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Economia

Confimprese “Nuovo rallentamento sui consumi nel mese di giugno”

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MILANO (ITALPRESS) – Dopo il mese di maggio a +1,5% e 4 mesi di flessione prolungata, giugno torna in territorio leggermente negativo a -0,7% a valore. Continua, dunque, la sofferenza dei consumi, con un cliente sempre più mordi e fuggi, che fa acquisti ragionati con l’occhio sempre vigile al portafoglio, senza deroghe per i beni voluttuari. Lo certifica l’Osservatorio consumi Confimprese-Jakala, che evidenzia una fotografia stagnante e per nulla in ripresa come avevano fatto ben sperare le dinamiche del mese di maggio.

Quanto al raffronto gennaio-giugno rispetto allo stesso periodo 2024, i dati confermano un semestre che chiude a -1,9%. La nota positiva riguarda il comparto abbigliamento-accessori che ha tenuto meglio del previsto con -0,4%, la ristorazione flette a -1,9%, altro retail sprofonda a -5,4%.

“La situazione geopolitica è tale – osserva Mario Resca, presidente Confimprese per cui si conferma l’andamento difficile dei consumi in generale al di là di oscillazioni temporanee nei vari mesi. La dinamica dei consumi rimane instabile e influenza i comportamenti di consumatori a aziende. È fondamentale che ci sia da parte del Governo un sostegno alle imprese per garantire la stabilità economica. Occorre semplificare le norme e agire su una minore tassazione del lavoro”.

Nel mese di giugno nei settori merceologici, abbigliamento-accessori mette a segno un +3,5%, difficile da immaginare proprio nel mese che precede i saldi, per altro partiti bene a +2,7% grazie al boom di turisti nel nostro Paese. La tenuta del comparto è da attribuirsi alle condizioni metereologiche, che hanno spinto i consumatori a un rinnovo repentino dell’armadio. In contrasto con le dinamiche del mondo fashion, la ristorazione flette a -2,6%. Si segnala, infine, l’andamento particolarmente negativo di altro retail a -9% (casa-arredo, elettronica, telefonia, libri, cura persona e fitness).

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Nel comparto, sia pure in un generalizzato andamento negativo, occorre notare una maggiore difficoltà per i settori legati ai beni durevoli e all’entertainment, meglio invece la cura della persona. In ambito totale mercato si fa notare nel mese di giugno una certa difficoltà per il mondo del bambino. Nei canali di vendita il quadro è altalenante e si differenzia tra centri commerciali in territorio positivo con un +1,9% e high street a -6,6%, segno che i consumatori nel week end, in cui si realizza oltre il 40% del totale fatturato della settimana, preferiscono le mete dello shopping che offrono anche momenti di svago ed entertainment rispetto ai centri storici. I negozi di prossimità si fermano a +0,4%.

“I dati confermano una tendenza che appare ormai strutturale – spiega Raffaele Cerchiaro, senior partner Jakala -. Il consumatore è sempre più selettivo, attento, orientato al valore e alla necessità reale. La volatilità dello scenario internazionale e il clima di incertezza economica influenzano in modo evidente le abitudini di spesa, penalizzando soprattutto i consumi legati ai beni non essenziali. Cambia anche il modo di fare shopping: vincono i luoghi capaci di offrire non solo prodotti, ma anche esperienze e servizi integrati. In questo contesto, i retailer devono lavorare su efficienza operativa e innovare la relazione con il consumatore, studiandone il comportamento e interpretando nuovi bisogni e aspettative. È però indispensabile che anche le istituzioni intervengano con misure strutturali per stimolare la domanda interna e sostenere la fiducia di famiglie e imprese. Solo un’azione coordinata può invertire la rotta e riattivare dinamiche di crescita stabili e sostenibili”.

Volatilità e incertezza dominano il contesto economico e su questi fattori gli operatori chiedono misure governative urgenti. “Alla chiusura del primo semestre 2025 – riflette Mario Maiocchi, direttore centro studi Confimprese – il trend appare ormai abbastanza consolidato, sia pure nell’alta volatilità tra i diversi mesi e settori merceologici. Un trend che fa intravedere un anno con il segno meno praticamente generalizzato a tutti i settori di attività, di cui alcuni, tuttavia, legati ai beni durevoli, all’entertainment e in parte, quantomeno nel mese di giugno, al mondo del bambino con maggiori criticità. L’enorme instabilità politica, le guerre, ed economica, i dazi, insieme al perduto potere di spesa delle famiglie non fanno intravedere inversioni di tendenza a breve. Da parte delle aziende occorre quindi una forte attenzione all’efficienza interna senza dimenticare, però, la cura del cliente”. Nelle regioni Umbria a +2,8%, Molise a -5,5%. Quanto alle province si segnalano Aosta a +5,2%, Isernia a -7,0%.

– Foto Ufficio stampa Confimprese –

(ITALPRESS)

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Economia

Stellantis, Filosa “L’Italia è al centro del progetto strategico”

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ROMA (ITALPRESS) – L’impegno di Stellantis con l’Italia non è in discussione, per noi di Stellantis l’Italia è al centro del progetto strategico che abbiamo del nostro futuro e lo stiamo dimostrando con fatti concreti. Dopodomani lanceremo la Jeep Compass a Melfi in Basilicata, fra un mese lanceremo la Fiat 500 ibrida a Mirafiori a Torino”. Così il Ceo di Stellantis, Antonio Filosa, ospite a “Cinque minuti” su Rai1. “È anche vero che abbiamo annunciato un investimento di 13 miliardi di dollari in quattro anni negli Stati Uniti, un mercato che esprime 16 milioni di vetture vendute all’anno. Il nostro impegno con l’Italia – ha aggiunto – è investire il primo anno 2 miliardi di euro, acquistare nel primo anno del Piano Italia 6 miliardi di euro in componenti e servizi dai nostri fornitori per un mercato che esprime da 1,5 a 2 milioni di vetture vendute l’anno. Come si vede dai numeri, sono due piani straordinari e ugualmente competitivi”.

“C’è una differenza tra l’Europa e gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti con la nuova amministrazione hanno trasformato le regole con un pragmatismo unico e rapidissimo, e quindi hanno restituito agli americani la scelta di comprare la vettura che vogliono. In Europa le regole sono ancora restrittive e devono essere in modo urgente modificate. Abbiamo bisogno che queste regole riflettano la realtà del mercato e restituiscano ai clienti europei la libertà di scegliere la macchina che vogliono, come negli Stati Uniti – ha detto Filosa – Noi stiamo chiedendo quattro cose. La prima è aprire al concetto di neutralità tecnologica, che vuol dire esattamente questo. La seconda è aprire al concetto di rinnovamento del parco circolante, in Europa oggi ci sono 256 milioni di vetture, 150 milioni hanno più di 12 anni e quindi inquinano di più di quelle moderne. Terza cosa, vogliamo un focus specifico sulle vetture piccole per le quali l’Italia è leader mondiale. Quarta cosa, abbiamo bisogno che i target sui veicoli commerciali siano modificati con urgenza, perché sono irraggiungibili”, ha aggiunto.

“La competitività nel nostro settore è fatta da una somma di fattori interni ed esterni, e su alcuni fattori interni l’Italia è assolutamente imbattibile. Il design italiano, a Torino abbiamo molti designer e uno dei centri di design automobilistico più grande del mondo che progetta per l’Italia e per il mondo, abbiamo 3.500 giovani ingegneri a Torino che progettano per l’Italia e per il mondo. Esistono fattori esterni che non dipendono da noi, come il costo dell’energia. In Spagna nel 2024 un megawattora ci costa dai 70 agli 80 euro, in Italia nello stesso anno la stessa quantità di energia ci costa più del doppio, 182 euro. Stiamo parlando con il Governo italiano, sono ricettivi, stiamo intrattenendo con loro un dialogo costruttivo e speriamo di arrivare a conclusioni favorevoli”, ha proseguito Filosa.

“I costruttori cinesi, per quanto agguerriti nella loro concorrenza, non sono il vero problema. Il problema sono regolamentazioni che partono da Bruxelles che non sono realistiche e stanno indebolendo quello che di meglio abbiamo, ovvero l’industria automobilistica europea e italiana. Se cambiano queste regolamentazioni, noi abbiamo di tutto per tornare a quello che eravamo prima: design, innovazione, tecnologia e progettualità”, ha concluso Filosa.

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-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).

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Economia

Meloni “Dalle banche 5 miliardi su 44 di profitti. Chieste risorse a chi ha avuto grandi benefici”

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ROMA (ITALPRESS) – “Non vogliamo tassare la ricchezza prodotta dalle aziende, perchè daremmo un segnale sbagliato. Vogliamo un contributo sulla rendita accumulata per condizioni di mercato che la politica del governo ha fortemente contribuito a creare”. Così la premier Giorgia Meloni a Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, nel nuovo libro di Bruno Vespa “Finimondo”, in uscita giovedì 30 ottobre per Mondadori-Rai Libri. “Ho spiegato – continua Meloni – che per mantenere i conti in ordine, occorrono delle risorse e le abbiamo chieste a chi, grazie a questa politica, ha avuto dei grandi benefici”.

“Se cresce lo spread, se sale il rating dell’Italia, se le banche hanno potuto approfittare dei 200 miliardi messi a disposizione dal governo Conte per rinegoziare con la garanzia dello Stato prestiti che avevano già erogato, o dei crediti del superbonus, sempre grazie a Giuseppe Conte, è giusto che quelle stesse banche ci diano una mano a continuare in una politica così profittevole. Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione circa cinque per aiutare le fasce più deboli della società, credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti possano esserlo anche loro”, aggiunge Meloni.

– foto IPA Agency –

(ITALPRESS).

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Mastrapasqua “Collegare le pensioni al numero dei figli. La crisi demografica impone scelte forti”

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ROMA (ITALPRESS) – L’idea di collegare la pensione al numero di figli che si fanno “è tutt’altro che un azzardo”. Lo dice in un’intervista all’Italpress l’ex presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua. “La crisi demografica impone scelte forti – afferma -. Peraltro l’idea di collegare una migliore prestazione previdenziale in funzione del numero dei figli era contenuta anche nella legge Dini del 1995. Ma era rimasta tra le pieghe della riforma previdenziale e soprattutto all’epoca non c’era la crisi demografica con cui oggi dobbiamo confrontarci. L’Istat pochi giorni fa ci ha ricordato che nel 2024 le nascite sono state 369.944, in calo del 2,6% sull’anno precedente e del 42,2% rispetto al 1995, quando venne predisposta la riforma Dini di cui abbiamo parlato“. La crisi demografica mette in crisi tutto il sistema del welfare? “Certo, a cominciare dalle pensioni. Il sistema previdenziale a ripartizione, che vige in Italia, è un’ottima forma di patto generazionale, a condizione che ci siano nuove generazioni – evidenzia -. Con il sistema a ripartizione la mia pensione sarà pagata dai contributi di mio figlio, così come io ho pagato quella di mio padre. E senza nuovi nati non ci saranno nuovi lavoratori, meno lavoratori vuol dire un Pil più basso, meno contributi previdenziali e pensioni più magre. Bisogna invertire questo trend, in maniera radicale”.

Non bastano i bonus per favorire le famiglie che fanno più figli? “I bonus sono necessari, ma non sufficienti – replica Mastrapasqua -. Serve uno shock. E quindi bisogna immaginare una convenienza forte, una scommessa sul futuro proprio, della propria famiglia, del proprio Paese. Ma soprattutto una occasione per migliorare la propria condizione”. Mastrapasqua propone un aumento di 800-1000 euro al mese per la pensione di chi fa più di due figli. “Questo serve. Si tratta di avere il coraggio di progettare una proposta “disruptive” che coniughi esplicitamente l’”investimento” di fare figli con un premio a lunga scadenza: nell’orizzonte di un risparmio finanziario potremmo paragonare a un Btp trentennale, non incassabile fino a scadenza. Comunque – spiega – si deve poter contare su una grande convenienza; non un semplice ritocco al coefficiente di trasformazione come prevede la Dini del ’95, quando la crisi demografica era solo all’orizzonte. Ci vuole un intervento radicale, che assicuri un incremento di almeno il 50% della prestazione previdenziale raggiunta a scadenza, di vecchiaia o anzianità per i genitori che mettono al mondo almeno due figli. Un patto generazionale con una obbligazione dello Stato”.

Solo per le madri? “La Dini prevedeva il beneficio, assai modesto, solo per le madri. Credo che oggi sia il tempo di ragionare su entrambi i genitori, che devono poter contare su un grande incremento della futura prestazione previdenziale”, conclude Mastrapasqua.

– foto IPA Agency –

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