Economia
Industria chimica, ricerca e sviluppo a favore della competitività
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3 settimane fa-
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Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Ricerca e sviluppo a favore dell’internazionalizzazione e della competitività: questi i temi al centro dell’incontro “Innovazione chimica” che si è tenuto questa mattina nella prestigiosa cornice di Villa Madama a Roma.
L’appuntamento, voluto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con Federchimica, ha messo a confronto Istituzioni, associazioni, enti di ricerca ed esponenti del mondo finanziario con l’obiettivo di mettere in evidenza il ruolo strategico della chimica per la crescita e lo sviluppo del Paese come acceleratore dell’internazionalizzazione del “Made in Italy”.
“Sono molto lieto di ospitare qui a Villa Madama questo importante appuntamento dedicato a un settore chiave del nostro tessuto industriale. Il comparto della chimica ha un impatto a cascata su un numero infinito di settori della nostra economica e il rapporto che presentiamo oggi fotografa il ruolo della chimica come acceleratore di innovazione, export, crescita – ha dichiarato il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani -. Vogliamo mettere le nostre imprese nelle migliori condizioni per crescere e creare benessere. Abbiamo rafforzato la squadra della crescita, ICE, SACE, SIMEST, Cassa Depositi e Prestiti, tutti presenti oggi, che è al fianco delle nostre imprese per aiutarle a crescere nei circuiti internazionali. Dall’inizio del mio mandato ho messo in campo una precisa strategia di Diplomazia della crescita, a favore dell’export e per l’internazionalizzazione dei nostri territori. Per questo abbiamo lanciato in questi giorni una strategia di ulteriore rafforzamento e diversificazione dei nostri mercati di sbocco. Guardiamo con attenzione a tutti i mercati emergenti più promettenti in ottica di diversificazione”.
“L’industria chimica in Italia rappresenta una delle colonne portanti della nostra economia – ha ricordato Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy – con un fatturato di 77 miliardi di euro e un ruolo centrale in Europa, essendo terzi per produzione dopo Germania e Francia. Intendiamo rendere questo settore sempre più competitivo, innovativo e sostenibile, puntando sulla ricerca e sull’internazionalizzazione. Questi i motori strategici che guideranno lo sviluppo futuro della chimica italiana e contribuiranno alla crescita economica e sociale del Paese”.
“La chimica è al centro della trasformazione scientifica e industriale del nostro tempo. La sua trasversalità la rende un motore di innovazione in molti settori, dall’ambiente alla salute, dall’industria ai nuovi materiali – ha detto il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini -. Con 125 corsi di laurea in Italia, la formazione chimica sta evolvendo per rispondere alle sfide del mercato del lavoro e della società, con percorsi altamente specializzati e orientati alla sostenibilità e alle nuove tecnologie. Le Università italiane, con corsi sempre più all’avanguardia, dimostrano come ricerca e internazionalizzazione siano leve strategiche per il futuro della chimica e dell’intero Paese”.
“La chimica è un settore strategico dell’economia europea, ha un carattere pervasivo e abilitatore: il 95% di tutti i manufatti, già di uso comune o che lo diventeranno in futuro, sono disponibili a costi largamente accessibili grazie alla chimica. L’industria chimica, caratterizzata da specialità ad alto valore, offre le soluzioni tecnologiche che rendono possibile lo sviluppo e la produzione di molti prodotti finiti – ha dichiarato Francesco Buzzella, presidente di Federchimica -. In termini di competitività sui mercati globali, la geopolitica è entrata prepotentemente nelle nostre imprese con ricadute rilevanti per quanto riguarda la gestione sostenibile delle materie prime e i costi energetici, aspetti cruciali per contrastare la concorrenza globale, in particolare da Paesi che non sempre rispettano i nostri stessi standard ambientali, sociali e di sicurezza”
“Le imprese chimiche in Italia sono fortemente orientate all’export e sono protagoniste in collaborazioni internazionali grazie alla forte spinta innovativa data dal loro DNA: esportano tecnologie e competenze, consolidando la presenza internazionale del settore e contribuendo al rafforzamento del Made in Italy a livello globale – ha aggiunto Buzzella -. Basti pensare che l’export chimico italiano, dal 2010 al 2023, è cresciuto dell’85% (fonte: EUROSTAT) con un valore totale che ha raggiunto i 40,6 miliardi di euro, il 6,4% sul totale delle esportazioni nazionali. La domanda di prodotti innovativi e con una elevata specialità stimola le esportazioni. Contestualmente la ricerca supporta l’internazionalizzazione sviluppando materiali, prodotti, soluzioni innovative che hanno maggiore domanda sui mercati esteri, rafforzando l’intero sistema manifatturiero italiano”.
Il confronto internazionale indica che gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione per la chimica europea e la Cina è il primo fornitore per l’Europa. In questo scenario, la Cina produce prevalentemente commodities a basso costo, mentre gli USA sono anche alla ricerca di specialità innovative. In Italia la chimica è tra i settori con la più diffusa presenza di imprese innovative (80%) e, diversamente da altri comparti, l’innovazione si basa sulla ricerca. In effetti l’industria chimica è il primo settore – dopo la farmaceutica – in termini di quota di imprese che svolgono attività di R&S (75%). La ricerca non coinvolge solo le realtà più grandi, ma anche le PMI.
In ambito europeo l’Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, per numero di imprese chimiche attive nella ricerca, oltre 1.200. Secondo l’anticipazione di una indagine sul valore della ricerca chimica come moltiplicatore di internazionalizzazione e competitività, gli investimenti dell’industria chimica italiana toccano il 3,8% sui ricavi, percentuale che pone il settore ben al di là del 3% fissato dall’UE come obiettivo; nelle imprese ad alto valore aggiunto e specializzazione, l’investimento in R&S supera la soglia del 5%. Al tempo stesso l’81,5% delle imprese ha investito per cogliere opportunità all’estero, il 35,4% ha investito all’estero (da sola o in joint) e il 74,1% è impegnato in progetti internazionali. Oltre la metà delle imprese giudica importante la ricerca per farsi strada nei mercati internazionali. Dati che ribadiscono il valore strategico dell’innovazione chimica a favore di una espansione sui mercati esteri. La ricerca genera, infatti, competitività e apre la via verso l’estero con importanti ritorni positivi per tutto il Sistema Paese: tre quarti delle imprese hanno programmi di collaborazione internazionali confermando la propensione delle imprese alla ricerca e il contributo che la chimica in Italia offre alla presenza internazionale dell’industria italiana in generale.
L’export chimico italiano è cresciuto negli ultimi trent’anni e oggi vale il 4,4% del totale mondiale, con prestazioni positive anche nel confronto con Francia e Germania grazie al traino delle numerose nicchie di specializzazione nell’ambito della chimica a valle in un contesto di regole complesse e di costi elevati a cominciare dall’energia. “La competitività dell’industria europea è a rischio su terreni che tradizionalmente erano suoi punti di forza, come evidenziato dal Rapporto Draghi alla Commissione europea. Il ritardo delle scelte comuni in materia di competitività e la cultura iper-regolatoria sono ostacoli da rimuovere al più presto per salvaguardare una preziosa e insostituibile infrastruttura tecnologica per il nostro Paese. Investire in ricerca chimica significa spingere la competitività sui mercati esteri e generare ampie ricadute. Si pensi che investimenti aggiuntivi per 400 milioni di euro nella chimica ad alta specialità generano 1,6 miliardi di euro di ricadute nel settore e ben 6 miliardi di euro di effetto spillover, sull’intera economia italiana”, ha dichiarato la vicepresidente alla Ricerca di Federchimica, Ilaria Di Lorenzo.
-Foto ufficio stampa Federchimica-
(ITALPRESS).
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Economia
‘Un’impresa non facile’, il libro di Fondazione Aurora sull’imprenditorialità a impatto sociale
Pubblicato
8 ore fa-
26 Marzo 2025di
Redazione
MILANO (ITALPRESS) – Un’analisi delle dinamiche dell’imprenditorialità a impatto sociale in Africa subsahariana e delle caratteristiche del settore delle micro, piccole e medie imprese (MPMI) nel continente. Il libro “Un’impresa non facile” – promosso da Fondazione Aurora, l’organizzazione non profit che, nel quadro delle Agende UN 2030 – AU 2063 e degli obiettivi di sviluppo socio-economico inclusivo, affianca i giovani africani nel consolidamento di iniziative d’imprenditorialità con significativo impatto sociale nelle loro comunità – evidenzia il ruolo cruciale della cooperazione internazionale, del settore privato e del Terzo Settore nel supportare lo sviluppo di ecosistemi imprenditoriali sostenibili.
Ad approfondire queste tematiche durante la presentazione del libro a Milano, gli autori Marta Sachy, direttrice di Fondazione Aurora, Marco Riccardo Rusconi, direttore Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, Abdel-Nasser Daoud Kinefour, senior programme officer di African Union Development Agency-New Partnership for Africa’s Development, Mario Molteni, consigliere delegato di E4impact, Samir de Sousa, CEO di Serviços Ambientais da Beira – SABE (Mozambico), Arsène Héma, CEO di InVis (Burkina Faso), Luca Turello, Agronomo e Project Manager di illycaffè e Bezawit Fantu, Ricercatrice (Etiopia).
Il volume si concentra su quattro Paesi chiave – Burkina Faso, Etiopia, Kenya e Mozambico – e include testimonianze e casi studio imprenditoriali, istituzionali e della società civile. Gli autori evidenziano come l’accesso limitato ai finanziamenti, le fragilità infrastrutturali e le barriere normative siano tra gli ostacoli principali alla crescita delle imprese, ma mostrano anche strategie e modelli di successo per superarli.
Attraverso contributi di esperti, rappresentanti istituzionali e imprenditori africani, il volume propone riflessioni per rafforzare il sostegno alle imprese a impatto sociale, favorire lo sviluppo di reti di collaborazione internazionale e promuovere un approccio più inclusivo e partecipativo nella cooperazione economica tra Africa e Italia.
Per questo, Fondazione Aurora è impegnata nella promozione dello scaling up d’imprese africane ad impatto sociale, con capacità innovative e relazioni territoriali. Opera attraverso la ricerca applicata per migliorare prodotti e servizi, fornisce assistenza tecnica e fondi operativi per la dotazione di capitale e si adopera per l’attivazione di partnership strategiche al fine di inserire queste iniziative imprenditoriali nella catena di valore globale.
– Foto xm4/Italpress –
(ITALPRESS)
Economia
Inps, a gennaio 2025 le pensioni vigenti sono 17,99 milioni. Ecco tutti i dati
Pubblicato
16 ore fa-
26 Marzo 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – Pubblicato l’Osservatorio statistico sulle pensioni erogate dall’Inps (esclusa gestione dipendenti pubblici), che riporta dati sulle pensioni vigenti al primo gennaio 2025 e sulle pensioni nuove liquidate nel 2024.
Al 1° gennaio 2025 l’Istituto registra un totale di 17.986.149 pensioni vigenti, di cui il 76,1% (13.687.335 pensioni) di natura previdenziale e il 23,9% (4.298.814 pensioni) di natura assistenziale. L’importo complessivo annuo è pari a 253,9 miliardi di euro, di cui 226,6 miliardi da gestioni previdenziali e 27,3 miliardi da gestioni assistenziali.
Il 46,4% delle pensioni e il 61,7% degli importi provengono dalle gestioni dei dipendenti privati, tra cui il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti che riguarda il 43,8% del complesso delle pensioni erogate e il 57,2% degli importi in pagamento. Le gestioni dei lavoratori autonomi erogano il 28,1% delle pensioni, per un importo in pagamento pari al 24,6% del totale. mentre le gestioni assistenziali coprono il 23,9% delle prestazioni. Con riferimento alla categoria le prestazioni di tipo previdenziale sono costituite per il 69,5% da pensioni di vecchiaia (il 57,3% erogate a uomini), per il 4,8% da pensioni di invalidità previdenziale (58,0% uomini) e per il 25,7% da pensioni ai superstiti (il 12,6% uomini).
Le prestazioni di tipo assistenziale sono costituite per il 79,4% da invalidità civili sotto forma di pensione e/o indennità (42% uomini) e per il residuo 20,6% da pensioni e assegni sociali (38,1% uomini).
LA SUDDIVISIONE A LIVELLO TERRITORIALE
A livello territoriale l’Italia settentrionale detiene la quota maggiore di pensioni vigenti con il 47,8%, a seguire Centro (19,3%), Sud e Isole (30,9%) e una quota residuale (2%) viene erogata a residenti all’estero. Gli importi erogati sono distribuiti per il 55,9% in Italia settentrionale, il 19,7% in Centro, il 24,4% in Italia meridionale e Isole e lo 0,8% a residenti all’estero. Il 53,5% delle pensioni ha un importo inferiore a 750,00 euro, di queste il 43,1% (4,1 milioni di pensioni) beneficiano di prestazioni legate a bassi redditi.
Le pensioni nuove liquidate nel 2024 sono state 1.434.086, di cui poco più della metà (50,7%) di natura previdenziale. Gli importi annualizzati stanziati per le nuove liquidate del 2024 ammontano a 15,1 miliardi di euro, circa il 6,0% dell’importo complessivo annuo in pagamento al 1° gennaio 2025. Il 61,4% delle pensioni previdenziali liquidate nel 2024 è costituito da pensioni di vecchiaia (60,0% erogate a uomini), il 9,4% da quelle di invalidità previdenziale (64,2% uomini) e il 29,2% da quelle ai superstiti (18,9% uomini). Le prestazioni di tipo assistenziale sono costituite per il 91,9% da prestazioni di invalidità civile (42,2% erogate a uomini) e per l’8,1% da assegni sociali (42,8% uomini).
-Foto screenshot Inps-
(ITALPRESS).
Economia
Panetta “Bce deve restare pragmatica e basarsi sui dati”
Pubblicato
16 ore fa-
26 Marzo 2025di
Redazione
ROMA (ITALPRESS) – “La BCE deve rimanere pragmatica e basarsi sui dati”. Lo scrive il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, in un editoriale sul Financial Times.
“Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha osservato che i tassi di riferimento stanno diventando “significativamente meno restrittivi”. Ciò significa che si stanno avvicinando gradualmente a un livello neutro, o R-star come è noto agli economisti. Questo livello non stimola né limita l’attività economica, ma è il tasso di interesse a breve termine che mantiene stabile l’inflazione e piena occupazione una volta che gli shock temporanei si sono dissipati”, spiega Panetta, sottolineando che “R-star è un obiettivo mobile e invisibile” e “per l’area dell’euro, le stime attuali variano tra l’1,5 e il 2,5 per cento in termini nominali”.
“Ciò mette i banchieri centrali in difficoltà – prosegue -. Da un lato, R-star è essenziale: i tassi di riferimento possono essere considerati solo “espansivi” o “restrittivi” rispetto a esso. Dall’altro, è sfuggente: un parametro di riferimento incerto e in continua evoluzione è una base traballante per l’elaborazione delle politiche”.
“Per gestire questa incertezza, le banche centrali devono utilizzare R-star in modo pragmatico. Quando i tassi di riferimento devono essere tutt’altro che neutrali, anche le stime approssimative sono utili. Nel 2022-23, la BCE sapeva che i tassi erano ben al di sopra della neutralità, deliberatamente, per combattere l’inflazione – sottolinea il governatore della Banca d’Italia -. Con loro al 4 per cento, anche un margine di errore di 1 punto percentuale intorno a R-star non ha cambiato la sua valutazione: la posizione era chiaramente “restrittiva”. Ma man mano che l’inflazione scende e i tassi si avvicinano alla neutralità, l’incertezza diventa un problema. I decisori politici entrano in una “zona grigia” in cui la politica monetaria può sembrare espansiva o restrittiva a seconda della stima R-star utilizzata, rendendo le stime inutili”.
Panetta poi illustra “una semplice regola pratica: quando i tassi devono essere tutt’altro che neutrali, date peso alle stime R-star. Non consentiranno una calibrazione precisa della posizione, ma aiutano a valutare se la politica monetaria è espansiva o restrittiva. Quando i tassi sono prossimi alla neutralità, concentratevi sulle proiezioni di inflazione e sulle prospettive macroeconomiche più ampie. Se i tassi di interesse rientrano nella zona grigia della R-star, l’inflazione sta diminuendo verso l’obiettivo e la crescita rimane debole, è probabile che la politica sia ancora restrittiva. Il mandato principale della BCE è la stabilità dei prezzi. Le stime dei tassi neutrali offrono un contesto utile, ma non dovrebbero dettare la politica. In questa fase, le proiezioni di inflazione forniscono una guida migliore”.
– Foto IPA Agency –
(ITALPRESS).


‘Un’impresa non facile’, il libro di Fondazione Aurora sull’imprenditorialità a impatto sociale

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