Cronaca
Terzo Valico, avanzamento degli scavi giunto al 75%
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3 anni fa-
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RedazioneGENOVA (ITALPRESS) – Nel cantiere del Progetto Unico Terzo Valico dei Giovi – Nodo di Genova si scava giorno e notte. La prossima tappa sarà per il 4 dicembre (giorno di Santa Barbara, patrona tra gli altri anche dei minatori) con il breaktrough della canna GN14C lungo il binario pari della galleria Polcevera – Fegino.
E così, nel cantiere della infrastruttura più grande del paese si arriva a un avanzamento degli scavi pari a circa il 75% puntando senza sosta all’obiettivo finale: potenziare i collegamenti del sistema portuale ligure con le principali linee ferroviarie del Nord Italia e con il resto d’Europa.
Una volta completata l’opera, la distanza tra Genova e Milano, ad esempio, sarà coperta in meno di un’ora e il capoluogo ligure sarà collegato con Venezia in poco più di tre ore e con il Nord Europa fino a Rotterdam attraverso una linea veloce e sostenibile.
A gestire i lavori è il Gruppo Webuild, capofila del Consorzio Cociv, che nel presentare l’opera fa sapere che il Progetto Unico Terzo Valico dei Giovi – Nodo di Genova permetterà non soltanto la riduzione dei tempi di spostamento ma anche una notevole riduzione dell’inquinamento. Rispetto al trasporto su gomma il treno permette infatti di abbattere del 29% i consumi energetici e del 55% le emissioni di Co2, mentre nei confronti del trasporto su nave i tempi di percorrenza si abbattono del 56% e del 71% si ridurranno le emissioni di anidride carbonica.
Tutto questo è ben noto ai minatori del terzo millennio. Ingegneri, tecnici, operai esperti che oggi sono al lavoro nelle gallerie del Terzo Valico: 37 dei 53 chilometri della nuova linea si sviluppano infatti interamente sottoterra. Giorno dopo giorno, sono i minatori stessi a segnare sulle lavagne del campo base i risultati degli avanzamenti. Quattro metri e 50 centimetri al giorno nei fronti con esplosivo: tanto viene scavato in galleria quotidianamente (la montagna non si lascia conquistare facilmente) per un totale di 300-400 metri alla settimana tra tutti i fronti di scavo attivi.
“Qui si lavora su quattro turni”, racconta Giorgio Bocchino, da oltre 30 anni con il Gruppo Webuild e oggi capo del cantiere di Fegino. “Un turno riposiamo e tre lavoriamo, notte e giorno, sabato e domenica”. Ai turni partecipa anche Giulia Sarni, una giovane ingegnere di appena 30 anni, arrivata al Terzo Valico poco dopo essersi laureata. Giulia oggi è un addetto all’ufficio tecnico e impara i segreti del cantiere da chi, dentro le gallerie, ha trascorso un pezzo importante della propria vita. “Mi sono laureata nel dicembre del 2019 – racconta – e un mese dopo ho fatto un colloquio per poter svolgere un tirocinio all’interno di quest’opera. Una volta entrata, sono stata accolta benissimo da tutte queste persone con grandissima esperienza”.
“In questo cantiere non c’è una galleria soltanto ma ben sei, sette come in una miniera!”, prosegue Bocchino.
Dentro i tunnel di Fegino si scava anche con il Jumbo, un enorme macchinario dalle sembianze di un robot dotato di tre braccia che assomigliano a lance lunghe fino a 4 metri. Le lance penetrano la roccia al fronte di scavo realizzando un centinaio di fori all’interno dei quali vengono poi inseriti 300 chili di esplosivo. Ed è qui che entrano in azione i fuochini, che qualcuno oggi chiamerebbe artificieri: abitanti delle gallerie da tempi lontani, esperti di esplosivo e di esplosioni, uomini capaci di calcolare alla perfezione la detonazione necessaria per far saltare quintali e quintali di roccia.
Dopo circa un’ora e mezza di caricamento, la galleria si svuota e rimangono soltanto loro con il compito di tracciare la linea di tiro e di effettuare la volata. Un istante di silenzio, poi una grande esplosione. Ci vogliono, poi, un paio di ore prima che le gallerie tornino accessibili mentre gli enormi impianti di aerazione spingono i fumi dell’esplosione e la polvere facendola rifluire all’esterno della montagna, attraverso il tunnel scavato e fino all’imbocco della galleria.
Il fronte maggiormente complesso degli scavi, oggi è lungo quella che viene chiamata la ZSV, la Zona Sestri Voltaggio, ovvero la linea di separazione che divide le Alpi dagli Appennini. In questa cicatrice invisibile, frutto di milioni di anni di lacerazioni della crosta terrestre, si concentrano i segni degli eventi geologici che hanno dato vita a quell’assetto orografico che oggi separa la costa ligure dalla Pianura Padana. Gli uomini al lavoro sono chiamati a confrontarsi con dolomie, sedimenti di antichi oceani scomparsi, relitti di magmi raffreddati, ma anche rocce amiantifere, gas e acqua imprigionati tra gli ammassi rocciosi. Qui lo scavo avviene con il metodo tradizionale, troppo rischioso sarebbe portare qui sotto una TBM, le grandi talpe meccaniche. E quindi fondamentale è l’esperienza e la capacità degli uomini, addestrati ad “ascoltare” la montagna, percepire e interpretare i segnali della roccia. In quello che è uno dei contesti geomeccanici maggiormente complessi al mondo, si continua a scavare per collegare tutte le gallerie dove passerà il treno veloce, capace di unire Genova a Milano in meno di un’ora.
(ITALPRESS).
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Cronaca
Il genio di Milano in mostra alle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo
Pubblicato
12 minuti fa-
22 Novembre 2024di
RedazioneMILANO (ITALPRESS) – Intesa Sanpaolo apre al pubblico dal 23 novembre 2024 al 16 marzo 2025 nel suo museo di Milano delle Gallerie d’Italia, la mostra Il genio di Milano. Crocevia delle arti dalla Fabbrica del Duomo al Novecento a cura di Marco Carminati, Fernando Mazzocca, Alessandro Morandotti e Paola Zatti, che racconta come il capoluogo lombardo sia stato da sempre luogo di innovazione anche in campo storico-artistico.
L’esposizione, dal forte carattere identitario per la città di Milano, è realizzata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e in partnership con la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, e vede la collaborazione delle più importanti istituzioni culturali milanesi, come la Veneranda Fabbrica del Duomo, il Museo Diocesano, la Pinacoteca di Brera, il Castello Sforzesco, il Museo Poldi Pezzoli, la Biblioteca Nazionale Braidense, la GAM, il Museo del Novecento, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia, molte delle quali organizzeranno nei prossimi mesi iniziative in dialogo con le Gallerie d’Italia.
In mostra 140 opere tra dipinti, marmi, manoscritti, disegni, sculture, provenienti dalle raccolte e dai depositi dei musei milanesi e da musei nazionali e internazionali come il Mart di Rovereto, Gallerie dell’Accademia di Venezia, Galleria Borghese di Roma, Kunsthistorisches Museum di Vienna, oltre che da Fondazioni, collezioni private e dalla collezione Intesa Sanpaolo.
Giovanni Bazoli, Presidente Emerito di Intesa Sanpaolo, afferma: ‘Le Gallerie d’Italia ospitano un grande progetto espositivo che potremmo dire ‘identitariò, perchè offre al pubblico, milanese e non, l’occasione di riflettere sulla storia culturale della città e sulla sua straordinaria capacità, immutata nel corso dei secoli, di accogliere gli artisti stranieri, recependone le novità. Un omaggio quindi a Milano come crocevia delle arti, come città inclusiva e cosmopolita, alla cui realizzazione hanno concorso prestigiose realtà cittadine, prima fra tutte la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, oltre a importanti musei nazionali e internazionali. Proprio il clima di profonda collaborazione ha reso possibile proporre una mostra di particolare bellezza e qualità, che testimonia il forte e storico legame di Intesa Sanpaolo con la città, le sue istituzioni e la sua comunità’.
Milano, città inclusiva per vocazione, è sempre stata aperta nel corso dei secoli alle innovazioni portate da artisti forestieri che vi hanno trovato grandi opportunità per realizzare le loro ispirazioni, anche grazie a un mecenatismo e a un collezionismo lungimiranti.
Il percorso espositivo, organizzato in sezioni tematiche e cronologiche, parte dal Medioevo, quando l’attività del grande cantiere del Duomo era guidata da maestranze tedesche, fino al Novecento, quando un sistema di gallerie ed esposizioni unico in Italia e di respiro internazionale attraeva verso il capoluogo lombardo grandi personalità da tutto il mondo con nuove idee, decisive per aggiornare il gusto, le tradizioni locali e la realtà artistica milanese.
Tale fervore creativo viene illustrato in mostra attraverso dieci episodi significativi che, nel corso della storia, hanno fatto di Milano un’officina privilegiata delle innovazioni.
Il percorso inizia con una suggestiva rievocazione delle vicende del Duomo, documentate attraverso una serie di sculture, provenienti dalla Veneranda Fabbrica del Duomo, destinate a popolare le fiancate e le guglie dell’imponente mole gotica, e alcuni significativi esempi delle vetrate dipinte, che per l’occasione sono state calate direttamente dalle finestre del Duomo di Milano. Questa prima sezione ci offre la possibilità di capire come gli artisti locali prendano il sopravvento dopo che le maestranze nordiche avevano avviato il cantiere, forti delle esperienze maturate nelle grandi cattedrali del Nord Europa.
La mostra prosegue con un capitolo cruciale per la storia artistica della città, segnato dalla presenza di Leonardo alla corte degli Sforza. I suoi progetti rinnovano l’urbanistica della città e fanno di Milano uno dei centri più interessanti del Rinascimento. Una significativa scelta di disegni conservati alla Pinacoteca della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, e alcuni dipinti dei suoi stretti seguaci, ci restituiscono la qualità delle sue invenzioni e l’impronta indelebile lascata dal maestro da Vinci nella cultura artistica milanese.
Una sezione della mostra è dedicata al mecenate e collezionista Cardinale Federico Borromeo che portò, in una città aperta ai commerci e agli scambi internazionali, la passione per la pittura fiamminga e i nuovi generi del paesaggio e della natura morta. Le opere, spesso di piccolo formato e dipinte su preziosi supporti di tavola e di rame, sono esposte su file sovrapposte, secondo il gusto tipico dell’epoca.
Il percorso espositivo approfondisce anche la relazione privilegiata di Milano con Venezia, i cui artisti primeggiano nell’Europa della prima metà del Settecento. Pittori come Sebastiano Ricci e Giambattista Tiepolo vengono accolti nella capitale del Ducato in momenti diversi, tra gli ultimi anni del Seicento e gli anni Trenta e Quaranta del nuovo secolo, e le loro opere aprono nuovi orizzonti permettendo l’aggiornamento dei maestri locali sia nel genere mitologico che sacro.
Nella seconda metà del Settecento, grazie alla profonda opera riformatrice dell’imperatrice Maria Teresa e del figlio Giuseppe II e all’impegno degli intellettuali del ‘Caffè’, quali Pietro Verri e Cesare Beccaria, Milano diventa uno dei grandi centri dell’Illuminismo europeo.
Una pagina importante della storia milanese è quella del grande architetto Giuseppe Piermarini, che rinnovò radicalmente la città edificando nuovi palazzi per la nobiltà e per la borghesia emergente e realizzando decisivi interventi nel tessuto urbano, che trasformano Milano in una metropoli moderna. Dal Palazzo Belgiojoso alla Villa Reale di Monza, dal Teatro alla Scala ai Giardini Pubblici, sfilano le immagini della nuova Milano neoclassica.
Tra gli anni felici della prima dominazione asburgica e quelli esaltanti dell’età napoleonica, quando Milano diventa la capitale di due Repubbliche, Cisalpina e Italiana e in seguito del Regno d’Italia, la città lombarda si afferma come il maggiore centro italiano del Neoclassicismo, un movimento che allora stava modificando il gusto in tutta Europa, insidiando il primato di Roma.
La mostra documenta la presenza degli artisti che, come i toscani Giuliano Traballesi e Giuseppe Franchi, hanno decorato i palazzi progettati da Piermarini per una nobiltà, come i Belgiojoso, aperta alle novità. Questo contesto così stimolante favorirà il successo di Andrea Appiani che, nominato pittore di Napoleone, dominerà la scena artistica nel periodo della dominazione francese, quando il fasto della corte attirerà a Milano artisti celebri, come il mosaicista e bronzista romano Giacomo Raffaelli. Nella promozione della riforma neoclassica fu decisivo il ruolo dell’Accademia di Brera, diventata presto la prima d’Italia grazie alla presenza nel suo corpo insegnante di maestri affermati come il fiorentino Luigi Sabatelli.
Una sezione è dedicata a pittori e scultori ambiziosi come Pelagio Palagi, Francesco Hayez, Massimo d’Azeglio, Carlo Canella, Alessandro Puttinati, che si erano formati tra Roma e Parigi e vengono a stabilirsi a Milano per le opportunità offerte da una città sempre più europea, come riconosciuto da Stendhal, che è divenuta ormai la capitale culturale d’Italia in ambito letterario, musicale e artistico. Sono loro che, seguiti dai maestri locali come Giuseppe Molteni, Giovanni Migliara e Angelo Inganni, conquistano un collezionismo colto facendo di Milano nella prima metà dell’Ottocento il centro riconosciuto del Romanticismo, destinato a trasformare profondamente la sensibilità e la concezione stessa del bello.
Dopo l’Unità d’Italia nasce il mito di Milano come ‘capitale moralè, per il suo incalzante sviluppo economico e sociale che ne fa l’unica città veramente moderna e internazionale della nuova nazione. E’ negli ultimi dieci anni del XIX secolo che le grandi esposizioni e il mercato dell’arte in mano a operatori audaci come Vittore Grubicy favoriscono la nascita di un movimento come il Divisionismo, ispirato alle più avanzate esperienze europee e destinato a rinnovare radicalmente la visione, tanto da anticipare nel secolo successivo il Futurismo. In mostra opere di pittori come Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Angelo Morbelli e Giuseppe Pellizza da Volpedo, che si ritrovano a Milano per confrontarsi su ideali e aspirazioni comuni, ma con linguaggi differenti, preparando il terreno all’affermazione di Umberto Boccioni, il grande artefice del passaggio dal Divisionismo al Futurismo.
Si deve a un personaggio come la veneziana Margherita Sarfatti, la cui immagine si ritrova al centro della penultima sezione, la promozione e l’affermazione di un movimento come il Novecento, che fa di Milano un punto di riferimento del cosiddetto ‘ritorno all’ordinè dominante la scena artistica europea negli anni tra le due guerre. Le mostre da lei realizzate ed esportate con successo in tutto il mondo fanno la fortuna internazionale di artisti come Mario Sironi, Achille Funi, Arturo Martini e Francesco Messina.
La decima e ultima sezione sviluppa il singolare rapporto che ha legato l’eccentrico scultore Adolfo Wildt ai suoi due giovani allievi all’Accademia di Brera Lucio Fontana e Fausto Melotti. Viene rievocato, attraverso una serie di opere eccezionali che li mettono a confronto con il maestro, il loro straordinario percorso che li porterà dal figurativo all’astratto, a rivoluzionare e annullare i confini tra le arti come nell’installazione Ambiente spaziale a luce nera di Fontana, scenografica conclusione della mostra.
E’ presente in mostra anche uno dei progetti con cui l’artista partecipò nel 1955 al concorso per la realizzazione di una nuova porta del Duomo, la cattedrale dei milanesi che si ritrova in quasi tutte le sezioni del percorso espositivo, un filo narrativo che, attraverso una serie di opere, testimonia la sua immagine nel tempo.
Il catalogo della mostra è realizzato da Edizioni Gallerie d’Italia – Skira.
La sede espositiva di Milano, insieme a quelle di Torino, Napoli e Vicenza, è parte del progetto museale Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, guidato da Michele Coppola, Executive Director Arte Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo e Direttore Generale Gallerie d’Italia.
La mostra si estende anche in città, grazie alla collaborazione con il Comune di Milano e i musei civici milanesi che hanno selezionato nelle proprie collezioni opere realizzate da figure significative per la storia culturale e artistica di Milano, dal Medioevo al Novecento: un percorso che invita a scoprire artisti che, pur non essendo milanesi, hanno contribuito a fare della nostra città, appunto, un vero e proprio ‘crocevia delle artì.
-foto ufficio stampa Intesa Sanpaolo-
(ITALPRESS).
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