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Cronaca

BREAKING NEWS – RISULTATI DEFINITIVI DEL VOTO IN LOMBARDIA: ECCO I VOTI E LE PREFERENZE DI CANDIDATI E COALIZIONI

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di Diego Bianchi

Attilio Fontana, presidente uscente, leghista sostenuto da tutte le forze del centrodestra, è stato riconfermato alla presidenza della Regione Lombardia con il 54,67% dei voti, pari a 1.774.477, staccando di netto gli avversari.
Pierfrancesco Majorino, sostenuto dal centrosinistra e dal Movimento 5 Stelle, si è fermato al 33,93% (1.101.417 voti). Letizia Moratti, candidata dalla Lista Moratti Presidente e da Azione e Italia Viva, ha ottenuto il 9,87% (320.346 voti). Infine Mara Ghidorzi, appoggiata da Unione Popolare, l’alleanza tra Rifondazione comunista, Potere al popolo e Dema, ha ottenuto l’1,53% (49.514 voti).
Venendo alle coalizioni: quella di centrodestra ha ottenuto il 56,27%: Fratelli d’Italia 25,18% (725.402 voti), Lega 16,53% (476.175), Forza Italia 7,23% (208.420), Lombardia Ideale – Fontana Presidente 6,16% (177.387), Noi Moderati 1,17% (33.711).
L’alleanza tra centrosinistra e Movimento 5 Stelle raggiunge il 32,80%: PD 21,82% (628.774 voti), Movimento 5 Stelle 3,93% (113.229), Patto Civico – Majorino Presidente 3,82% (110.126), Alleanza Verdi e Sinistra 3,23% (93.019).
La coalizione che sosteneva Letizia Moratti si ferma al 9,55%: la lista Letizia Moratti Presidente 5,30% (152.652 voti), Azione – Italia Viva 4,25% (122.356).
Unione Popolare, infine, ottiene l’1,39% (39.913).

LA BASSA AFFLUENZA (41,6%), IL VOTO IN CONTROTENDENZA DI MILANO
In Lombardia si è registrata l’affluenza più bassa di sempre alle regionali, con il 41,6%. Il dato nazionale definitivo che comprende il Lazio è ancora più basso: 39,8%. Fino ad ora in Lombardia il record negativo apparteneva al 2010 quando votò il 71,9% dei lombardi e il candidato del centrodestra, Roberto Formigoni, vinse su quello del centrosinistra, Filippo Penati. Anche allora la consultazione si svolse su due giornate, il 28 e il 29 marzo.
A Milano città emerge un dato in controtendenza: risulta davanti Pierfrancesco Majorino con il 46,83%, seguito da Attilio Fontana al 37,69% e Letizia Moratti al 13,83%. E infatti il candidato del centrosinistra ha commentato: «L’ottimo risultato della città di Milano dove siamo saldamente in testa rispetto a Fontana, nonostante la presenza di Letizia Moratti, unitamente a quanto sta avvenendo in altre città è la conferma della ricchezza rappresentata dalle nostre esperienze di governo. Una buona base da cui partire anche per avviare un’opposizione propositiva e combattiva nei confronti della giunta Fontana».

COME SARA’ COMPOSTO IL NUOVO CONSIGLIO REGIONALE
I seggi del Consiglio regionale sono 80: uno è riservato al presidente eletto (Attilio Fontana) e un altro è assegnato al “miglior sconfitto” tra i candidati presidente (Pierfrancesco Majorino).
Gli altri 78 seggi sono così attribuiti: 22 Fratelli d’Italia, 14 Lega, 6 Forza Italia, 5 Lombardia Ideale – Fontana Presidente, 1 Noi Moderati, 17 Partito Democratico, 3 Movimento 5 Stelle, 1 Alleanza Verdi e Sinistra, 2 Patto Civico – Majorino Presidente, 3 Azione – Italia Viva, 4 Lista Moratti presidente.
Ecco la distribuzione dei seggi, provincia per provincia:
Bergamo (9 consiglieri): 3 Fratelli d’Italia (Paolo Franco, Lara Magoni, Michele Schiavi), 2 Lega (Giovanni Malanchini, Roberto Anelli), 1 Forza Italia (Jonathan Lobati), 2 PD (Davide Casati, Jacopo Scandella), 1 Moratti (Ivan Rota).
Brescia (10): 3 Fratelli d’Italia (Carlo Bravo, Barbara Mazzali, Diego Invernici), 2 Lega (Floriano Massardi, Davide Caparini), 1 Forza Italia (Simona Tironi), 2 PD (Emilio Del Bono, Miriam Cominelli), 1 Movimento 5 Stelle (Paola Pollini), 1 Azione – Italia Viva (Massimo Vizzardi)
Como (5): 1 Fratelli d’Italia (Anna Dotti), 1 Lega (Alessandro Fermi), 1 Forza Italia (Sergio Gaddi), 1 Lombardia Ideale – Fontana Presidente (Marisa Cesana), 1 PD (Angelo Orsenigo)
Cremona (3): 1 Fratelli d’Italia (Marcello Ventura), 1 Lega (Filippo Bongiovanni), 1 PD (Matteo Piloni) Lecco (3): 1 Fratelli d’Italia (Giacomo Zamperini), 1 Lega (Mauro Piazza), 1 PD (Gianmario Fragomeli)
Lodi (2): 1 Fratelli d’Italia (Patrizia Baffi), 1 PD (Roberta Vallacchi)
Mantova (3): 1 Fratelli d’Italia (Alessandro Beduschi), 1 Lega (Alessandra Cappellari), 1 PD (Marco Carra)
Milano (24): 6 Fratelli d’Italia (Christian Garavaglia, Marco Alparone, Franco Lucente, Vittorio Feltri, Chiara Valcepina, Matteo Forte), 2 Lega (Silvia Scurati, Riccardo Pase), 1 Forza Italia (Gianluca Comazzi), 1 Lombardia Ideale – Fontana Presidente (Carmelo Ferraro), 1 Noi Moderati (Vittorio Sgarbi), 6 PD (Paolo Romano, Carlo Borghetti, Pietro Bussolati, Alfredo Negri, Maria Rozza, Paola Bocci), 2 Movimento 5 Stelle (Nicola Di Marco, Paola Pizzighini), 1 Alleanza Verdi e Sinistra (Onorio Rosati), 2 Patto Civico – Majorino Presidente (Michela Palestra e Luca Paladini), 1 Azione – Italia Viva (Lisa Noja), 1 Lista Moratti Presidente (Manfredi Palmeri).
Monza Brianza (7): 2 Fratelli d’Italia (Federico Romani, Alessia Villa), 1 Lega (Alessandro Corbetta), 1 Forza Italia (Fabrizio Figini), 1 Lombardia Ideale – Fontana Presidente (Jacopo Dozio), 1 PD (Pietro Luigi Ponti), 1 Lista Moratti Presidente (Martina Sassoli)
Pavia (4): 1 Fratelli d’Italia (Claudio Mangiarotti), 1 Lega (Elena Lucchini), 1 Forza Italia (Ruggero Invernizzi), 1 Lombardia Ideale – Fontana Presidente (Alessandro Cantoni) Sondrio (1): 1 Lega (Massimo Sertori)
Varese (7): 2 Fratelli d’Italia (Giuseppe De Bernardi Martignoni, Francesca Caruso), 1 Lega (Emanuele Monti), 1 Lombardia Ideale – Fontana Presidente (Giacomo Cosentino Basaglia), 1 PD (Samuele Astuti), 1 Azione – Italia Viva (Giuseppe Licata), 1 Lista Moratti Presidente (Luca Ferrazzi).

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GLI ELETTI IN PROVINCIA DI PAVIA: DENTRO LUCCHINI, MANGIAROTTI, INVERNIZZI E CANTONI. FUORI PD E M5S
Lo spoglio è finito all’alba, i quattro eletti pavesi in consiglio comunale sono Elena Lucchini (Lega), Claudio Mangiarotti (Fdi), Ruggero Invernizzi (Forza Italia) e Alessandro Cantoni (Lombardia Ideale). Nessun consigliere per il Pd o il Movimento 5 stelle, resta dunque fuori il consigliere uscente Simone Verni (M5s).

VINCITORI E VINTI: CHI VA IN CONSIGLIO TRA I NOMI ILLUSTRI, CHI RIMANE FUORI
Da Fabrizio Pregliasco a Alberto Veronesi, da Claudio Chiappucci a Valentina Aprea e Giulio Gallera. È lunga la lista di chi non ce l’ha fatta a entrare in Consiglio regionale. La legge delle preferenze ha fatto le sue vittime eccellenti. C’è il virologo Pregliasco, che da capolista di Majorino si ferma a 1.939 preferenze. L’azzurro ed ex assessore al Welfare di Forza Italia, Giulio Gallera, non passa nonostante le 5.670 preferenze, battuto da Gianluca Comazzi (7.902). Va male anche al direttore d’orchestra Veronesi, che è passato dalla lista in appoggio a Beppe Sala al partito della premier Giorgia Meloni: 1.077 voti.
Al contrario, il voto premia come recordman assoluto il sindaco Pd, di Brescia, Emilio Del Bono, che con 34.211 preferenze polverizza ogni precedente primato. Nel 2018 la palma del più votato era toccata all’azzurro, Giulio Gallera con oltre 11 mila preferenze: questa volta con 5.486 preferenze resta fuori dal Consiglio perché per FI in provincia di Milano scatta solo 1 seggio e lo ha preso il suo collega di partito, Gianluca Comazzi, re delle preferenze con 7.766 voti.
Fuori il filosofo Stefano Zecchi che si è fermato a 912 preferenze; ma potrebbe rientrare dalla porta della giunta come assessore alla Cultura in quota FdI. Diventa consigliere il fondatore di Libero Vittorio Feltri, che si porta a casa 5.913 preferenze. D’altra parte il pacchetto di mischia di FdI è molto nutrito. Al primo posto c’è il sindaco di Turbigo, Christian Garavaglia con 10.255 voti. Buon risultato anche per Marco Alparone (7.655) indicato come possibile presidente dell’aula.
Nella Lega, il pieno di preferenze lo fanno, a Brescia, Floriano Massardi con 10.272 voti e l’ex assessore al Bilancio, Davide Caparini, che arriva 9.128. A Como Alessandro Fermi raggiunge i 13.883 voti.
A Milano gli elettori del Pd premiano il giovane Paolo Romano, classe 1.996, già segretario metropolitano dei Giovani democratici della città, assessore al Municipio 8: 7.740 voti. Mentre non entra la capolista, ex direttrice del carcere di Bollate, Cosima Buccoliero, che raccoglie 3.391 preferenze. In quota Pd, Davide Casati prende 14.445 voti a Bergamo. Entreranno in Consiglio in quota lista civica Majorino la sindaca di Arese Michela Palestra (3.789) e il leader dei Sentinelli di Milano Luca Paladini (3.244). Invece il consigliere uscente Michele Usuelli, candidato a Milano, Bergamo e Brescia, in città raccoglie solo 2.151 voti, che non gli bastano per entrare in consiglio regionale.
Tra i banchi del M5S, il capolista a Milano Nicola Di Marco è il solo tra i candidati pentastellati in Lombardia sopra quota mille: 1.392. Entreranno al Pirellone tra i seggi della lista civica Moratti il capolista di Milano Manfredi Palmeri e Martina Sassoli, che guidava la circoscrizione brianzola. A Como non ce l’ha fatta la capolista Maria Grazia Sassi, mentre entra Marina Cesana, della lista civica di Attilio Fontana. Nel Terzo polo la capolista a Milano ed ex deputata di Italia viva Lisa Noja raccoglie 3.203 preferenze.

L’ASTERISCO, SPECIALE ELEZIONI
ANALISI DEL VOTO: PERCHE’ HA VINTO FONTANA, DOVE HANNO PERSO GLI AVVERSARI
Prima che del centrodestra questa è la vittoria di Attilio Fontana, il governatore uscente, che nonostante gli anni terribili del Covid, le polemiche infiammate sulla gestione della sanità, le inchieste della magistratura (tutte archiviate) e l’astensione ai massimi storici, si riprende la Lombardia con il 55,7% dei voti e la lista con il suo nome raggiunge il 6,2. Più di un elettore su due ha votato il centrodestra. Maggioranza assoluta. Anche messi insieme i voti di Pierfrancesco Majorino e Letizia Moratti non avrebbero intaccato il successo dell’avvocato di Varese. «I cittadini mi hanno capito, è una grande soddisfazione. È la dimostrazione che il radicamento sul territorio riesce sempre a pagare».
Se quella di Fontana era una vittoria annunciata, anche se non con questi numeri, non altrettanto certo era il risultato interno alla coalizione del centrodestra. Anzi. Tutti gli occhi erano puntati sulla tenuta della Lega e di Forza Italia di fronte all’avanzata trionfante di Fratelli d’Italia, con inevitabili ricadute sui rapporti di forza all’interno del centrodestra. La crescita del partito di Meloni in questi anni è stata esponenziale se si pensa che alle ultime Regionali del 2018 si era fermata al 3,6. Adesso, la cavalcata del partito della premier si è fermata poco sotto il risultato lombardo delle Politiche, al 25,1. Una conferma.
La Lega di Matteo Salvini non solo tiene. Ma quella che era ritenuta la quota di sopravvivenza, ossia non scendere sotto il risultato del voto di settembre nella regione culla del leghismo, non solo è stata raggiunta, ma è stata superata. Era al 13,9, è al 16,5%. Se si mettono insieme i voti della Lega con quelli della lista di Fontana si arriva al 22.6. A pochi passi dai cugini di Fratelli d’Italia. «Grazie, grazie, grazie ai lombardi che hanno riconfermato a furor di popolo il buongoverno della Lega e del centrodestra e soprattutto di Attilio Fontana» sono state le prima parole del leader della Lega. La segreteria di Matteo Salvini non è mai stata veramente in ballo, a preoccupare i vertici del governo era la possibilità di ritrovarsi con alleati scontenti pronti a fare la guerra alla premier per recuperare il terreno perso.
Con questo risultato le tensioni si riducono al minimo e ritrovano senso le parole della premier che proprio alla vigilia del voto aveva sottolineato la grande unità del centrodestra. Discorso che numericamente vale anche per Forza Italia al netto delle esternazioni di Silvio Berlusconi sull’Ucraina. Gli azzurri scacciano l’incubo di finire sotto il 6 per cento, nella terra che nel 1994 ha segnato la nascita della «rivoluzione liberale». Il 7,2 garantisce la tenuta e soprattutto una presenza in giunta. Oltre a consentire a Licia Ronzulli, coordinatrice regionale azzurra, di rispedire al mittente le parole di Carlo Calenda che si era augurato la scomparsa elettorale di Berlusconi: «Grande soddisfazione per la conferma del centrodestra in Lombardia e per il risultato di Forza Italia che tiene e aumenta il consenso e checché ne dica Calenda, gli unici che sono spariti sono loro. Il centro esiste già ed è Forza Italia».
Ora scatta la nuova partita della giunta. Ci sono 16 caselle in ballo. FdI punta a 8 assessorati più la vicepresidenza. C’è già un nome, quello di Romano La Russa, fratello del presidente del Senato, Ignazio. Una mossa che potrebbe lasciare la poltrona della Sanità a Guido Bertolaso anche se in pole position c’è il deputato FdI, Carlo Maccari. Fontana, forte del suo risultato e di quello della Lega per ora taglia corto: «Valuteremo le richieste di FdI a bocce ferme». Perdono Majorino e Moratti. Più l’ex sindaco di Milano, dell’eurodeputato Pd, perché terza tra i candidati non entrerà in Consiglio regionale e nè la sua lista, nè soprattutto il Terzo polo, vera delusione di questa tornata elettorale, riescono a superare insieme la doppia cifra (9,6), con Azione e Italia viva ai minimi storici (4). C’è un primo contraccolpo. Le dimissioni del segretario regionale di Azione, Niccolò Carretta: «Il risultato è fallimentare e dimostra l’incomprensibilità delle nostre scelte». Da parte sua Majorino può almeno rivendicare la tenuta del suo Pd che dalle Politiche a oggi, nonostante l’assenza di leadership, ha non solo tenuto ma è anche avanzato di un paio di punti, dal 19,2 al 21,8%. Magra consolazione se lo stesso candidato punta il dito contro la classe dirigente del suo partito: «Siamo un caso studio a livello internazionale per aver fatto la consultazione sulla leadership interna durante elezioni così importanti». Quello che sicuramente non ha funzionato, oltre all’assenza di una guida a livello nazionale, è la formula politica scelta dal centrosinistra. Il Movimento Cinque Stelle, da sempre marginale in Lombardia, ha ristretto ancor di più il suo campo d’azione. Dal 7,3 al 3,9.

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Cronaca

Meloni “Panico più dannoso dei dazi”. Il 17 aprile l’incontro con Trump

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ROMA (ITALPRESS) – Il premier Giorgia Meloni il 17 aprile
incontrerà a Washington il presidente degli Stati Uniti Donald
Trump. Lo ha annunciato lo stesso presidente del Consiglio,
secondo quanto si apprende, nel corso dell’incontro con le
categorie economiche a Palazzo Chigi sul tema dazi.
“Come sapete bene, gli Stati Uniti hanno annunciato dazi su merci e prodotti importati da gran parte degli Stati del mondo, prevedendoli del 20% su molti prodotti dell’Unione europea. Sono ovviamente, da quello che sappiamo, tariffe che rischiano di avere un impatto su filiere che per l’Italia sono particolarmente strategiche come macchinari, automotive, agroalimentare e tessile, mentre sul chimico-farmaceutico sono ancora in corso approfondimenti specifici relativamente al nuovo scenario – ha detto Meloni -. Queste tariffe si aggiungono a quelle già previste per specifiche merci e prodotti come automobili, naturalmente acciaio e alluminio”.
“Ho già detto quello che penso: penso sia una decisione assolutamente sbagliata da parte dell’Amministrazione Trump. Le economie delle Nazioni occidentali sono fortemente interconnesse, politiche protezionistiche così incisive finiranno per danneggiare l’Europa quanto gli Stati Uniti – ha aggiunto Meloni -. Voi sapete che Europa e Stati Uniti contano sulla relazione economica più integrata al mondo, rappresentano, insieme, quasi il 30% degli scambi mondiali di beni e servizi e il 43% del PIL mondiale. Sono economie che si completano a vicenda, come dimostra il fatto che nel 2023 la UE ha registrato sul fronte dei beni un surplus della bilancia commerciale di 157 miliardi e sul fronte dei servizi un disavanzo di 109 miliardi”.
“E, ovviamente, qualsiasi ostacolo agli scambi internazionali è penalizzante in particolare per una Nazione come l’Italia, che ha una lunga tradizione di commercio con l’estero e può contare sulla grande forza del Made in Italy. Al momento il nostro surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti si aggira intorno ai 40 miliardi di euro, 38,8 per la precisione nel 2024. Dunque, dazi tra economie equivalenti, per noi, non sono mai una buona notizia. Detto questo, però, devo dirvi che considero fondamentale prima di qualsiasi cosa non amplificare ulteriormente l’impatto reale che la decisione americana può avere – ha sottolineato il presidente del Consiglio -. Le esportazioni italiane negli Stati Uniti valgono cica il 10% delle nostre esportazioni totali. L’introduzione di dazi può, chiaramente, ridurre questa quota di export ma non la azzera ed è oggettivamente presto per quantificarne l’effetto e per capire quanto i nostri prodotti saranno effettivamente penalizzati. Tra l’altro dobbiamo considerare che un dazio alla frontiera del 20% non si traduce in un costo del 20% per il consumatore americano, poichè voi sapete meglio di me che ci sono diverse intermediazioni che possono assorbire quella percentuale. Oltre al fatto che noi sappiamo che per buona parte dell’export italiano la forza della nostra esportazione non è data tanto dalla competitività del prezzo, quanto dalla qualità del prodotto stesso”.
“D’altra parte, bisogna tenere conto che una politica protezionistica generale americana può impattare sull’Italia anche indirettamente, probabilmente anche più di quanto impattano i dazi. Pensiamo, ad esempio, all’esportazione di automobili tedesche negli Stati Uniti, che sono in buona parte prodotte grazie alla componentistica italiana. E quindi non va fatta una valutazione solo del peso che carica il dazio diretto ma anche delle triangolazioni che i dazi imposti in generale produrranno.
Perchè faccio tutte queste specifiche? Perchè a monte per noi è molto difficile valutare con precisione quali saranno le conseguenze effettive prodotte da questa nuova situazione sul nostro PIL e quindi dobbiamo ragionare anche tenendo conto di questi elementi – ha aggiunto Meloni -. Però ho la certezza che il panico e l’allarmismo che si stanno generando rischiano di fare molti più danni della misura in sè. Lo dico perchè quello che abbiamo visto in questi giorni è che hanno toccato anche aziende non minimamente connesse all’export verso gli Stati Uniti. Lo dico anche perchè vi devo ringraziare per aver espresso anche voi la necessità di non alimentare il panico e su questo davvero serve una alleanza comune perchè l’impatto maggiore può arrivare per paradosso da questa azione istintiva piuttosto che dalle misure reali”.
“Ieri pomeriggio ho riunito un gruppo di lavoro – composto dai due vicepremier, il ministro Tajani e ministro Salvini, che vedo in collegamento, i ministri Giorgetti, Urso, Lollobrigida e Foti – e ci siamo confrontati sui vari piani sui quali bisogna operare per affrontare questa negoziazione – ha detto ancora il premier -. Ci siamo confrontati sulla linea di negoziato da tenere a livello europeo e con gli Stati Uniti e sul set di misure da adottare anche a livello nazionale. Questi sono i tre livelli sui quali ci vorremmo confrontare oggi con voi anche per ascoltare i vostri suggerimenti e le vostre proposte, però partendo da alcune valutazioni che fino a qui abbiamo fatto e condiviso con i Ministri del gruppo di lavoro, su questi tre diversi livelli: negoziato con gli Usa; iniziative per la competitività europea; misure che può mettere in campo l’Italia”.
Nel negoziato con gli Stati Uniti “la sfida da esplorare è invece quella che l’Italia è stata tra le prime nazioni a promuovere, e che anche la Presidente von der Leyen lo ha ribadito ieri, ovvero la possibilità di azzerare i reciproci dazi sui prodotti industriali esistenti con la formula “zero per zero” – ha proseguito il presidente del Consiglio -. In questo mi pare che ci sia da parte della presidente della Commissione e da parte del Commissario al Commercio che sta trattando una disponibilità. E’ questo il negoziato che deve vederci tutti impegnati e a tutti i livelli, che vede impegnati noi e che impegna me che sarò a Washington il prossimo 17 aprile e ovviamente intendo affrontare anche questa questione con il Presidente degli Stati Uniti”.
“Ci troviamo tutti davanti ad un’altra sfida complessa, ma abbiamo le carte in regola per superare anche questa. Possiamo contare sulla forza, sulla vitalità e sulla dinamicità delle nostre imprese e dei nostri lavoratori, che hanno sempre dimostrato di saper reagire e trovare le soluzioni anche nei momenti più difficili – ha concluso Meloni -. Il Governo è pronto a fare la sua parte, come ha sempre fatto finora, ma ancora una volta saranno le nostre imprese e i nostri lavoratori a essere determinanti per l’esito di questa grande sfida”.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Cronaca

Pnrr, Foti “La proroga del termine del 30 giugno è impossibile”

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ROMA (ITALPRESS) – “Per quanto riguarda la proroga del termine del 30 giugno, non funziona così facilmente per noi: bisogna modificare tre regolamenti europei, di cui uno approvato all’unanimità da 27 Paesi europei, il che ci dice che è un’impresa tecnicamente impossibile”. Lo ha detto il ministro per gli Affari europei, il PNRR e le Politiche di Coesione, Tommaso Foti, alla presentazione delle attività di Anci e Invitalia sugli investimenti pubblici.

“Non abbiamo tecnicamente la necessità di dover trasferire automaticamente sulla coesione eventuali fondi che intendiamo utilizzare sul sistema delle imprese, avendo già una serie di missioni dedicate. Eventualmente si può fare una riprogrammazione delle voci di spesa, ma il tutto viene sottoposto alla Commissione europea, non si tratta di un automatismo“, ha poi detto Foti rispondendo a una domanda sulla task force del governo per gli aiuti alle imprese dopo i dazi annunciati da Trump.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Cronaca

Valentina Cappelletti nuova segretaria della CGIL Lombardia

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MILANO (ITALPRESS) – L’Assemblea generale della CGIL Lombardia, riunita oggi al Cinema Anteo di Milano, ha eletto Valentina Cappelletti nuova segretaria generale dell’organizzazione. Succede ad Alessandro Pagano, al quale va il ringraziamento di tutta la CGIL Lombardia per il lavoro svolto con passione, competenza e dedizione in questi anni.

All’assemblea ha partecipato anche il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, a testimonianza dell’importanza di questo passaggio per tutta l’organizzazione. Valentina Cappelletti, 52 anni e vive a Milano.

Il suo percorso sindacale inizia nel 2000 nella Fiom di Milano e continua nella segreteria della Filcem Lombardia (settore chimico-plastico ed energia). È stata segretaria generale della Filcams di Lecco (settore commercio e turismo) e della Filctem di Bergamo (ex-Filcem).

Ha fatto parte della segreteria della Cgil Lombardia occupandosi di politiche sociosanitarie e welfare e, in seguito, di programmazione europea, politiche del lavoro, immigrazione, istruzione e formazione, e contrattazione. Alla fine del 2023 è entrata a far parte della segreteria della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, lavorando nelle seguenti aree: politiche internazionali, mercato del lavoro, sistema culturale e alta formazione.

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Nel suo intervento all’Assemblea, la nuova segretaria generale ha dichiarato: “Il nostro progetto ha l’ambizione di ridurre i divari sociali, generare valore con politiche sostenibili, riconoscere a chi lavora e a chi ha lavorato il giusto contributo nella distribuzione della ricchezza, migliorare le condizioni di vita di tutti coloro che abitano i nostri territori, non importa quale sia il loro passaporto, età, genere, cultura. Questi sono anche gli obiettivi della campagna per i cinque referendum, perché pensiamo che la qualità della nostra democrazia si difenda non armando i confini ma ricostruendo la fiducia nella possibilità di cambiare in meglio le vite di tutte e tutti”.

Con la sua elezione, la CGIL Lombardia guarda con determinazione al futuro, rinnovando il proprio impegno per i diritti, la giustizia sociale e la dignità del lavoro in una regione centrale per l’intero Paese. Cappelletti conclude: “Oggi, abbiamo davanti agli occhi la pulizia etnica, le pratiche genocidarie, la fame usata come strumento di guerra. La striscia di Gaza rasa al suolo, i confini sigillati, gli aiuti umanitari bloccati, le infrastrutture sociali in macerie e solo i giornalisti locali per dire al mondo che lì accade l’inaudito. Il movimento sindacale europeo ha per le mani un compito preciso: rivendicare una politica di pace fondata sulla giustizia sociale e ambientale, cioè, in estrema sintesi, fondata non sull’egemonia ma sull’equilibrio”.

-Foto ufficio stampa Cgil Lombardia-
(ITALPRESS).

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