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Cronaca

Giustizia, Berlusconi “Stiamo con Nordio riforma necessaria”

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MILANO (ITALPRESS) – La riforma della giustizia è “una delle ragioni per le quali è nato questo governo”. Così Silvio Berlusconi al “Corriere della Sera”. “L’idea che essere garantisti significhi essere meno fermi nella lotta alla mafia è semplicemente assurda. Glielo dice un uomo che dopo aver reso permanente nel 2002 il carcere duro, cioè il 41bis, per i mafiosi, nell’ultima esperienza da premier nel 2011 guidò un governo che sequestrò alle cosche beni per 18 miliardi di euro, fece arrestare 6.754 mafiosi compresi 29 dei 30 latitanti più pericolosi. Ne mancava uno e si chiamava Matteo Messina Denaro catturato oltre 10 anni dopo… Altro che cedimento: il fatto che si continui a ripeterlo dimostra soltanto quanta faziosità, quanta falsità e quanta incultura giuridica esistano in alcuni settori, per fortuna minoritari, della magistratura, del giornalismo e naturalmente della politica” afferma il leader degli azzurri.
“Il contrasto alla criminalità organizzata e la tutela delle persone perbene in uno Stato di diritto non possono mai essere contrapposti. E’ uno dei fondamenti dello Stato di diritto. Per questo noi sosteniamo con assoluta convinzione le riforme annunciate dal ministro Nordio. La riforma della giustizia è una delle ragioni per le quali è nato questo governo. Una riforma che non è certo contro la magistratura, anzi è dalla parte dei magistrati seri e corretti, che sono la grande maggioranza. Non esiste alcuna questione politica nella maggioranza su questo. Il ministro Nordio è stato voluto dal presidente del Consiglio che gli ha ribadito anche in questi giorni il suo appoggio. Il centrodestra è unito e proprio su questi temi lo ha dimostrato pochi giorni fa in Parlamento” dice Berlusconi che sulle intercettazioni, aggiunge: “E’ molto semplice: non possiamo trattare ogni cittadino come se fosse un sospetto mafioso. Il diritto alla privacy di ciascuno di noi è fondamentale. Può essere sacrificato solo in casi eccezionali e per ragioni gravissime. L’idea che “non esistano innocenti, ma solo colpevoli non ancora scoperti”, come diceva uno dei protagonisti di ‘Mani pulitè è un incubo orwelliano, è il simbolo del male che vogliamo combattere”.

foto: agenziafotogramma.it

(ITALPRESS).

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Cronaca

DIETRO IL SUCCESSO DEL NAPOLI IN CAMPIONATO

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Napoli Campione d’Italia con una squadra di valore ma non la più forte, non la favorita, e un allenatore che ci ha creduto sempre, anche quando sembrava che non esistessero più le condizioni. Ecco, la vera differenza l’ha fatta proprio Conte, questa è stata la sua più grande impresa da allenatore ( ribaltando più volte questa squadra che all’inizio arrancava parecchio), mentre l’Inter avrà di che rammaricarsi dei punti buttati letteralmente al vento durante le ultime gare, basti pensare che all’89º della partita con la Lazio era ancora in testa al campionato. Poi sicuramente anche certi errori arbitrali quest’anno hanno dato il loro contributo in negativo, ma non ci si può certo solo basare su questo, perchè se in attacco al posto della ThuLa hai gente come Correa, Arnautovic e Taremi capisci bene che la società ha agito male sul mercato, anche a Gennaio, non può essere solo colpa di Inzaghi e dei giocatori. Venerdì sera a Como il sogno è durato solamente 21 minuti, non è bastata una bella vittoria contro la squadra rivelazione del campionato. Napoli Campione d’Italia al minuto 42′ di un’ennesima notte folle, perché su un pallone indecifrabile Scott McTominay si è inventato un capolavoro nel capolavoro e quando è arrivato il traversone di Politano, senza pensarci su, avvitandosi su se stesso ed ignorando qualsiasi banalità, con quella sforbiciata, ha spaccato la notte di Napoli. Ed ora i festeggiamenti allo stadio e in piazza continueranno per tutto il fine settimana. Sul futuro di Conte suonano sibilline le parole del presidente de Laurentiis: “Se Conte vorrà continuare con noi saremo felici. Ma non sarà un obbligo”.

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Cronaca

PERCHE’ NAPOLEONE E’ IMPORTANTE ALLA PROCURA DI PAVIA, NON SOLO PER IL CASO GARLASCO

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Tutti si stupiscono delle novità che emergono in questi giorni sul delitto di Garlasco, e che potrebbero riscrivere la storia di un processo che ha mandato in galera Alberto Stasi, basandosi non su certezze investigative. Io invece mi stupisco di come le persone, spesso “schiave” di certe trasmissioni tv in cui in primo piano compare ancora il plastico della casa della famiglia Poggi, oppure dei social sempre più presidiati da tuttologi (all’occorrenza anche inquirenti, criminologi, etc.), o ancor peggio dando retta a gente come Fabrizio Corona che arriva di fronte a Palazzo di Giustizia a Pavia nel giorno degli interrogatori e fa il suo show, non siano in grado di andare un minimo oltre il seminato e non facciano lo sforzo di ragionare sul perché accadono certe cose in questo Paese. Solo per chi vuole fare questo sforzo e ha tempo e voglia: oggi sul Giornale c’è un interessante articolo di Luca Fazzo che mette ben in luce tutto il marcio che circolava in Procura a Pavia e che oggi, grazie ad una persona dalla schiena dritta e con profondo senso della giustizia, come il nuovo procuratore Fabio Napoleone, insieme ai pubblici ministeri Valentina De Stefano e Giuliana Rizza, emerge alla luce di recenti indagini. Fazzo scrive, tra le altre cose, in un articolo con un titolo ben chiaro “Pm, politici e salotti. Così il delitto di Garlasco svela il grumo di potere che avvelena Pavia”, e di cui molti sono a conoscenza, ma in pochi hanno il coraggio di denunciare: “Non si può capire la storia senza precedenti dell’inchiesta-bis per l’omicidio di Chiara Poggi se non andando a vedere cosa c’è dietro: il grumo di veleni e di affari che si è impadronito di Pavia, città un tempo gloriosa, oggi terra di conquista per barbari come quelli sbarcati davanti al Borromeo. Un grumo che non risparmia nessuno: la politica, le imprese, i carabinieri, la magistratura. La rilettura dell’inchiesta su Garlasco è solo la punta più ghiotta della rilettura a tappeto che il nuovo procuratore Fabio Napoleone sta compiendo di una intera stagione di intrighi e favori. Né Napoleone né il suo vice Stefano Civardi dormono a Pavia. Finito il lavoro tornano a Milano, a distanza di sicurezza dai salotti pavesi, dalle cene al Cassinino, col tartufo dispensato a etti, di cui nessuno si chiedeva chi pagasse il conto. O al Lino, il ristorante dei fratelli D’Arena, specializzati in intercettazioni per conto della Procura. Le prime vittime del repulisti di Napoleone sono note: il maggiore dei carabinieri Maurizio Pappalardo, il maresciallo Antonio Scoppetta, l’ex procuratore Mario Venditti, tutti indagati. Intorno a Pappalardo, che sarà processato dal 13 giugno, un vortice di donne, auto, soldi, rapporti politici, giocate al casinò. La passione per l’azzardo accomuna molti a Pavia. L’ex procuratore Venditti oggi è presidente del casinò di Campione. Prima di lui lo era stato il suo predecessore Gustavo Cioppa. Persino un prefetto di Pavia ha svolto la stessa funzione. Possibile? Pare di sì. Possibile persino che un assegno da centomila euro uscito dalle casse di Asm, la municipalizzata-salvadanaio, approdi al casinò di Campione passando dalle Bahamas. Napoleone e Civardi, chiusi nei loro uffici, rileggono tutto. Anche storie come quella di Massimo Adriatici, l’assessore di Voghera che uccise un immigrato, che ai tempi di Venditti la procura indagava per eccesso di legittima difesa, e che ora rischia l’ergastolo per omicidio volontario. Viene riletta la resistibile ascesa di Angelo Ciocca, già eurodeputato leghista, motore immobile di affari e relazioni con il Gotha pavese, con i signori delle costruzioni come Roberto Sclavi e Alberto Righini di Assimpredil. Ciocca è sotto processo e oggi nella Lega è in disgrazia, ma il suo pacchetto di voti non è disperso, ed è transitato sotto le bandiere del sindaco Pd di Belgioioso, Fabio Zucca. D’altronde le simpatie del Pd per Ciocca non sono nuove, quando il leghista alle provinciali sfidò il suo stesso partito, ad appoggiare il candidato ciocchiano arrivarono i voti del Pd grazie al segretario Alan Ferrari. Persero per una manciata di voti. L’incrocio tra affari e politica ha come strumento, nella rilettura che ne fa Napoleone, il controllo della Procura e dei carabinieri. Nell’Arma il personaggio centrale è Maurizio Pappalardo, ex maresciallo diventato ufficiale. Le disinvolture, il tenore di vita, le amicizie di Pappalardo erano sotto gli occhi di tutti: al punto che il colonnello Luigi Macchia, allora comandante della Guardia di finanza, si rifiutava di avere indagini comuni con lui. E adesso che il marcio è venuto tutto alla luce, si spiega come alcune indagini della Finanza sui poteri locali fermassero improvvisamente, perchè dalle microspie arrivava solo il silenzio: qualcuno in Procura avvisava i «bersagli». Così si rilegge anche il caso Garlasco, l’influenza del grumo di potere sulle indagini a senso unico che incastrarono Alberto Stasi. Quando Venditti si decide a indagare su Sempio, delega gli accertamenti a Scoppetta (che adesso è in carcere e sta cantando, ma per i pm non abbastanza). Sopra Scoppetta, a dirigere la sezione di polizia giudiziaria di Pavia, c’era il maresciallo Silvio Sapone, che abita proprio a Garlasco, in una villa ereditata dalla moglie, e che pare conosca bene i Sempio. L’indagine su Sempio viene archiviata per due volte di fila. Poi tutto accade per caso. Napoleone, bocciato dal Csm per la procura di Brescia, ripiega su Pavia. E si trova una realtà impestata di infiltrazioni calabresi, ma anche di malaffare generalizzato. Un malaffare che naviga sopra i partiti e li spacca: si spacca la Lega, si spacca Forza Italia, il costruttore Righini compra i pacchetti di tessere prima dei congressi, e aiuta a destra e manca i suoi amici: anche il ricorso del Pd sulle elezioni a Vigevano è pagato lui. Un disastro, insomma. C’è andato di mezzo Stasi, c’è andata di mezzo l’anima di una città”.

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Cronaca

LA SICUREZZA STRADALE, QUESTA SCONOSCIUTA…

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Oggi parlo di un episodio che mi è capitato poco fa, mentre stavo tornando da Voghera, sulla Bressana-Salice in direzione Pavia: un pazzo alla guida di un Suv all’improvviso è sbucato da dietro un’auto e, sfrecciando ad elevata velocità, si è messo sulla mia carreggiata per sorpassarlo. Ho rischiato un frontale in cui avrei rovinato la mia auto e probabilmente mi sarei ammazzato. Mi sono buttato con istinto e rapidità in un campo sulla destra e mi sono salvato. Poi non riuscivo più a ripartire perché mi tremavano le gambe e ripensavo a quel momento. Di forze dell’ordine ovviamente manco l’ombra, dove servono appostamenti per strade che possono diventare piste da Formula Uno manco un autovelox. Questo il nostro Paese dei balocchi. E poi vengono a parlare di sicurezza stradale, con certi pazzi in circolazione, corsi, guida sicura, programmi di prevenzione nelle scuole…
La stragrande maggioranza degli incidenti gravi e di quelli mortali è dovuta a una serie di comportamenti scorretti, principalmente eccesso di velocità, guida distratta e pericolosa, mancato rispetto della precedenza o della distanza di sicurezza, assunzione di alcol e sostanze stupefacenti. Ma bisognerebbe a questo punto, nelle strade in cui ci sono ampi rettilinei, avere telecamere di videosorveglianza o autovelox per disincentivare questi eccessi di velocità. Io posso ringraziare il cielo se ora sono vivo e scrivo questo, facendo il giornalista e arrivando a tante persone che ogni giorno credono in me e nel mio modo di fare informazione. Ma quanti non hanno potuto farlo e ora si trovano in un loculo al cimitero? Riflettiamoci, se ci mettiamo alla guida in questo fine settimana. E supportiamo persone per bene che fanno parte dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada.

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