Economia
Gli italiani apprezzano il valore delle infrastrutture digitali
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11 mesi fa-
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Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Il valore delle infrastrutture digitali è capito e apprezzato dalla quasi totalità degli italiani.
E’ considerato un valore per la collettività, fonte di sviluppo economico e sociale. Questi i principali messaggi dei risultati dell’indagine presentata nel corso del primo Sustainability Day di Inwi. Dall’indagine, elaborata dall’Istituto Piepoli per Inwit, emerge che la quasi totalità degli italiani (94%, in crescita rispetto al 91% del 2023) è consapevole del valore che le infrastrutture digitali creano per il territorio e la collettività in cui sono presenti. L’84% degli intervistati è favorevole alla costruzione di infrastrutture digitali, di cui un terzo estremante favorevole, e oltre la metà (53%) ritiene che il loro sviluppo e potenziamento dovrebbe avvenire in tempi rapidi.
Lo sviluppo e l’ammodernamento delle infrastrutture digitali è considerato molto importante e gli investimenti in queste infrastrutture sono considerati una priorità, in particolare tra i giovani laureati e nelle località isolate/rurali. Gli italiani indicano la rete digitale al terzo posto tra le infrastrutture in termini di priorità di investimenti per l’Italia, guadagnando una posizione rispetto al 2023 (dopo rete ferroviaria e stradale/autostradale). Risulta molto diffusa (84% degli intervistati) la convinzione che la diffusione della tecnologia 5G sia importante per lo sviluppo e la crescita sostenibile del Paese e l’85% degli italiani è convinto che il 5G rappresenti un’opportunità di crescita (e non un rischio). C’è, tuttavia, ancora un gap di conoscenza sul 5G e persiste anche qualche preoccupazione, in analogia ad altri temi sui quali le fake news tendono a confondere rispetto alla razionalità scientifica. Il ruolo di Inwit ed il suo modello di business basato su infrastrutture condivise e digitali è ritenuto importante per la creazione di valore per la collettività. Sempre secondo l’indagine, per il 45% degli italiani la crescita delle infrastrutture digitali contribuisce alla riduzione del digital divide, mentre per il 40% supporta la creazione di una società più innovativa e connessa.
“Ci stiamo muovendo sempre di più verso una società iperconnessa, con un fabbisogno crescente di dati, che ha bisogno di infrastrutture digitali efficienti. Il nostro è un modello di business intrinsecamente sostenibile”, ha detto Diego Galli, direttore generale Inwit. “Attraverso la condivisione delle infrastrutture digitali abilita, infatti, uno sviluppo più sostenibile lungo tutta la catena del valore e coniuga efficienza industriale, economica, sociale e ambientale. Questo è il vero valore delle nostre infrastrutture, che risulta apprezzato dalla collettività e che esprime anche la capacità di considerare le esigenze dei diversi stakeholder all’interno delle strategie di business”, ha aggiunto. Per Livio Gigliuto, presidente Istituto Piepoli, “gli italiani spingono per la crescita delle infrastrutture digitali, considerate indispensabili per uno sviluppo armonico e sostenibile del Paese. La rete digitale scala la classifica ed è ormai considerata più importante persino di quella idrica e di quella autostradale, soprattutto perchè capace di far crescere la pubblica amministrazione e favorire le pari opportunità e l’uguaglianza”. Quindi, ha ricordato Laura Cavatorta, presidente Comitato Sostenibilità Inwit e Comitato Esg Snam, “è essenziale utilizzare quanto più possibile il proprio core business in chiave sostenibile, innovando prodotti e processi in modo da massimizzare il proprio potenziale di impatto positivo su società e ambiente, contestualmente al sano e necessario perseguimento dell’utile. In Inwit siamo riusciti in brevissimo tempo ad individuare un percorso molto articolato e al tempo stesso pienamente focalizzato, puntando al raggiungimento di diversi obiettivi di sostenibilità in totale coerenza con il business della società”.
(ITALPRESS).
– Foto: ufficio stampa Inwit –
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Economia
Per il Made in Italy agroalimentare il mercato Usa è fondamentale
Pubblicato
26 minuti fa-
16 Aprile 2025di
Redazione
MILANO (ITALPRESS) – Il settore agroalimentare costituisce un’eccellenza per le nostre esportazioni e il mercato statunitense rappresenta uno sbocco per i prodotti nazionali estremamente importante. Il clima attuale di dazi innescato dalle decisioni dell’amministrazione Trump sta creando non poche preoccupazioni agli operatori del settore. Da qui la necessità di agire con lucidità e pragmatismo, evitando fughe in avanti che comprometterebbero il futuro di molte imprese.
Di questo si è discusso a Milano in occasione dell’evento “Food for Thoughts. A transatlantic perspective on the Food Industry” organizzato da AmCham Italy, la Camera di Commercio Italo-americana, e che ha visto la condivisione dei punti di vista di esponenti del mondo imprenditoriale, con la moderazione dell’editorialista dell’agenzia Italpress Claudio Brachino.
Tra i partecipanti Simone Crolla, consigliere delegato di AmCham Italy; Nicola Bertinelli, Presidente Consorzio Formaggio Parmigiano Reggiano; Massimiliano Catozzi, Responsabile Direzione Agribusiness Intesa Sanpaolo; Giorgia Favaro, Amministratore Delegato McDonald’s Italia; Guglielmo Maisto, Founder e Partner Maisto e Associati; Sandro Sartor, Amministratore Delegato Ruffino; Luigi Scordamaglia, Amministratore Delegato Filiera Italia.
“Le esportazioni italiane [verso gli Stati Uniti, ndr] hanno toccato il record nel 2024 che continua ad essere confermato nei primi mesi del 2025. Nonostante l’incertezza c’è sempre più voglia di Made in Italy negli Stati Uniti: il prodotto italiano è peculiare, si colloca nella fascia premium dei prodotti e quindi anche un dazio del 10%, per quanto antipatico e da rimuovere, viene scontato dall’esportatore o dall’importatore. Quindi al consumatore finale questo aggravio non arriva o comunque il prodotto non avrebbe una penalizzazione”, ha dichiarato Crolla aprendo i lavori.
Sullo sfondo degli interventi, la missione a Washington della presidente del Consiglio Giorgia Meloni in programma domani, sia per salvaguardare le nostre filiere produttive sia per agevolare la trattativa commerciale tra la Casa Bianca e l’Unione Europea. Proprio su questa visita negli Stati Uniti, Crolla ritiene che Meloni abbia “un vantaggio competitivo in più rispetto agli altri leader europei: un accesso incondizionato alla Casa Bianca e una considerazione importante. Per questo potrà far valere le ragioni del Made in Italy in maniera più assertiva. Trump non sarà sordo a legittime rivendicazioni dei nostri prodotti dell’agribusiness perché alcuni prodotti italiani sono assolutamente non replicabili e come tali andrebbero esentati da qualsiasi tipo di dazio”.
Secondo Maisto, non bisogna dimenticare il fatto “siamo di fronte ad una partita molto più ampia tra Stati Uniti ed Europa che non riguarda solo i dazi. Le misure adottate dal presidente Trump fanno seguito non solo ai dazi applicati dall’Europa su prodotti di derivazione americana, ma anche a pratiche ritenute discriminatorie: ad esempio l’imposta sui servizi digitali, tema prettamente italiano e di pochi altri paesi dell’Unione Europea, e l’imposta globale minima. Questi tre fattori insieme vedono l’Italia in una posizione più difficile considerando il forte export strategico nei confronti degli Stati Uniti e dell’importo sui servizi digitali che mette l’Italia nel mirino più di altri paesi”. Una possibile soluzione, sull’esempio di quanto fatto da paesi quali l’India e il Regno Unito, potrebbe essere trovare “un equilibrio tra una sospensione o eliminazione di questo tributo e un accordo sull’imposta minima globale che possano creare una riduzione di questi elementi tariffari decisi e poi sospesi dall’amministrazione Trump”.
L’incertezza proveniente dagli Stati Uniti ha spinto molte aziende, non solo dell’agribusiness, a cercare nuovi sbocchi per i propri prodotti. Tuttavia Scordamaglia mette in guardia soprattutto la filiera agroalimentare perché “il mercato americano è insostituibile” rispetto ad altri. “In Cina esportiamo appena un decimo delle esportazioni agroalimentari italiane che facciamo negli Stati Uniti. Il Mercosur [area di libero scambio tra Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, ndr], se si chiudesse l’accordo, avremmo un valore aggiunto per tutte le filiere produttive italiane di beni e servizi di appena 5 miliardi di euro, mentre il mercato americano solo alimentare vale per le nostre esportazione 7,8 miliardi – ha spiegato – Anche l’India, che molti guardano come il possibile sostituto, non è adeguata e a regime faremo sì e no 3 miliardi di obiettivo di tutte le nostre esportazioni”. Di conseguenza, “il mercato americano va a tutti i costi recuperato e in questo senso ci aspettiamo che la missione della nostra Presidente del Consiglio possa favorire il rilancio delle relazioni transatlantiche e magari anche di un nuovo accordo UE-Stati Uniti”. Nel contesto attuale si potrebbe pensare che la domanda di prodotti italiani negli Stati Uniti negli ultimi mesi sia calata sensibilmente. Non in tutti i casi a quanto sembra. Prendiamo ad esempio un prodotto d’eccellenza del Made in Italy come il Parmigiano Reggiano.
“Negli ultimi mesi del 2024 c’è stata una forte impennata di Parmigiano Reggiano negli Stati Uniti perché gli operatori, già vaccinati dalla prima amministrazione Trump che mise dazi al 40% sul Parmigiano Reggiano, sentendo aria di dazi hanno incentivato le importazioni. Tra gennaio e marzo le importazioni negli Stati Uniti sono state nella norma – ha sottolineato Bertinelli – Teniamo presente che negli Stati Uniti il Parmigiano Reggiano è solo il 7% del mercato totale dei formaggi a pasta dura (laggiù noti come parmesan) e viene venduto a circa il doppio del prezzo di un parmesan e chi compra Parmigiano Reggiano lo fa scientemente. In caso di ritorno dopo questa pausa di 90 giorni ad una politica ritorsiva di dazi, noi non prevediamo un crollo della domanda”. Questo non significa ignorare del tutto le possibilità offerte da altri mercati. Sempre Bertinelli ricorda che “sebbene oggi gli Stati Uniti rappresentano il 12% del mercato del Parmigiano Reggiano e non si sostituisce un mercato nel breve periodo, da tempo però il Consorzio sta investendo su nuovi mercati emergenti che stanno rispondendo molto bene: Norvegia, Svezia, Finlandia, Danimarca, Spagna, Australia e Canada.In quest’ultimo abbiamo registrato un +80-85% forse anche come ritorsione verso gli Stati Uniti”.
Certo per le imprese, in particolare quelle medio-piccole che rappresentano la spina dorsale dell’economia italiana, quello attuale è un momento di grande incertezza dal quale molte faticano ad uscire da sole. “Oggi in questo momento di grande discontinuità sul mercato, le aziende ci stanno ponendo due quesiti: come accompagnarle in questo momento in un mercato importante come quello degli Stati Uniti e come aiutarle a diversificare”, ha affermato Cattozzi.
Da parte di Intesa Sanpaolo, ci sono tre aiuti concreti che vengono forniti. “Il primo dall’Italia con un servizio di internazionalizzazione che aiuta le aziende qui su dove e come andare all’estero per essere efficaci senza disperdere risorse. Il secondo è aiutarle localmente negli Stati Uniti e negli altri 40 paesi in cui siamo presenti, affiancandole con professionisti italiani e stranieri che conoscono le piazze di mercato e le aiutano con le controparti migliori – ha spiegato – Infine, le aiutiamo con la finanza. Abbiamo visto che uno dei grandi ostacoli nell’accesso ai mercati internazionali, soprattutto per le piccole e medie imprese, è l’accesso al credito nelle piazze internazionali dove le aziende non hanno credit score. Abbiamo quindi formule molto efficaci con cui finanziamo le aziende in Italia per supportare i loro investimenti all’estero”.
– foto xh7/Italpress –
(ITALPRESS).
Economia
Inps “Nessun buco nei conti, operazioni improntate nel rigoroso rispetto dei criteri contabili”
Pubblicato
4 ore fa-
16 Aprile 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Il Presidente, il Consiglio di Amministrazione e il Direttore generale dell’Istituto in una nota “intendono ribadire con forza che non sussiste alcun “buco” nei conti dell’INPS e che, invece, nell’ottica della massima trasparenza del bilancio, le operazioni di eliminazione dei crediti contributivi sono state improntate al rigoroso rispetto dei criteri contabili e della normativa vigente”.
“Nel corso degli anni i crediti eliminati erano già stati opportunamente “svalutati” in quanto inesigibili per una serie di motivi; in questa categoria sono ricompresi anche quelli cancellati a seguito delle norme relative alla “rottamazione” di cartelle esattoriali di importo molto modesto (fino a mille o cinquemila euro) e maturati tra il 2000 e il 2015 – spiega l’Istituto di Previdenza -. In questo senso, va sottolineato come, nel tempo, siano state previste salvaguardie specifiche per garantire la neutralità finanziaria di tali operazioni: 1. Compensazione integrale tramite il Fondo di svalutazione crediti: i crediti eliminati sono interamente coperti da un fondo costituito e alimentato negli anni proprio per far fronte a situazioni di bassa esigibilità. Ciò esclude qualsiasi effetto negativo sul conto economico. 2. Stime conservative sull’esigibilità degli stessi crediti: già nel preventivo 2025, l’INPS ha valutato l’incasso dei crediti fino al 2020 in misura pari a solo l’1% del valore, riflettendo una pianificazione finanziaria cauta e realistica. 3. Minimalità degli impatti attesi: come evidenziato dalla scheda tecnica della Legge 197/2022, l’impatto netto sugli enti previdenziali era stimato in soli 98 milioni nel 2023 e 26 milioni nel 2024, confermando la marginalità delle somme coinvolte; 4. Razionalizzazione attiva e passiva: l’eliminazione di residui ha riguardato le poste attive e quelle passive del bilancio (oltre 2,7 miliardi di residui passivi)”.
“Le norme interessate riguardano, per l’esercizio 2024, esclusivamente crediti molto vecchi, risalenti al periodo 2000-2015: DL 119/2018 (406 mila euro); DL 41/2021 (5,4 miliardi di euro); Legge 197/2022 (9,9 miliardi di euro) – sottolinea l’Inps -. Gli interventi effettuati non intaccano l’efficacia della riscossione ordinaria, come dimostra l’incremento di 3,96 miliardi di euro (2024 vs. 2023) alla stessa voce “Aziende – contributi della gestione privata”, rilevato nella “Gestione di cassa” deliberata lo scorso 26 marzo, mentre, per il solo 2025, si prevedono accertamenti per oltre 177 miliardi di euro derivanti dalle “Aziende con dipendenti””. Il Consiglio di amministrazione sottolinea come “i corretti comportamenti contabili (accantonamenti annuali al fondo svalutazione, stime accurate, eliminazione dei residui attivi inesigibili e dei debiti insussistenti) sono parte integrante della governance finanziaria dell”INPS; le operazioni non hanno comportato perdite o riduzioni delle risorse disponibili, essendo i crediti già ritenuti “non esigibili”; il bilancio riflette ora una rappresentazione più fedele e responsabile dello stato patrimoniale, allineata alle norme contabili. Va infine sottolineata la rilevanza dell’operazione contabile portata a termine, richiesta anche dagli organi di controllo e vigilanza: siamo di fronte a un adeguamento necessario, finalizzato a migliorare, certamente in misura superiore rispetto al recente passato, la trasparenza e l’efficienza amministrativa”.
-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).
Economia
Notariato, rapporto compravendite immobili 2024 +15,8%
Pubblicato
4 ore fa-
16 Aprile 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – È stato pubblicato sul sito https://dsn.notariato.it/dsn il Rapporto Dati Statistici Notarili (DSN) 2024 relativo alle compravendite di immobili e mutui. I DSN vengono raccolti e elaborati sulla base dell’attività di tutti gli studi notarili sul territorio nazionale e sono da considerare dati reali, in quanto rappresentano le effettive transazioni effettuate in Italia nel corso del 2024.
Mentre nel 2024 il mercato immobiliare ha segnato un aumento in generale dell’1%, le compravendite di abitazioni sono cresciute del 15,8%. Più nel dettaglio a crescere nel 2024 sono stati gli acquisti di case tra privati, +26,8% a fronte di + 17,4% di quelli da impresa. Tira anche il mercato delle seconde case, che ha segnato una crescita del 4,4% da privati e dell’8,8% da impresa. Significativo è stato anche l’aumento del valore medio delle case: nel 2023 era di 154.416 euro, mentre nel 2024 è stato di 166.395 euro (+7,8%). Anche l’erogazione dei mutui è cresciuta del 5,7%.
Nel 2024 sono state effettuate 1.040.871 transazioni relative a compravendite di fabbricati in generale, in aumento dell’1% rispetto al 2023, che aveva visto 1.030.507 transazioni. Analizzando il settore specifico delle compravendite di immobili abitativi, si può notare l’inversione di un trend negativo: il 2024, infatti, si conclude con 634.498 transazioni, ritornando ai livelli del 2021 (628.137 transazioni), in crescita del 15,8% rispetto alle 547.838 del 2023.
Dall’analisi delle compravendite tra il 2016 e il 2024 si evince una crescente propensione all’acquisto di seconde case, che nel 2024 si attestano a oltre 282.000 transazioni rispetto alle 206.000 del 2016. Da evidenziare inoltre sempre dal 2016 al 2024 la forte crescita degli acquisti di seconda casa da impresa: nel 2024 sono state 54.714 mentre nel 2016 erano 37.707 a conferma del sempre maggiore interesse verso investimenti sostenibili dal punto di vista energetico nel mattone.
Che gli italiani siano disposti a spendere di più in nome dell’efficienza energetica lo confermano i dati dei prezzi di acquisto di seconde case nel 2024. Il 36,3% delle compravendite da impresa ha registrato un prezzo inferiore a 100.000 euro, il 18,28% tra 100.000 e 200.000 euro, il 15,9% tra 200.000 a 300.000 euro, il 10,28% tra 300.000 a 400.000 euro. Al contrario il 69,17% dell’acquisto di seconde case usate sono rimaste sotto la soglia dei 100.000 euro.
Restano al Nord i maggiori volumi di scambio: la regione nella quale sono state effettuate più compravendite nel 2024è la Lombardia con il 19,22%. Seguono il Piemonte (8,99%) e il Lazio (8,94%). La fascia d’età in cui viene effettuato il maggior acquisto di fabbricati si conferma quella tra 18-35 anni, con una percentuale nell’intero 2024 pari al 26,52% delle transazioni. Il 55,31% degli immobili abitativi è stato acquistato con l’agevolazione prima casa, percentuale in aumento rispetto al 2023 (quando l’asticella si è fermata al 50,8%) e al 2022 (quando il dato era del 53,12%).
Anche nel 2024 le compravendite effettuate da privati sono maggiori rispetto a quelle da imprese. Questo vale sia per gli immobili abitativi, venduti da privati nell’87,46% dei casi Nel 2024, il settore dei mutui è in recupero rispetto alla forte flessione registrata nell’anno precedente. Dopo il calo del 26% osservato tra il 2022 e il 2023, le nuove rilevazioni evidenziano un aumento complessivo dei mutui del 5,7% su base annua, portando il numero dei finanziamenti erogati nel 2024 a 340.611 (contro i 322.098 del 2023). Non si è ancora tornati ai livelli pre-pandemici (erano stati registrati 396.779 mutui nel 2019), ma l’inversione del trend suggerisce un quadro in miglioramento, sebbene ancora condizionato dall’andamento dei tassi di interesse e dall’incertezza economica.
Anche il capitale complessivo erogato per finanziamenti ipotecari su immobili conferma questo aumento (+9,1%), passando da 53.180.271.451 euro nel 2023 a 57.996.070.406 euro nel 2024. La crescita è stata trainata principalmente dalle operazioni di acquisto della prima casa. Le surroghe incidono per il 4,8% del totale (sostanzialmente invariate rispetto al 4,79% registrato nel 2023). A livello geografico, nel 2024 un po’ tutte le regioni segnano un aumento tra il primo ed il secondo semestre, invertendo un trend negativo intravisto nel secondo semestre del 2023. Sul fronte della distribuzione temporale delle operazioni i primi tre mesi del 2024 hanno visto una significativa flessione rispetto allo stesso trimestre del 2023, con un calo del 13,8%.
Con la diminuzione dei tassi di interesse, aprile 2024 inizia a essere il primo mese che vede invece un aumento del numero dei mutui. Per quanto riguarda l’importo dei mutui, i finanziamenti sotto 50.000 euro rimangono piuttosto limitati (intorno al 3,5% del totale), mentre quelli sopra i 300.000 euro si attestano su un 6%, evidenziando che la fascia medio-alta (fra i 100.000 euro e 250.000 euro) resta la più rappresentativa e in crescita del 9,1% rispetto al 2023.
L’innalzamento dei tassi, infatti, continua a frenare le operazioni di importo più alto. Per quanto concerne l’età della popolazione interessata dai mutui, le rilevazioni vedono una situazione sostanzialmente invariata rispetto al 2023, con un leggero calo dell’incidenza dei mutui erogati agli “under 36” che scendono di mezzo punto percentuale rispetto all’anno precedente. Significativo è l’aumento del valore delle case: nel 2023 il valore medio degli acquisti era di 154.416 euro mentre nel 2024 è aumentato a 166.395 euro (+7,8%). Il valore mediano degli immobili abitativi acquistati da privati con agevolazione prima casa nel 2024 si attesta a 119.000 euro, in leggero rialzo rispetto ai 113.000 euro del 2023.
-Foto ufficio stampa Notariato-
(ITALPRESS).


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