Economia
Per Poste ricavi in crescita, Del Fante “Inizio anno positivo”
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2 anni fa-
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Redazione
Poste Italiane ha chiuso il primo trimestre con ricavi che si attestano a quota 3,045 miliardi, registrando un aumento del 6% su base annua. In particolare, nel segmento corrispondenza, pacchi e distribuzione, i ricavi raggiungono 934 milioni, in crescita del 4,6% su base annua, i ricavi dei servizi finanziari ammontano a 1,3 miliardi, in crescita del 5% su base annua, quelli dei servizi assicurativi si attestano a 397 milioni, in aumento dell’1% su base annua. I ricavi dei servizi postepay nel primo trimestre ammontano a 379 milioni, registrando un incremento del 17,3% su base annua, trainati dalla crescita dell’e-commerce. I costi totali ammontano a 2,3 miliardi, registrando un incremento del 3,7% su base annua, il risultato operativo ha raggiunto 706 milioni, registrando un incremento del 14% su base annua, beneficiando di un modello di business diversificato.
La posizione patrimoniale vede un total capital ratio di Bancoposta pari al 24,9% (di cui Cet1 ratio pari al 21,3%), Leverage Ratio pari al 3,3% e Solvency II ratio del gruppo assicurativo poste vita pari al 313%. Alla fine di marzo, i lavori di ristrutturazione sono stati completati in 1.370 uffici postali nei comuni con meno di 15 mila abitanti. Anche per l’anno in corso rimarrà prioritaria l’attenzione all’offerta di prodotti/servizi che risultino al passo con l’evoluzione dei contesti di mercato, confermando la centralità del risparmio postale nell’offerta del Gruppo. In ambito assicurativo e specificamente nel comparto investimenti vita e previdenza, il Gruppo sarà impegnato nell’evoluzione dell’offerta commerciale, tenendo conto sia delle dinamiche di mercato che dell’ottimizzazione della qualità dei servizi, al fine di proteggere i risparmi dei clienti dai rischi di mercato e dall’inflazione.
“È stato un inizio di anno molto positivo, con ricavi complessivi di Gruppo superiori a 3 miliardi e contributi da tutti i segmenti, in linea con la nostra strategia. Questi risultati dimostrano come stiamo attuando il nostro piano in modo rigoroso, con un continuo focus sul raggiungimento dei risultati commerciali e sulla razionalizzazione dei costi. I trend commerciali sono stati favorevoli in tutti i settori, poiché i nostri clienti continuano a considerare Poste Italiane come un rifugio sicuro per i loro risparmi e un luogo di riferimento per la maggior parte delle loro esigenze quotidiane. Una raccolta netta positiva nei prodotti di gestione del risparmio e in quelli assicurativi, insieme a depositi retail stabili, ne sono la prova”. Così Matteo Del Fante, Ad di Poste Italiane, commentando i dati relativi al primo trimestre dell’anno. “Il risultato operativo e l’utile netto hanno dimostrato una solida crescita a doppia cifra, rispettivamente del 14% e del 16%”, aggiunge. “Il nostro business assicurativo continua a registrare una raccolta netta positiva, che evidenzia una performance ben al di sopra dell’andamento di mercato, con un ridotto tasso di riscatto, insieme ad una maggiore profittabilità del business della protezione. I servizi Postepay mantengono la loro costante traiettoria di crescita. Al nostro Capital Markets Day – ricorda l’Ad – abbiamo delineato il piano strategico, con l’obiettivo di ridisegnare il nostro business per continuare a conseguire una crescita sostanziale. Stiamo attuando con successo il nostro piano, con un continuo focus sulla razionalizzazione dei costi per attenuare gli impatti inflazionistici. Continuiamo a investire nell’automazione e in tecnologia, con l’obiettivo di migliorare costantemente l’esperienza e la fedeltà del cliente. Grazie alla nostra solida base patrimoniale e alla redditività sostenibile del nostro modello di business ben diversificato, siamo sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi finanziari e di remunerazione degli azionisti previsti nel Capital Markets Day”, conclude Del Fante. (ITALPRESS).
– Foto: ufficio stampa Poste Italiane –
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Economia
Istat, a ottobre vendite al dettaglio in crescita
Pubblicato
13 minuti fa-
5 Dicembre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – A ottobre le vendite al dettaglio registrano, rispetto al mese precedente, una crescita sia in valore sia in volume (rispettivamente +0,5% e +0,4%). L’aumento riguarda tanto i beni alimentari (+0,5% in valore e +0,7% in volume), quanto quelli non alimentari (+0,4% in valore e in volume). Nel trimestre agosto – ottobre 2025, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio non registrano variazioni in valore e diminuiscono in volume (-0,3%).
Le vendite dei beni alimentari vedono un lieve aumento in valore (+0,2%) e un calo in volume (-0,6%), mentre quelle dei beni non alimentari sono stazionarie in valore e in flessione in volume (-0,2%). Su base tendenziale, a ottobre 2025, le vendite al dettaglio registrano un aumento dell’1,3% in valore mentre in volume non subiscono variazioni. Analogo andamento si registra in valore sia per le vendite dei beni alimentari (+2,3%) sia per quelle dei non alimentari (+0,5%): in entrambi i settori i volumi restano invariati.
Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali eterogenee tra i vari gruppi di prodotti. L’aumento maggiore riguarda i Prodotti di profumeria, cura della persona (+4,2%), mentre il calo più consistente si osserva per Elettrodomestici, radio, tv e registratori (-2,2%). Rispetto a ottobre 2024, il valore delle vendite al dettaglio è in aumento per la grande distribuzione (+2,7%), le vendite al di fuori dei negozi (+1,1%) e il commercio elettronico (+4,6%), mentre si registra una flessione per le imprese operanti su piccole superfici (-0,5%).
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).
Economia
Nuovi vertici per Multiversity: struttura di leadership con Vaccarono, Durante e Violante
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13 minuti fa-
5 Dicembre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Multiversity, controllata da CVC Capital Partners, annuncia una nuova struttura di leadership. Il Cda procederà alla nomina di Fabio Vaccarono come presidente esecutivo, di Francesco Durante come nuovo amministratore delegato e di Luciano Violante come presidente onorario del Gruppo e presidente della costituenda Fondazione Multiversity. Vaccarono sarà anche confermato presidente dei tre atenei del Gruppo, Pegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma. Le nuove cariche e la Fondazione saranno operative dai primi mesi del 2026. Vaccarono assicurerà definizione e continuità alla visione di crescita di Multiversity, Durante rafforzerà ulteriormente la leadership del gruppo nel settore dell’Education, mentre Violante ricoprirà anche il ruolo di presidente della costituenda Fondazione Multiversity, impegnata nella promozione dell’innovazione e nella lotta alla povertà educativa.
“Questa riorganizzazione si inserisce nel naturale processo evolutivo di Multiversity, valorizzando le solide competenze di Francesco nelle industrie regolamentate e consentendo a Fabio di mettere la sua grande esperienza a servizio degli aspetti istituzionali di quella che è ormai divenuta una infrastruttura fondamentale per il sistema Paese”, commenta Andrea Ferrante, partner del Fondo CVC Capital Partners. “Il presidente Violante continuerà a presidiare il percorso di crescita qualitativa del Gruppo, supportato in questo obiettivo dalla costituzione di una fondazione dedicata all’innovazione e all’abbattimento delle barriere di accesso alla formazione”, aggiunge.
“Questo è un passo fisiologico e fortemente voluto nel percorso di evoluzione strategica e operativa del Gruppo – osserva Vaccarono – Si consolida una governance orientata alla crescita e all’impatto sociale, con la consapevolezza che Multiversity è diventato in questi anni il primo Gruppo di education in Italia, nonché il più grande gruppo universitario digitale europeo”.
“Ringrazio per la stima e la fiducia ricevute. Affronterò questa nuova opportunità con forte motivazione per contribuire all’evoluzione di Multiversity – afferma Francesco Durante – Lavorerò in stretta collaborazione con le colleghe e i colleghi del Gruppo, garantendo il massimo impegno nell’affrontare con determinazione le sfide che ci attendono”.
“Sono particolarmente lieto della decisione di Multiversity di istituire una nuova Fondazione e di dar vita a una nuova rivista di alto profilo culturale – dichiara Luciano Violante – Sarò aiutato da alcune delle migliori intelligenze del Paese nell’intento, proprio di Multiversity, di continuare a rendere servizi utili per l’intera comunità nazionale”.
(ITALPRESS)
Economia
Rapporto Censis, il ceto medio vive in uno stato febbrile. In 15 anni ricchezza delle famiglie diminuita dell’8,5%
Pubblicato
13 minuti fa-
5 Dicembre 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Ci siamo inoltrati nell’età selvaggia, del ferro e del fuoco: il 30% degli italiani adesso ha una convinzione inaudita, quella che le autocrazie sono più adatte allo spirito dei tempi. E’ quanto si legge nel rapporto Censis 2025, giunto alla 59ma edizione. L’Italia spende più per interessi (85,6 miliardi) che per investimenti (78,3 miliardi): superano dieci volte le risorse destinate alla protezione dell’ambiente (7,8 miliardi). Il lungo autunno industriale rischia di scivolare nel gelido inverno della deindustrializzazione (non basta l’antidoto del riarmo). E sale la febbre del ceto medio, nonostante l’arte arrangiatoria degli italiani. Entrando nel dettaglio del rapporto si legge che la regressione demografica, con il progressivo invecchiamento della popolazione e i tassi di natalità in caduta libera, provoca l’arresto dei processi di proliferazione delle piccole imprese. In vent’anni (2004-2024) il numero dei titolari d’impresa si è assottigliato da oltre 3,4 milioni a poco più di 2,8 milioni: -17,0% (quasi 585.000 in meno). I giovani imprenditori con meno di 30 anni sono diminuiti nello stesso periodo del 46,2% (quasi 132.000 in meno).
E se il reddito delle piccole imprese (fino a 5 addetti) corrispondeva al 17,8% del Pil nel 2004, e poi era sceso al 15,7% nel 2014, nel 2024 si è ridotto al 14,0%. Si indebolisce anche l’altro pilastro: il lavoro. Nel 2024 il valore reale delle retribuzioni risulta inferiore dell’8,7% rispetto al 2007. Nello stesso periodo il potere d’acquisto pro capite ha subito un taglio del 6,1%, nonostante il recente parziale recupero (+2,0% tra il 2022 e il 2024). Così il ceto medio vive in uno stato febbrile: nella stagnazione o, peggio ancora, rischia di perdere lo status conquistato nel tempo.
L’inflazione ha condizionato pesantemente i comportamenti di consumo delle famiglie. Nel 2024 i prezzi erano più alti del 17,4% rispetto al 2019 e il carrello della spesa (i beni alimentari e per la cura della casa e della persona) era più caro del 23,0%. Si è speso di più, ma si è consumato di meno. Nei cinque anni il costo dei generi alimentari è aumentato del 22,2%, ma il volume effettivamente acquistato si è ridotto del 2,7%. La forbice è ampia anche per vestiario e calzature: +4,9% in valore e -3,5% in volume. I servizi assicurativi e finanziari sono aumentati del 47,3% in termini nominali, ma l’utilizzo si è ridotto del 2,0%. I soli servizi finanziari (pari al 3,2% della spesa delle famiglie, ovvero 40 miliardi di euro) hanno registrato un aumento del prezzo del 106,2% nel periodo 2019-2024.
IN 15 ANNI RICCHEZZA FAMIGLIE DIMINUITA DELL’8,5%
Tra il primo trimestre del 2011 e il primo trimestre del 2025 (quasi quindici anni) la ricchezza delle famiglie italiane è diminuita in termini reali dell’8,5%. Il 50% delle famiglie più povere ha visto diminuire la propria ricchezza del 23,2%, le famiglie distribuite tra il sesto e l’ottavo decile hanno subito una riduzione del patrimonio iniziale tra il 35,3% e il 24,3%, tra le famiglie del nono decile la diminuzione è stata del 17,1%, mentre il 10% delle famiglie più ricche ha visto aumentare la propria ricchezza del 5,9%. All’inizio del 2025, il 60% della ricchezza nazionale è posseduto da 2,6 milioni di famiglie appartenenti al decimo decile. Di più: il 48% della ricchezza è in mano a 1,3 milioni di famiglie che costituiscono il 5% delle famiglie più abbienti. La quota di ricchezza detenuta da 13 milioni di famiglie che si trovano invece alla base della piramide patrimoniale è scesa dall’8,7% del 2011 al 7,3% del 2025.
5,4 MLN DI STRANIERI VIVONO IN ITALIA
Sono più di 5,4 milioni gli stranieri che vivono in Italia (il 9,2% della popolazione residente), ma la gran parte si trova in condizioni di marginalità. Il 29,0% dei lavoratori stranieri (che sono in totale 2.514.000, ovvero il 10,5% degli occupati) è a tempo determinato o ha un impiego part time involontario (tra gli italiani la quota corrispondente si ferma al 17,2%). Il 29,4% svolge un lavoro non qualificato (l’8,0% tra gli italiani) e il 55,4% degli occupati stranieri laureati risulta sovraqualificato, ovvero possiede un titolo di studio troppo elevato per il lavoro svolto (il 18,7% tra gli italiani). Il 35,6% degli stranieri vive sotto la soglia della povertà assoluta (il 7,4% tra gli italiani). Siamo inclini a guardare con favore gli stranieri quando svolgono lavori faticosi e poco qualificati, o quando accudiscono gli anziani e i bambini, ma non siamo propensi a concedere loro gli stessi diritti di cittadinanza degli autoctoni.
Il 63% degli italiani pensa che i flussi in ingresso degli immigrati vadano limitati, il 59% è convinto che un quartiere si degrada quando sono presenti tanti immigrati, il 54% percepisce gli stranieri come un pericolo per l’identità e la cultura nazionali, solo il 37% consentirebbe l’accesso ai concorsi pubblici a chi non possiede la cittadinanza italiana e solo il 38% è favorevole a concedere agli stranieri il voto alle elezioni amministrative.
AUMENTA ASPETTATIVA DI VITA, NEL 2045 OVER 65 ANNI IL 34,1% POPOLAZIONE
L’Italia continua a invecchiare rapidamente. Le persone dai 65 anni in su rappresentano il 24,7% della popolazione (14,6 milioni di persone): erano il 18,1% nel 2000 (10,3 milioni) e il 9,3% nel 1960 (4,6 milioni). L’aspettativa di vita è arrivata a 85,5 anni per le donne e 81,4 per gli uomini: circa 5 mesi in più solo nell’ultimo anno. E i centenari, 594 nel 1960, diventati 4.765 nel 2000, oggi sono 23.548. Nel 2045 le persone dai 65 anni in su saranno aumentate di quasi 4,5 milioni e raggiungeranno i 19 milioni (il 34,1% della popolazione). Il desiderio di prolungare l’esistenza sfuggendo alle malattie è la regola che accomuna la nuova generazione di anziani. Una tendenza a vivere come eterni adulti, senza limitazioni legate all’avanzare dell’età. Con la consapevolezza di custodire e trasmettere in eredità risorse, non solo materiali, di cui le giovani generazioni non potranno godere in ugual misura.
ROMA AL PRIMO POSTO PER NUMERO REATI COMMESSI, SEGUE MILANO
A 3 residenti su 4 nelle grandi realtà urbane (il 73,4% del totale) è capitato almeno una volta di essere stato vittima o testimone di un evento pericoloso. In particolare, il 54,9% ha assistito almeno una volta a una rissa e l’11,1% è stato direttamente coinvolto, il 40,2% è stato testimone di uno scippo o di un borseggio e il 26,1% è stato scippato o borseggiato, il 23,6% ha subito molestie sessuali di vario genere e gravità, il 10,7% è stato aggredito da uno sconosciuto.
Roma è al primo posto in Italia per numero di reati commessi (271.779 nel 2024), seguita da Milano (226.860 reati). Anche in rapporto al numero di residenti, al primo posto c’è Milano (con 69,9 reati ogni 1.000 abitanti) e Roma è al terzo posto (con 64,3 reati ogni 1.000 abitanti). Ma nel primo semestre del 2025 i reati commessi a Roma si sono ridotti del 7,0% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e a Milano dello 0,9%. A gonfiare il dato relativo ai furti a Roma sono i borseggi: nel 2024 nella capitale ne sono stati denunciati 33.468, il 23,8% del totale nazionale, compiuti a un ritmo di 92 al giorno. Segnali positivi vengono anche in questo caso dai primi sei mesi del 2025, quando i borseggi a Roma si sono ridotti del 13,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sia a Roma che a Milano aumentano le rapine in pubblica via. A Milano nel 2024 sono state 2.624, in crescita del 32,1% rispetto all’anno pre-pandemia. Nello stesso anno a Roma ne sono state commesse 2.016, il 51,5% in più di quelle commesse nel 2019. Anche questi reati nei primi sei mesi del 2025 si riducono: del 18,4% a Milano e del 24,5% a Roma, rispetto a una contrazione media nazionale dell’8,4%. Preoccupante è il dato sulle violenze sessuali, che a Milano nel 2024 sono state 691 (circa il 10% del totale nazionale), con un incremento del 67,3% rispetto al 2019, e a Roma 510, in crescita del 22,3%. Anche le violenze sessuali nel 2025 sono in diminuzione: nel primo semestre fanno registrare un calo del 20,8% a Milano e del 16,2% a Roma (-11,7% in Italia).
PAPA LEONE LEADER IN CUI CREDONO GLI ITALIANI, POLITICI IN CALO
Secondo il 72% degli italiani la gente non crede più ai partiti, ai leader politici e al Parlamento. Il 63% è convinto che si sia spento ogni sogno collettivo in cui riconoscersi. L’unico leader con una proiezione globale che ottiene la fiducia della maggioranza degli italiani (60,7%) è Leone XIV. Seguono Sánchez (44,9%), Merz (33,5%), von der Leyen (32,8%), Macron (30,9%), Starmer (29,0%), Lula (23,0%), Trump (16,3%), Modi (14,9%), Xi Jinping (13,9%), Putin (12,8%), Orbán (12,4%), Erdogan (11,0%), Netanyahu (7,3%), Khamenei (7,3%), Kim Jong-un (6,1%).. Assistiamo a un capovolgimento dei ruoli nel rapporto tra élite e popolo. Da una parte ci sono i leader europei – il nostro nuovo pantheon politico – con i volti sgomenti come pugili suonati, sotto i colpi sferrati da est e da ovest.
Invece di rassicurare, esercitando la tradizionale funzione dell’offerta politica, eventualmente con il ricorso spregiudicato alla menzogna, annunciano la catastrofe, ci mettono davanti al pericolo di morte: la guerra imminente, la irrimediabile perdita di competitività del continente, l’ineluttabile deriva demografica, la marea inarginabile dei migranti, il collasso climatico. Dall’altra ci sono gli italiani, per i quali non è scattato l’allarme rosso: l’apocalisse può attendere. Non si segnalano tentazioni di radicalizzazione: per il 47% le divisioni politiche e la violenza che scuotono gli Stati Uniti sono impensabili nella nostra società. E un intervento militare italiano, anche nel caso in cui un Paese alleato della Nato venisse attaccato, è disapprovato dal 43%. Il 66% ritiene che, se per riarmarsi l’Italia fosse obbligata a tagliare la spesa sociale, allora dovremmo rinunciare a rafforzare la difesa.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).

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