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Economia

Banco Bpm, per il Cda offerta Unicredit non riflette potenziale

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MILANO (ITALPRESS) – Il Cda di Banco Bpm ha preso atto della comunicazione di UniCredit sull’offerta pubblica di scambio volontaria sulla totalità delle azioni, che “non è stata in alcun modo preventivamente concordata con la banca. Fermo restando che Banco Bpm si esprimerà con le tempistiche, gli strumenti e secondo le modalità previste dalla legge, dall’analisi del comunicato rileva, in via preliminare e nel migliore interesse degli azionisti, che l’offerta indica un corrispettivo unitario – interamente in azioni – che riflette un premio dello 0,5% rispetto al prezzo ufficiale di BBpm del 22 novembre, e uno sconto implicito del 7,6% rispetto al prezzo ufficiale di ieri.
Tali condizioni risultano del tutto inusuali per operazioni di questa tipologia e, nell’opinione del Cda, non riflettono in alcun modo la redditività e l’ulteriore potenziale di creazione di valore per gli azionisti di Banco Bpm”, si legge in una nota. Secondo il Cda “negli ultimi anni il mercato ha infatti riconosciuto a Banco Bpm una forte capacità di execution, sovra-performando gli obiettivi di piano annunciati e promuovendo importanti iniziative di rafforzamento dell’assetto delle fabbriche prodotto. Tali operazioni hanno permesso di creare valore per gli azionisti e per tutti gli altri stakeholders, rafforzando in modo significativo il posizionamento competitivo della Banca, che oggi si pone tra i player con le migliori prospettive di crescita nell’attuale scenario di mercato, in condizioni di estrarre dalle fabbriche prodotto un contributo in prospettiva ancora più importante, riducendo nel contempo la propria esposizione al rischio di riduzione dei tassi di interesse. L’offerta espone peraltro gli stakeholders di Banco Bpm all’alea connessa all’esito delle iniziative di espansione avviate da UniCredit in Germania nonchè a una significativa diluizione dell’attuale esposizione geografica che, in luogo di un’attrattiva concentrazione di Banco Bpm nelle regioni più dinamiche del Paese e dell’Eurozona, si riposizionerebbe su aree oggi caratterizzate da una minore crescita e un maggiore rischio geopolitico. Al contempo, nel comunicato è indicato che, nel minor tempo possibile, è prevista la fusione tra le due banche, facendo pertanto venir meno l’autonomia giuridica di Banco Bpm a discapito del brand. Riducendo significativamente la concorrenza sul mercato bancario italiano sia per i clienti retail che per i clienti corporate, in particolare per le Pmi ossia il tessuto produttivo a cui storicamente la banca si rivolge. Infine, secondo quanto riferito, le sinergie di costo lorde stimate sono pari a 900 milioni, ossia più di un terzo della base costi di Banco Bpm, destando forti preoccupazioni sulle prevedibili ricadute a livello occupazionale e sociale. Peraltro tali sinergie, al pari di quelle di ricavo, non sono per nulla valorizzate nelle condizioni dell’offerta. Oltre a tali considerazioni, si evidenzia che la promozione dell’offerta comporta l’effetto di assoggettare Banco Bpm alla passivity rule; questo condizionerà la flessibilità strategica del gruppo, in particolare con riferimento alle condizioni dell’offerta pubblica di acquisto promossa lo scorso 6 novembre da Banco Bpm Vita, società interamente partecipata dalla Banca, sulla totalità delle azioni Anima Holding e al recente investimento da parte della Banca nel capitale sociale di Banca Monte dei Paschi di Siena, determinandosi così un quadro di elevata incertezza. Viene quindi limitato lo spazio di manovra su base autonoma del management, che in questi anni ha dato prova di un forte track-record in termini di crescita organica e di iniziative straordinarie realizzando con successo, e senza richiedere capitale al mercato, operazioni quali l’integrazione tra Bpm e Banco Popolare, il de-risking del portafoglio creditizio, la riorganizzazione del bancassurance, la partnership nella monetica e, in ultimo, le operazioni su Anima e Banca Monte dei Paschi di Siena. La banca rimane focalizzata sull’implementazione del piano 2023-2026, sull’esecuzione dell’Opa su Anima e sul conseguente aggiornamento del piano industriale, non trascurando alcuna opzione strategica che possa ulteriormente contribuire all’obiettivo di creare valore per gli azionisti e per tutti gli altri stakeholders del gruppo Banco Bpm”, conclude la nota.
(ITALPRESS).
-Foto: Agenzia Fotogramma-

Economia

Spese obbligate in aumento, superano il 42,2% dei consumi

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ROMA (ITALPRESS) – Nel 2025 le spese obbligate – ovvero quelle legate a beni e servizi di cui le famiglie non possono fare a meno, come casa, energia, bollette, sanità, trasporti e assicurazioni – continuano a erodere quote crescenti dei bilanci familiari, arrivando a rappresentare il 42,2% della spesa totale, con un aumento di 5,2 punti rispetto al 1995.

E’ quanto emerge dai dati dell’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, secondo cui si tratta di una dinamica, ormai strutturale, che riduce sempre di più l’area delle scelte libere di consumo, limitando il potenziale di crescita dell’economia legata alla domanda interna.

In trent’anni la quota di consumo destinata ai beni e ai servizi commercializzabili è passata dal 37% al 42,2%. La parallela compressione della quota destinata al consumo di beni e servizi commercializzabili (nel 2025 si stima un’incidenza complessiva del 57,8%), vale a dire quelli il cui acquisto è legato a scelte e preferenze personali e familiari, sottende a sua volta dinamiche articolate.

La spesa per i servizi commercializzabili, che aveva registrato un deciso arretramento nel 2020, è tornata, nei periodi più recenti, ad aumentare in misura più significativa rispetto agli altri consumi ed è stimata attestarsi nel 2025 al 20,8%. Quota che risulta ancora inferiore al 21,3% raggiunto nel 2019. Per contro i beni commercializzabili dovrebbero vedere nell’anno in corso un’ulteriore riduzione dell’incidenza attestandosi al 36,9%.

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Vanno anche considerati gli importanti mutamenti demografici intervenuti nell’arco temporale oggetto d’osservazione. Oltre all’invecchiamento della popolazione, che ne ha mutato le esigenze e le preferenze in materia di consumi, a partire dal 2015 il numero di residenti in Italia ha mostrato una progressiva riduzione (nella media del 2025 il calo rispetto al picco del 2014 dovrebbe approssimarsi a 1,4 milioni) fornendo un inevitabile contributo negativo allo sviluppo della domanda. I risultati segnalano come gran parte dei cambiamenti, in termini di spostamento dei volumi tra obbligati e commercializzabili si sia rilevato tra il 1995 ed il 2007.

Elemento che fa emergere il ruolo dei prezzi nel determinare gli andamenti a valore. Altro fattore che spicca è il sostanziale immobilismo dei volumi acquistati per abitante, con una spesa, ai prezzi del 2025, che nell’anno in corso sarà ancora inferiore di circa 200 euro a quella del 2007 nonostante gli apprezzabili miglioramenti degli ultimi anni.

Analizzando più nel dettaglio le voci, si conferma il ruolo preponderante delle spese per l’abitazione, i cui volumi per abitante sono in continua crescita ed ammontano, ai prezzi attuali, a poco meno di 5mila e duecento euro l’anno (in aumento nel solo 2025 di 109 euro). Dinamiche più recenti evidenziano come per i beni commmercializzabili il miglioramento degli ultimi anni, guidato in buona parte dalle apparecchiature informatiche e per le comunicazioni, si vada esaurendo, con una stima per il 2025 di riduzione dei volumi acquistati di 57 euro per abitante. In questo contesto le maggiori difficoltà si confermano quelle relative ai beni più tradizionali come l’alimentare.

Per l’anno in corso i miglioramenti più significativi, in termini di volumi, sono attesi per i servizi commercializzabili per i quali si stima una crescita delle quantità acquistate di 134 euro per residente. Dato che permetterebbe di tornare, e superare di poco, i livelli del 2019. Le dinamiche di lungo periodo, e non solo, fanno emergere ancora una volta come i prezzi dei consumi a cui le famiglie non possono rinunciare, si siano mossi ad una velocità nettamente superiore rispetto ai beni e servizi commercializzabili. Tra il 1995 e il 2025 l’incremento complessivo è stato del 132,1 a fronte di una crescita del 55,2% dei beni commercializzabili e dell’81,4% dei servizi il cui acquisto è da considerarsi una libera scelta delle famiglie. Tra le spese obbligate continua a spiccare il ruolo degli energetici che, nonostante l’attesa di una riduzione dei prezzi nel 2025, hanno visto il deflatore aumentare del 178,3% nel periodo.

– Foto IPA Agency –

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Economia

Il decreto Economia è legge dopo il via libera dalla Camera

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ROMA (ITALPRESS) – Con 160 voti a favore, 99 contrari e 3 astenuti, l’Aula della Camera ha approvato il ddl di conversione del decreto Economia. Il provvedimento reca disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali. Il ddl è stato approvato da Montecitorio senza modifiche rispetto al testo dal Senato e diventa quindi legge.

– Foto IPA Agency –

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Economia

Produzione industriale in aumento dello 0,2% a giugno, calo dello 0,9% sull’anno

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ROMA (ITALPRESS) – A giugno l’Istat stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale aumenti dello 0,2% rispetto a maggio. Nella media del secondo trimestre si registra un aumento del livello della produzione dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti. L’indice destagionalizzato mostra un calo congiunturale solo per i beni di consumo (-0,9%); viceversa si osservano aumenti, sebbene assai contenuti, per i beni intermedi (+0,2%) e per l’energia e i beni strumentali (+0,1% per entrambi i settori).

Al netto degli effetti di calendario, a giugno l’indice generale diminuisce in termini tendenziali dello 0,9% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 20 come a giugno 2024). Si registrano incrementi tendenziali solo per l’energia (+7,3%); calano, invece, i beni strumentali (-1,4%), i beni intermedi (-2,1%) e i beni di consumo (-3,0%).

I settori di attività economica che registrano gli incrementi tendenziali maggiori sono la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+15,7%), l’attività estrattiva (+6,2%) e la fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+4,7%). Le flessioni più rilevanti si riscontrano, invece, nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-8,0%), nella produzione di prodotti chimici (-3,2%) e nella fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche e nella metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (-3,0% per entrambi i settori).

– Foto IPA Agency –

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