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Economia

A novembre l’inflazione torna a crescere, +1,4% su base annua

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ROMA (ITALPRESS) – Secondo le stime preliminari Istat, a novembre l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra una variazione su base mensile nulla e aumenta dell’1,4% su base annua, dal +0,9% del mese precedente. La risalita del tasso d’inflazione risente in primo luogo dell’accelerazione dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da +3,9% a +7,5%) e dell’attenuarsi della flessione di quelli dei beni energetici non regolamentati (da -10,2% a -6,6%). Un sostegno all’inflazione deriva inoltre dall’andamento dei prezzi dei beni alimentari, sia lavorati (da +1,7% a +2,4%) sia non lavorati (da +3,4% a +4,1%), dei beni durevoli (da -1,4% a -0,8%), dei servizi relativi ai trasporti (da +3,0% a +3,5%), dei beni non durevoli (da +0,9% a +1,3%) e, in misura minore, di quelli dei servizi relativi all’abitazione (da +2,3% a +2,5%) e dei servizi relativi alle comunicazioni (da +1,0% a +1,2%). A novembre l’inflazione di fondo, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera (da +1,8% a +1,9%), come anche quella al netto dei soli beni energetici (da +1,9% a +2,2%). La dinamica tendenziale dei prezzi dei beni registra un’inversione di tendenza portandosi su valori positivi (da -0,5% a +0,4%) e quella dei servizi accelera lievemente (da +2,7% a +2,8%). Il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni si riduce quindi, portandosi a +2,4 punti percentuali (dai +3,2 di ottobre).
I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona accelerano su base tendenziale (da +2,0% a +2,6%), come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +1,0% a +1,8%). La stabilità sul piano congiunturale dell’indice generale riflette le dinamiche opposte di diverse componenti: da una parte, la crescita dei prezzi beni energetici regolamentati (+2,7%), dei beni alimentari non lavorati (+1,5%) e lavorati (+0,8%) e dei servizi relativi all’abitazione (+0,3%); dall’altra, la diminuzione dei prezzi dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-1,2%). L’inflazione acquisita per il 2024 è pari a +1,0% per l’indice generale e a +2,0% per la componente di fondo. In base alle stime preliminari, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) registra una variazione nulla su base mensile e una del +1,6% su base annua (in accelerazione da +1,0% di ottobre).
(ITALPRESS).
-Foto: ufficio stampa Istat-

Economia

Sentiment economico, gli italiani oscillano tra sfiducia e bisogno di stabilità

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CREMONA (ITALPRESS) – Come stanno finanziariamente gli italiani e qual è il sentiment per il prossimo anno? Il 24% degli italiani dichiara di stare peggio rispetto allo scorso anno, un valore che, dopo il picco del 46% nel 2022, è oscillato nel tempo con percentuali relativamente contenute (dal 33% di gennaio 2024 al 27% di novembre 2024). Cresce invece lentamente, ma in modo costante, la percentuale di chi ritiene che la situazione economica sia rimasta uguale, oggi al 66%, segnale che esprime il consolidarsi di aspettative prudenti ma non allarmistiche. Rimane invece la stessa, rispetto a un anno fa, la quota di chi afferma di stare meglio ossia l’11% degli italiani. Emerge dunque da questi primi dati del rilevamento del monitor continuativo di EngageMinds Hub – Consumer, Food & Health Research Center, Centro di ricerca in psicologia dei consumi e della salute dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Cremona, l’immagine di un Paese che non avverte un declino, ma neppure un avanzamento sul piano economico personale. I segnali positivi vengono infatti percepiti solo da una minoranza di persone, mentre la maggior parte tende a leggere la propria condizione come stabile, più per mancanza di miglioramenti concreti che per un peggioramento della condizione economica. Approfondendo l’analisi del campione emerge anche che gli “ottimisti” risultano più presenti in alcuni profili specifici.

Tra i giovani 18-34 anni, la quota di chi dice di stare meglio arriva al 18%, ben oltre l’11% del totale. Valori superiori alla media emergono anche tra chi riporta un benessere psicosociale elevato (14%) e tra le persone con livelli alti di soddisfazione per la propria vita e di controllo su di essa (entrambi 14%).

“Questi gruppi – dichiara Guendalina Graffigna, direttrice del Centro di Ricerca EngageMinds HUB dell’Università Cattolica e responsabile scientifico dell’indagine – sembrano disporre di risorse personali e motivazionali che gli permettono di cogliere e interpretare i segnali di miglioramento con maggiore facilità rispetto alla popolazione generale. La loro percezione più positiva suggerisce che l’ottimismo finanziario non dipende esclusivamente da fattori economici oggettivi, ma anche da elementi psicologici, come la capacità di proiettarsi nel futuro, la fiducia nelle proprie possibilità e una maggiore resilienza di fronte alle incertezze. In altre parole il benessere economico percepito nasce dall’incontro tra condizioni materiali e attitudini personali che, insieme, contribuiscono a generare una lettura più costruttiva della propria situazione”.

Guardando al prossimo anno, le aspettative sulle finanze famigliari restano improntate alla prudenza: il 62% degli italiani pensa che la propria situazione economica rimarrà uguale, il 22% crede che peggiorerà ulteriormente, mentre il 16% degli italiani si aspetta di stare meglio. Curioso notare come anche sul futuro gli ottimisti si concentrano soprattutto tra i giovani 18-34 anni, dove la quota di chi si aspetta di stare meglio sale al 30%, quasi il doppio della media. Valori sopra la media emergono anche tra le persone con benessere psicosociale elevato (21%) e tra chi mostra un forte senso di controllo sulla propria vita (21%). Questi profili suggeriscono che l’aspettativa di miglioramento è più frequente tra chi vive un momento personale positivo e sente di avere risorse interne solide o vede il futuro con un atteggiamento più improntato alla propositività.

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Cosa pensano invece gli italiani in merito alla situazione economica del nostro Paese nell’ultimo anno? Il giudizio resta nettamente orientato al pessimismo con oltre la metà degli italiani (il 57%) che ritiene che la situazione sia peggiorata rispetto all’anno scorso (il 32% del 2024). Questa crescita sembra avvenire a scapito di chi valuta la situazione come uguale: la quota scende infatti dal 58% del 2024 al 32% del 2025. Rimane invece sostanzialmente stabile all’11% la quota degli italiani che percepisce un miglioramento dell’economia.

L’idea che l’economia italiana stia migliorando resta minoritaria, ma emerge con maggiore frequenza in alcuni gruppi rispetto alla media generale (11%): tra chi esprime fiducia nelle istituzioni la quota di ottimisti sale al 25% e tra coloro che hanno un livello elevato di benessere psicosociale la percezione di avanzamento dell’economia raggiunge il 17%. L’idea di un’economia che cresce è inoltre più presente tra gli uomini e tra gli over 55, entrambi con una quota del 15%, così come tra chi esprime una soddisfazione elevata per la propria vita (15%). In questi gruppi essere in una fase personale positiva per risorse, sicurezza o stabilità si accompagna più spesso a una lettura meno pessimista dell’economia nazionale. Continuando nell’anali dal report è stato chiesto agli italiani come andrà l’economia nel prossimo anno: il 52% ritiene infatti che andrà “così e così”, il 40% pensa che andrà male e solo l’8% ha un’idea positiva. Tra le persone più ottimiste troviamo chi ha fiducia nelle istituzioni (il 22%), gli over 55 che hanno un elevato benessere psicosociale e che esprimono un’alta soddisfazione per la propria vita (il 12%).

E ancora la percentuale di italiani che in futuro ritiene più probabile un aumento della disoccupazione e una crisi economica è pari al 54%, in calo rispetto al 2022, quando aveva raggiunto un picco del 65%, ma ancora su livelli elevati, a conferma di un clima di incertezza diffuso che continua a influenzare le prospettive economiche del Paese. Il 38% ritiene invece che “le cose resteranno come ora” e solo il 9% ha una visione ottimista che vedrà l’Italia godere di un periodo di benessere nei prossimi 5 anni. Gli ottimisti sono pochi in generale, ma risultano di più in alcuni segmenti specifici: tra chi ha fiducia nelle istituzioni la quota sale al 22% (ben oltre il 9% osservato nel totale) e per le persone dai 55 anni in su l’ottimismo arriva al 13%

“Il quadro che emerge ci restituisce dunque un sentimento diffuso di cautela, se non di vero e proprio pessimismo, che accompagna il modo in cui gli italiani guardano all’economia del Paeseafferma Guendalina Graffigna -. L’aumento di chi percepisce un peggioramento segnala una fatica crescente nel riconoscere segnali di stabilità o ripresa, mentre la ridotta quota di ottimisti riflette un clima di incertezza che si proietta anche sulle aspettative per il futuro. In questo contesto, la fiducia nelle istituzioni è un fattore chiave: non elimina le preoccupazioni, ma contribuisce a contenere la percezione di declino e a mantenere aperta la possibilità di uno sguardo meno allarmistico sull’evoluzione economica del Paese”.

Il report si chiude con una valutazione sull’opportunità o no di acquistare beni costosi per la casa (mobili, frigorifero, TV, etc…), una scelta che rimane improntata alla prudenza. La maggior parte degli intervistati, ovvero il 59%, ha una posizione intermedia (né favorevole né sfavorevole all’acquisto), il 28% è sfavorevole (vs il 44% nel 2022) mentre il 13% è a favore di acquisti importanti per la casa.

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– Foto di repertorio IPA Agency –
(ITALPRESS).

 

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Economia

L’Aeroporto di Palermo chiude il 2025 con 9,2 milioni di passeggeri

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PALERMO (ITALPRESS) – Nel 2025 l’aeroporto internazionale “Falcone Borsellino” di Palermo ha raggiunto il miglior risultato della sua storia: 9,2 milioni di passeggeri (+3,3%) e una media di 151 (147 nel 2024) viaggiatori per volo.

Il 2025 segna infatti l’avvio di un percorso industriale strutturato, che punta a rafforzare il ruolo dello scalo con una visione fondata su sostenibilità, digitalizzazione e qualità dell’esperienza. A partire dalla seconda metà dell’anno, un’accelerazione delle strategie gestionali ha portato a risultati risultati concreti: i ricavi commerciali sono stati di oltre 22 milioni, +8% nel food & beverage, +10% nel retail. Attività ancora marginali rispetto al potenziale, ma sempre più centrali nella strategia di diversificazione dei ricavi, in linea con i modelli di sviluppo dei principali hub europei. Questo cambio di passo, insieme all’ottimizzazione dei costi, ha determinato un miglioramento dei margini operativi e un rafforzamento della sostenibilità economica dello scalo.

A trainare la crescita è il traffico internazionale, che oggi rappresenta il 34% del totale, con 3,1 milioni di passeggeri (+350 mila rispetto il 2024). Francia, Germania e Spagna sono i mercati principali, ma crescono in maniera significativa anche Polonia (+47%), Turchia (+31%), Svizzera (+21%) e Regno Unito (+9%). La rotta intercontinentale Palermo-New York ha registrato numeri eccezionali: 40 mila passeggeri e un incremento del +121%. Luglio è stato il mese record con 1.012.058 passeggeri; il 25 luglio il giorno più trafficato con 36.234 transiti.

Un elemento chiave del riposizionamento dello scalo è stato il lavoro con le compagnie aeree, Grazie a un approccio strutturato e orientato al valore, sono stati definiti accordi strategici per il 2026 che porteranno all’avvio di nuovi collegamenti: l’esordio di Jet2 con Birmingham, Manchester e Newcastle, Norwegian con Oslo, il ritorno di Wizz Air con due rotte, Varsavia e Bratislava e l’inserimento di una nuova rotta dalla prossima estate, Ryanair porta in dote Danzica, Varsavia e Bratislava, easyJet aggiunge Bordeaux, Volotea con Orly e altre destinazioni, Transavia con Amsterdam.Una strategia orientata a una crescita selettiva e sostenibile, che rafforza Palermo come piattaforma di attrazione dei flussi, in particolare quelli internazionali.

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Anche i dati economico-finanziari del 2025 confermano la tenuta del nuovo modello di gestione: Ebitda a oltre 25 milioni e ricavi totali a circa 100 milioni. Secondo lo studio Iccsai, l’aeroporto genera un impatto economico complessivo per il territorio di 860 milioni di euro (3,2% del prodotto interno lordo provinciale), di cui 250 da attività economiche all’interno dell’aeroporto, 210 milioni da fornitori e servizi collegati (impatto indiretto), mentre la quota restante riguarda la spesa che effettuano i turisti sul territorio. Inoltre, ogni euro generato dall’aeroporto produce 3,2 euro nell’economia locale. Ogni passeggero internazionale genera in media 140 euro per il territorio, quello intercontinentale arriva a 720 euro.

“Il 2025 ha rappresentato per l’aeroporto di Palermo l’inizio di una nuova traiettoria industriale, fondata su scelte strategiche chiare, visione di lungo periodo e azioni concrete – dice Gianfranco Battisti, amministratore delegato di Gesap – Stiamo trasformando lo scalo in una piattaforma moderna e sostenibile, aperta all’innovazione, capace di attrarre nuovi flussi, nuove rotte e nuove competenze. Abbiamo posto le basi per un modello gestionale orientato sempre più ai risultati, che guarda al valore generato per il territorio, all’efficienza operativa e alla qualità percepita dai passeggeri. Il piano industriale che presenteremo nel 2026 – conclude Battisti – consoliderà questo approccio, guidando la crescita lungo assi fondamentali come la sostenibilità integrata, la digitalizzazione, la diversificazione dei ricavi, l’internazionalizzazione e lo sviluppo del capitale umano”.

La trasformazione dello scalo è percepita anche dai passeggeri. I dati di profilazione del 2025 parlano chiaro: il 100% degli utenti che ha prenotato un servizio online si è dichiarato soddisfatto; oltre il 60% dei viaggiatori in partenza ha utilizzato almeno un servizio commerciale in aeroporto, con un tasso di soddisfazione dell’85%. Il Net Promoter Score è in crescita, mentre tra i viaggiatori incoming cresce la quota di turisti motivati da esperienze culturali e ambientali (15%). Il miglioramento dell’esperienza passeggeri è sostenuto anche da una serie di interventi infrastrutturali, completati nella seconda parte dell’anno: sette fontanelle d’acqua potabile per i passeggeri, di cui quattro con possibilità di refill, 25 ulteriori postazioni di ricarica per device, 200 nuove sedute di nuova generazione più ergonomiche, un nuovo parcheggio (P4) con 64 nuovi posti offerti, l’avvio del restyling del fast track e dei lavori per l’espansione della seconda lounge in area air side.

Parallelamente, il 2025 ha segnato un’accelerazione decisa sul fronte della transizione energetica. Palermo ha confermato il livello 3+ “Neutrality” dell’Airport carbon accreditation e punta al livello 4 nel 2026. Gli impianti fotovoltaici attivati producono oltre 734.000 kWh l’anno, pari al 6,2% del fabbisogno dello scalo. E’ previsto nel prossimo biennio il sistema 400 Hz per alimentare elettricamente gli aeromobili, mentre è in corso di pianificazione la sostituzione dell’illuminazione con Led, così come è in corso la pianificazione della conversione della flotta aziendale con veicoli elettrici e l’ottimizzazione dei sistemi Hvac.
La gestione energetica è certificata Iso 50001, e gli indicatori EnPi segnalano una riduzione dei consumi specifici per passeggero, nonostante la crescita dei volumi.

Nel primo semestre del 2026 verrà presentato il nuovo Piano Industriale 2026-2036, che traccerà la roadmap strategica per il prossimo decennio. Gli argomenti principali riguardano l’espansione infrastrutturale, l’internazionalizzazione, la sostenibilità, la digitalizzazione, la formazione e l’innovazione. Un progetto a lungo termine che mette le persone, il territorio e la qualità al centro dello sviluppo dello scalo aereo.

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– Foto: Ufficio stampa Gesap –

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Economia

Intesa Sanpaolo in vetta alla Top 200 Brand Reputation, sul podio anche UniCredit e Eni

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MILANO (ITALPRESS) – Intesa Sanpaolo, UniCredit e Eni sono sul podio della Top Brand Reputation (www.topbrandreputation.it), la classifica stilata da Reputation Manager che misura la reputazione online in Italia di oltre 200 aziende, includendo nel monitoraggio anche molti brand internazionali. L’osservatorio prende in esame, per ogni azienda, l’identità digitale, i contenuti online e l’evoluzione storica, calcolando l’impatto reputazionale di ogni contenuto sulla base di un modello che valuta oltre 100 parametri.

In particolare, nel trimestre 1° luglio-30 settembre 2025, sono stati rilevati e analizzati oltre 2,5 milioni di contenuti online relativamente alle 217 aziende incluse nel paniere. Dei 15 settori in analisi, il settore Media & Telco è quello più discusso nel trimestre in analisi, con 665,5 mila contenuti online. A seguire, con 461,5 mila, il cluster Automotive. Terzo Finance, con 262,6 mila contenuti, seguito a breve distanza da Fashion & Beauty, che conta 242,4 mila conversazioni online.

“I brand del Finance e dell’Energy si confermano i più forti in classifica – spiega Andrea Barchiesi, fondatore e CEO di Reputation Manager – grazie soprattutto alla solidità delle aziende in questione. Interessante notare come non rappresentino necessariamente i settori più commentati, l’Energia non appare infatti tra i primi cinque per volumi. Questo significa che i contenuti pesano molto positivamente dal punto di vista reputazionale, mentre, in altri casi, a grandi volumi corrisponde una flessione di reputazione. Accade, per esempio, per l’Automotive e il Fashion, settori che stanno attraversando una congiuntura delicata”.

La classifica Top Brand Reputation vede Intesa Sanpaolo, con Carlo Messina alla guida, primeggiare con 81,23 punti: la banca si è distinta per la crescita degli utili, che nel primo semestre 2025 hanno superato i 5,2 miliardi di euro, per il rafforzamento delle iniziative a sostegno delle imprese italiane (con circa 29 miliardi di nuovo credito erogato a famiglie e imprese) e per il ruolo di riferimento nella transizione energetica europea grazie agli ingenti investimenti per sostenere nuovi impianti di energie rinnovabili. UniCredit, sotto la direzione di Andrea Orcel, conquista la seconda posizione con 78,02 punti grazie all’incremento dei profitti, che nel primo semestre dell’anno hanno raggiunto i 6,1 miliardi di euro (+8%), all’espansione internazionale – evidenziata dalle operazioni su Commerzbank – e a una strategia di crescita che include investimenti in capitale umano e partnership con il mondo universitario. Sale di due sul terzo gradino del podio Eni, guidata da Claudio Descalzi, che raggiunge 73,92 punti grazie all’impegno per la Just Transition, alla firma del protocollo d’intesa con Sonatrach per il rafforzamento della cooperazione per la sicurezza energetica, all’impegno in Costa d’Avorio e Algeria e a progetti di innovazione e sostenibilità.

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– Foto Top Brand Reputation –

(ITALPRESS).

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