulle previsioni di crescita dell’economia lombarda, sia per l’anno in corso che per quello successivo.
Nell’arco del 2022 si attende, per la Lombardia, una crescita del +3,9%, un dato superiore rispetto alla media italiana (+3,4%) che consente alla regione di colmare pienamente la perdita di PIL accusata nel 2020, attestandosi così, alla fine del 2022, a +1,8% rispetto al 2019. Con particolare riferimento ai suoi comparti, l’industria regionale non chiuderà, per poco, il divario con il 2019 (-0,2% il valore aggiunto), risentendo del rincaro degli input produttivi e del rallentamento internazionale. Così sarà per l’agricoltura (-2,4%); al contrario, il settore delle costruzioni avanzerà sensibilmente (+30,1%) come anche quello dei servizi e del commercio (+1,0%).
Il rapporto di Assolombarda si concentra anche sulle previsioni legate al PIL per il 2023: si prevede che in Lombardia il prodotto interno lordo possa aumentare solo dello 0,3% (in Italia l’incremento è stimato allo 0,1%). Il risultato regionale è influenzato da una contrazione del valore aggiunto dell’industria (-1,0%) e dell’agricoltura (-0,5%), a fronte di un limitato incremento sia delle costruzioni (+1,2%) sia dei servizi e del commercio (+0,5%).
Con riferimento all’industria regionale, la “decelerazione” in corso è visibile nel consuntivo del terzo trimestre 2022: dopo una prima metà dell’anno caratterizzata da una progressione, infatti, la produzione registra ancora una crescita del +0,4% congiunturale e del +4,8% tendenziale, ma nei tassi è evidente che la spinta dei periodi precedenti si sia ridotta. L’avanzamento della Lombardia si differenzia, comunque, dalla dinamica italiana che registra un +0,1% tendenziale legato alla produzione.
Secondo le ultime indagini, cresce inoltre la preoccupazione relativa all’insufficienza della domanda. Si tratta di un ostacolo alla produzione che riguarda il 16% delle imprese manifatturiere del Nord-Ovest; tale percentuale non è stata mai così alta nell’ultimo anno e mezzo. Al dato si aggiunge anche qualche segnale di allentamento nelle strozzature legate all’offerta: la percentuale di aziende che segnala carenze di materiali e impianti diminuisce, infatti, nel terzo trimestre al 12% (dopo il picco del 23% nel primo trimestre e il 16% nel secondo).
A ottobre, inoltre, le “indicazioni di sentiment” confermano i segnali di rallentamento dei mesi precedenti. La fiducia delle imprese manifatturiere in Lombardia e nel Nord-Ovest, del resto, è ancora in calo per il quarto mese consecutivo e scende sui minimi da gennaio 2021. Questo trend è legato, in particolare, all’ulteriore riduzione degli ordini in portafoglio e alle scorte di prodotti finiti che si accumulano nei magazzini; sono in lieve miglioramento, invece, le aspettative legate alla produzione.
Quanto ai servizi del Nord Ovest, la fiducia rilevata nel mese scorso rimbalza leggermente, nonostante il comparto soffra, comunque, attese di domanda molto caute nel breve periodo. Le famiglie, infine, risultano ancora più influenzate dal deterioramento del contesto economico: la fiducia dei consumatori del Nord-Ovest scende a ottobre sul livello più basso da maggio 2020.
credit photo agenziafotogramma.it
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Urso “Via libera del Consiglio dei Ministri al ddl concorrenza”

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ROMA (ITALPRESS) – “Il Consiglio dei ministri ha approvato la legge annuale sulla concorrenza 2025, la terza legge annuale del governo di Giorgia Meloni, confermando così la buona prassi di ripristinare la cadenza annuale. Nei 14 anni precedenti sono state fatte solo due leggi annuali, nel nostro governo una all’anno”. Lo ha detto il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi. “In questo caso, abbiamo concentrato l’attenzione su come rendere più efficienti i servizi pubblici locali per i Comuni con oltre 5000 abitanti”, ha spiegato.

Foto: IPA Agency

(ITALPRESS).

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L’ADDIO DI INZAGHI: DOVERI, VALORI E RICONOSCENZA IN FRANTUMI IN NOME DEL VIL DENARO

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Da ieri pomeriggio non si fa che parlare dell’addio di Inzaghi all’Inter, mentre si è in attesa di un sì da Fabregas, che stasera a Londra vedrà Piero Ausilio. I tifosi sui social sono scatenati per il modo in cui questo addio è avvenuto, ovvero la riunione in sede perfettamente inutile, perché era già tutto concordato con gli arabi da diversi giorni, contratto biennale da 50 milioni, che mai l’Inter avrebbe potuto garantirgli (insieme ad un mercato faraonico). Inoltre sono emersi particolari che hanno fatto infuriare chi ama i colori nerazzurri: sul Corriere si scrive chiaramente che aveva chiesto ai suoi fedelissimi di seguirlo (Barella, Bastoni, DiMarco, Acerbi). Si spiega così l’espressione strana e furba di Barella in conferenza stampa della vigilia, alla domanda sul futuro del tecnico. Di sicuro la sera della sfida con il Psg il gruppo non era già più unito. Venerdì 30 maggio, Inzaghi, secondo gli arabi, avrebbe incontrato in quel di Monaco un emissario dell’Al Hilal e di fatto ha gestito malissimo tutto l’avvicinamento alla partita che valeva una stagione. Questione di vil denaro, di irriconoscenza, di valori che non esistono più di fronte a contratti faraonici. Stamane il direttore della Gazzetta Stefano Barigelli nel suo editoriale ha chiarito bene le cose, a partire dal titolo “Ha avuto più Inzaghi dall’Inter che l’Inter da Inzaghi”. E poi scrive: “Uscire di scena così è quasi peggio che perdere cinque a zero. Inzaghi chiude le quattro stagioni con l’Inter lasciandosi alle spalle le macerie di una disfatta sportiva per firmare con un munifico club arabo un contratto favoloso. Diciamo che se si voleva una fotografia di cosa sia diventato il calcio non poteva essercene una più emblematica. Parole come contratto, riconoscenza, dovere non esistono più. Al loro posto comandano altre parole: interesse personale, guadagno, bonus. Se infatti Inzaghi è arrivato a quel contratto lo deve all’Inter che lo volle a tutti i costi quando già aveva promesso a Lotito di restare alla Lazio. C’era da sostituire Conte, non uno qualsiasi, un tecnico che in due anni era arrivato secondo e primo. Per ripagare la scommessa sportiva fatta allora da Marotta e Zhang, che lo hanno fortemente voluto sulla panchina di uno dei club più importanti al mondo, Inzaghi sarebbe dovuto restare. Per tornare a vincere già l’anno prossimo. Un capo non lascia il gruppo che ha condotto alla sconfitta, ma rimane lì, per riportarlo a vincere. Dire che si è orgogliosi dei propri giocatori è facile, perché è gratis. Più difficile dimostrarlo con i fatti. Oltretutto Inzaghi aveva ancora un anno con il club nerazzurro. Ma i contratti in essere, come detto, ormai non contano niente. Prima bastava una stretta di mano, adesso non è sufficiente nemmeno un accordo scritto dagli avvocati con le penali annesse. Di questa offerta milionaria dell’Al Hilal preparata da tempo si era diffusamente parlato anche i giorni prima della sciagurata finale di Monaco, il che non credo abbia giovato alla causa. L’Inter quella partita non l’ha giocata e un peso certamente l’ha avuto la notizia, mai smentita, di un possibile addio dell’allenatore. La squadra più forte si è così ritrovata in pochi giorni, tra Lazio e Psg, a perdere tutto. Era per la verità già successo a Inzaghi in almeno un’altra circostanza. Il campionato buttato per strada e abilmente raccolto dal Milan di Pioli. Uno scudetto vinto e due persi per cumulo di errori tecnici. Non un gran bilancio, sinceramente. A Inzaghi vanno riconosciute alcune qualità: non è un allenatore egocentrico e sa sopportare lo stress del ruolo con educazione e rispetto per chi ha intorno o di fronte. Soprattutto ha confermato anche a Milano una spiccata capacità tattica nelle sfide di un giorno che hanno portato alla conquista di Coppe Italia e Supercoppe. Capacità, non sufficiente, tuttavia, per arrivare alla Champions. Dove però ha incontrato due squadre superiori (City e Psg), guidate da grandissimi tecnici, Guardiola e Luis Enrique, figli della medesima scuola, quella catalana, che ha sempre rappresentato uno dei vertici calcistici mondiali. A Istanbul è mancato il risultato ma non il coraggio, a Monaco è mancato tutto. Alla fine ha dato più l’Inter a Inzaghi di quanto abbia dato Inzaghi all’Inter. Ha saputo reggere anche quando il club si è trovato in difficoltà economiche e anche questo è un suo merito non trascurabile. Però alla fine non va in Premier ma in Arabia, in un campionato dove certo non ci sono fenomeni in panchina. L’Internazionale ha una sua storia e una sua anima, come tutti i grandi club. Disfatte fragorose e rinascite meravigliose fanno parte dell’identità nerazzurra: saprà venire fuori anche da questa situazione difficile in cui si è trovata all’improvviso. Fino a ieri Marotta era convinto di poter continuare con Inzaghi, a cui aveva peraltro offerto il rinnovo subito dopo i cinque gol presi dal Psg. Ma il calcio cambia velocemente e gli arabi pagano troppo bene. Da un male bisogna però saper trarre un bene. E allora l’Inter credo faccia bene ad aprirsi al nuovo, a un allenatore più giovane, più fresco, magari con meno esperienza in panchina ma più moderno. Magari non tornerà subito a vincere. O magari sì. Abbiamo visto fare all’Inter cose molto più pazze”.

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Federmanager Roma-Istat, imprese laziali leader nell’adozione dell’IA

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ROMA (ITALPRESS) – Il Lazio leader tra le regioni italiane più avanzate nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (IA) da parte delle imprese. E’ quanto emerge dal Focus sul Lazio relativo all’utilizzo dell’IA, basato sul Report ISTAT “Imprese ICT” del 17 gennaio 2025, presentato durante l’assemblea annuale 2025 di Federmanager Roma, dal titolo “Manager umani vs manager artificiali. Chi guiderà il futuro?”. Nel rapporto si legge che nel 2024, il 9,4% delle imprese laziali ha adottato almeno una delle sette tecnologie IA riconosciute a livello europeo, superando la media nazionale dell’8,2% e quelle delle altre principali aree territoriali italiane.
Il Lazio si distingue anche per l’utilizzo combinato di due o più tecnologie IA, consolidando così il proprio ruolo di riferimento nel panorama nazionale.
“L’Intelligenza Artificiale – ha spiegato Antonio Amato, presidente di Federmanager Roma – rappresenta una trasformazione epocale, ricca di opportunità ma anche di rischi da gestire con responsabilità. I dati che emergono da Roma e dal Lazio, con la regione tra le leader nell’adozione dell’IA, confermano il nostro ruolo strategico come motore di innovazione. Come manager, abbiamo il compito di guidare questo cambiamento attraverso la formazione continua, un’etica solida e un impegno per l’inclusione. E’ fondamentale bilanciare innovazione e tutela dei diritti, favorendo un dialogo costante tra parti sociali e istituzioni e incentivando le aziende ad investire su innovazione e riqualificazione delle risorse. Solo così l’IA potrà diventare un alleato per un futuro sostenibile e umano”.
Analizzando le singole tecnologie, la regione guida l’adozione in ambiti quali: il riconoscimento vocale, per la conversione della lingua parlata in formato digitale; la generazione del linguaggio naturale, per la creazione automatica di testi o discorsi; il machine learning, deep learning e le reti neurali, per l’analisi avanzata dei dati; la Robotic Process Automation (RPA), per l’automatizzazione dei flussi di lavoro e il supporto decisionale tramite software robot basati su IA.
“Facciamo sì che la tecnologia, l’innovazione siano sempre a servizio dell’umano – le parole di Simona Baldassarre, assessore alla Cultura, Pari Opportunità della Regione Lazio -. Dobbiamo poi puntare sempre di più sulla donna manager, porta tutte quelle capacità, quelle soft skills che sono un arricchimento per l’azienda. Bene sì la tecnologia ma accanto ci deve essere il cuore”.
Le imprese del Lazio mostrano inoltre una forte specializzazione nell’applicazione dell’IA ai processi di amministrazione aziendale e alle attività di Ricerca e Sviluppo (R&S) o innovazione, mentre risultano meno coinvolte nell’adozione dell’IA per marketing, vendite, produzione, logistica, sicurezza ICT e gestione finanziaria.
Questi risultati testimoniano la vitalità del sistema regionale dell’innovazione, caratterizzato da un tessuto produttivo dinamico, poli universitari di eccellenza, centri di ricerca pubblici e privati e una fiorente rete di startup tecnologiche.

– foto Italpress –
(ITALPRESS).

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