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Economia

A rischio povertà quasi un italiano su quattro

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ROMA (ITALPRESS) – Nel 2022 “poco meno di un quarto della popolazione (24,4%) è a rischio di povertà o esclusione sociale, quasi come nel 2021 (25,2%)”. Tuttavia, con la ripresa dell’economia, “si riduce significativamente la popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,5% rispetto al 5,9% del 2021) e rimane stabile la popolazione a rischio di povertà (20,1%)”. Questa la fotografia che emerge dal report dell’Istat sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie. Nel 2022, si evidenzia nel report, il 20,1% delle persone residenti in Italia “risulta a rischio di povertà (circa 11 milioni e 800mila individui) avendo avuto, nell’anno precedente l’indagine, un reddito netto equivalente, senza componenti figurative e in natura, inferiore al 60% di quello mediano (ossia 11.155 euro). A livello nazionale la quota di popolazione a rischio di povertà rimane uguale all’anno precedente (20,1%)”.
Il 4,5% della popolazione (circa 2 milioni e 613mila individui) si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale, ossia presenta almeno sette segnali di deprivazione dei tredici individuati dal nuovo indicatore (Europa 2030). “Rispetto al 2021 (la quota era del 5,9%) vi è una decisa riduzione delle condizioni di grave disagio, grazie alla ripresa dell’economia dopo la crisi pandemica e l’incremento dell’occupazione e dei redditi familiari. La riduzione della percentuale di popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale è marcata al Nord-ovest e al Centro”. Inoltre, “il 9,8% degli individui vive in famiglie a bassa intensità di lavoro (indicatore Europa 2030), ossia con componenti tra i 18 e i 64 anni che nel 2021 hanno lavorato meno di un quinto del tempo, percentuale in riduzione rispetto al 10,8% del 2021, come conseguenza delle migliori condizioni del mercato del lavoro”.
La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (indicatore composito Europa 2030), ovvero la quota di individui che si trova in almeno una delle suddette tre condizioni (riferite a reddito, deprivazione e intensità di lavoro), è pari al 24,4% (circa 14 milioni 304mila persone), pressocchè stabile rispetto al 2021 (25,2%). Questo andamento “sintetizza la sensibile riduzione della popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale, grazie alla ripresa economica, con una quota di popolazione a rischio di povertà uguale all’anno precedente”. Nel 2022 la riduzione della popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale interessa tutte le ripartizioni ad eccezione del Mezzogiorno, che rimane l’area del paese con la percentuale più alta di individui a rischio (40,6%, come nel 2021). In questa ripartizione l’indicatore composito rivela un aumento della quota di individui a rischio di povertà (33,7% rispetto al 33,1% del 2021) e il segnale positivo della riduzione della quota di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (17,1% rispetto al 19,5% del 2021). A livello regionale si osserva un deciso miglioramento per la Campania e la Sicilia, con la riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale, trainato da una sensibile riduzione di tutti e tre gli indicatori (rischio di povertà, grave deprivazione e bassa intensità di lavoro). Tuttavia, il rischio di povertà o esclusione sociale aumenta in Puglia, Sardegna e Calabria; in queste ultime due regioni peggiorano i tre indicatori e soprattutto aumentano la bassa intensità di lavoro e la grave deprivazione.
Per quanto riguarda i bilanci delle famiglie residenti in Italia, infine, nel 2021 si stima che “abbiano percepito un reddito netto pari in media a 33.798 euro, ossia 2.817 euro al mese. Ma nel secondo anno della pandemia da Covid-19, con la progressiva e graduale ripresa delle attività economiche e sociali, il reddito delle famiglie è tornato a crescere rispetto all’anno dell’iniziale shock pandemico sia in termini nominali (+3%) sia in termini reali (+1%)”. Il reddito equivalente, che tiene conto delle economie di scala e rende confrontabili i livelli di reddito di famiglie di diversa numerosità e composizione, “è cresciuto in termini reali in modo deciso (+3%), anche a causa della significativa riduzione della dimensione media delle famiglie”. Rispetto all’anno precedente, nel 2021 i redditi familiari medi in termini reali (esclusi gli affitti figurativi e considerando la variazione media annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo pari a +1,9%) sono diminuiti solo nel Mezzogiorno (-1,7%) mentre sono cresciuti in modo significativo nel Nord-est (+3,3%) e al Nord-ovest (+2,5%), rimanendo sostanzialmente invariati al Centro.

– foto agenziafotogramma.it –
(ITALPRESS).

Economia

L’agricoltura italiana conquista la leadership europea nel 2025

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MODENA (ITALPRESS) – I significativi risultati registrati nel 2024 confermano il settore agroalimentare come uno dei pilastri dell’economia italiana. Secondo l’ultimo Rapporto sull’Economia Agroalimentare 2025 di BPER, curato dall’Ufficio Studi, Ricerche e Innovazione della Banca, il valore aggiunto (produzione meno consumi intermedi) dell’agricoltura ha raggiunto i 44,4 miliardi di euro, segnando un +9% rispetto all’anno precedente, consentendo all’Italia di conquistare la leadership in Europa, superando Francia e Spagna.

Anche l’industria alimentare ha mostrato segnali di ripresa, con un valore aggiunto pari a 37 miliardi di euro (+3,5%), in terza posizione nell’Unione Europea. La produzione cresce in tutte le regioni, specialmente al Sud, ma tra quelle in testa per concentrazione si posizionano Lombardia, Veneto e Sicilia. Con oltre 676 miliardi di euro di fatturato di filiera, 69 miliardi di euro di export (+7,5%) e un saldo positivo nei prodotti trasformati pari a 14,2 miliardi, l’agroalimentare italiano ha giocato un ruolo centrale nella crescita dell’economia nazionale, soprattutto grazie alla domanda estera. In sviluppo anche le attività secondarie, trainate principalmente dagli agriturismi e dalla produzione di agroenergie.

Il contributo dell’agricoltura alla produzione di energia rinnovabile nazionale si è attestato all’11%: da qui al 2030, secondo le stime, si potrebbe arrivare al 22%. Permangono, tuttavia, sfide legate a dazi, accesso al credito, innovazione tecnologica, sostenibilità e ricambio generazionale, con solo 52.700 imprese under 35 (7,5% del totale). Nonostante l’alto livello di integrazione dell’Italia nella catena globale, le preoccupazioni si concentrano principalmente sulle esportazioni.

L’imposizione di tariffe su tutti i prodotti agroalimentari europei potrebbe avere ripercussioni sul settore anche rinforzando il fenomeno dell’Italian sounding, cioè la produzione di alimenti che richiamano l’Italia pur non essendo realmente prodotti nel nostro Paese. L’agri-tech e la digitalizzazione si confermano assi strategici di sviluppo, con ricadute su occupazione e investimenti.

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Nonostante l’aumento della produttività media e l’interesse verso soluzioni innovative come l’agricoltura 4.0 e l’agricoltura intelligente, il report sottolinea l’importanza di aumentare gli investimenti anche attraverso l’accesso al credito.

“Bper è da sempre attenta a questa filiera che, nel complesso, in Italia interessa 1,4 milioni di addetti e oltre 700 mila imprese – spiega Eliana Chessa, Responsabile Ufficio Studi, Ricerche e Innovazione di BPER -. Per la Banca il sostegno all’agroalimentare è un impegno concreto verso un comparto che rappresenta identità, territorio e futuro. Con la significativa riduzione dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea nell’ultimo anno, si sono create le condizioni per far ripartire la domanda di finanziamenti a supporto della crescita dell’attività d’impresa”.

“Il nostro obiettivo è accompagnare la filiera nella transizione tecnologica e sostenibile, anche attraverso soluzioni finanziarie dedicate e una forte attenzione al credito agrario – sottolinea Marco Lazzari, Responsabile del Servizio Agri Banking di BPER -. Con il nostro servizio Agri Banking, nato per dare una consulenza specialistica alle tante aziende del settore primario e agro industriale, accompagniamo le imprese lungo tutte le fasi della filiera. Siamo al fianco di chi investe in digitalizzazione, produzione di energia da fonti rinnovabili, sistemi per la gestione e mitigazione dei rischi climatici ed in generale a tutto quanto attiene alla sostenibilità e all’innovazione. Guardiamo con attenzione al contributo delle donne e dei giovani, che rappresentano una forza propulsiva fondamentale per la crescita del settore”.

– Foto Ufficio stampa BPER –

(ITALPRESS)

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Economia

Nella settimana di Ferragosto giro d’affari da 5 miliardi di euro

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ROMA (ITALPRESS) – Sfiorerà i cinque miliardi di euro il giro d’affari complessivo del turismo nella settimana di Ferragosto. A stimarlo una indagine di CNA Turismo e Commercio dalla quale emerge, innanzi tutto, una indicazione: complice il clima – dopo un giugno molto caldo, luglio è stato temperato – i turisti italiani in particolare hanno fatto slittare la vacanza, forse riducendola, di sicuro concentrandola appunto ad agosto e segnatamente nella settimana tra l’11 e il 18.

Ora la speranza è che i turisti decidano di allungare una stagione che finora quest’anno non è apparsa esaltante. Scendendo nel dettaglio, l’indagine di CNA Turismo e Commercio prevede oltre cinque milioni di turisti in senso stretto, che cioè pernottano, con più di 15 milioni di pernottamenti.

“Rispetto alla settimana di Ferragosto dello scorso anno, proprio per effetto della concentrazione delle ferie, si registra un incremento dei turisti italiani rispetto ai vacanzieri stranieri – spiega l’associazione di categoria -. Rimane più alta, però, la media dei pernottamenti assicurati dagli stranieri in confronto ai nostri connazionali. Tra le mete preferite le località balneari, le città e i borghi d’arte, la montagna. Con gli italiani che privilegiano il mare e gli stranieri le città e i borghi d’arte. In aumento risulta il numero dei turisti che decidono la scelta delle località anche sulla scorta delle opportunità eno-gastronomiche offerte”.

– Foto IPA Agency –

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(ITALPRESS)

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Economia

Le persone e le tecnologie guidano l’evoluzione dei contact center bancari

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ROMA (ITALPRESS) – Le banche operanti in Italia rafforzano le relazioni con i clienti attraverso interazioni sia telefoniche che attraverso i canali digitali come chat, video-chat ed e-mail, aumentando così l’efficacia del servizio ai clienti stessi e rafforzando il ruolo del contact center nella multicanalità.

Nel 2024 le telefonate in ingresso arrivate ai contact center bancari sono state 52,6 milioni, ulteriori 10,3 milioni di chiamate sono state effettuate proattivamente verso i clienti. A queste si aggiungono circa 14,3 milioni di contatti via chat e circa 1,3 milioni di contatti via e-mail.

È quanto emerge dall’indagine annuale dell’Osservatorio sui Contact Center bancari condotto dall’ABI e da ABI Lab, il Consorzio per la Ricerca e l’Innovazione per la banca promosso dall’Associazione Bancaria Italiana. Secondo la ricerca, la durata media delle chiamate è di quasi 5 minuti, con oltre il 78% risolte durante il primo contatto e un tempo di attesa medio di poco più di un minuto. Per le chat il tempo di attesa è di poco meno di 3 minuti, con una durata media di 8 minuti e l’82% dei problemi risolti durante la chat stessa.

Lo studio sottolinea che la quasi totalità dei contact center ha come mission principale – oltre l’assistenza – il supporto dei clienti nella multicanalità, ovvero l’assistenza ad un uso integrato di diversi canali di contatto e l’incentivo all’utilizzo di canali digitali (58% delle banche intervistate), la fidelizzazione della clientela (42%), la vendita di prodotti (per il 38%) e lo sviluppo di un approccio consulenziale (per il 33%).

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Le persone restano il vero punto di forza: 6.170 operatori, con una crescita del 17% degli FTE (Full-Time Equivalent- Unità di Lavoro a Tempo Pieno.) dal 2020 al 2024 a conferma del valore aggiunto rilevante che hanno per il servizio offerto attraverso il canale. La loro formazione oggi è fortemente incentrata sulle competenze digitali e relazionali (soft skill) e in particolare sulla comunicazione efficace con i clienti. Infine, l’81% delle strutture analizzate prevede la presenza di operatori sui social media, focalizzati principalmente sull’assistenza.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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